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Flora e clima che cambiano

C’era una volta il «pissacan»: «Ora l'intruso arriva dalla Terrasanta»

Nell'Est veronese la Crepis Sancta, o Radicchiella, sta prendendo il sopravvento. Resiste meglio a stagioni di siccità e piogge altalenanti
Prati gialli Campo di Crepis sancta o Radicchiella simile al Tarassaco ma meno buona in cucina
Prati gialli Campo di Crepis sancta o Radicchiella simile al Tarassaco ma meno buona in cucina
Prati gialli Campo di Crepis sancta o Radicchiella simile al Tarassaco ma meno buona in cucina
Prati gialli Campo di Crepis sancta o Radicchiella simile al Tarassaco ma meno buona in cucina

«Pissacani» in via di estinzione nelle campagne dell’Est veronese. Altro segnale del territorio che cambia, a malincuore per chi era solito cibarsi dei fiori o delle foglie di questa verdura spontanea. Cartina di tornasole sono i colori della primavera: il verde della natura che si risveglia, il bianco dei petali dei ciliegi. Alla tavolozza si aggiungeva il giallo delle infiorescenze di tarassaco, il «pissacan» appunto, a tingere prati o filari tra una vigna e l’altra. Ora non più.

«Negli ultimi 15-20 anni è apparso un nuovo fiorellino sempre giallo, il Crepis sancta o radicchiella di Terrasanta, la cui presenza sta soppiantando quella del pissacan», segnala il naturalista Silvio Scandolara che descrive questo «intruso» che presenta talvolta capolini doppi e rosetta basale di foglie molto più piccole, meno saporite e di scarso uso in cucina.

Una brutta notizia per quanti, ai primi tepori primaverili, si recavano nelle campagne muniti di cestini per raccogliere i pissacani: verdure appena amarognole ma assai gustose una volta bollite e dalle proprietà diuretiche (da qui il nome).

Cos’è accaduto? «Me lo ha chiesto un agricoltore mentre rincorrevo alcune farfalle per fotografarle», racconta l’esperto di flora, in quel momento impegnato a studiare i lepidotteri e il nettare dei fiori da loro preferito. Il contadino voleva informazioni sui «fioreti gialli» poco buoni da mangiare rispetto al prelibato pissacan ormai introvabile.

Cos'è la Crepis Sancta

L’origine del Crepis riconduce all’Asia minore, nell’area che va dalla Turchia al Mar Rosso; in Italia compare per la prima volta a Livorno nel 1827. «Si racconta che probabilmente qualche seme maturo, che ha attecchito, sia arrivato con un carico di pecore o nascosto tra il vello tosato», spiega Scandolara. La pianta si è diffusa nel centro-sud Italia, lungo le coste del Tirreno finché ha risalito la penisola, raggiungendo il nord e la nostra provincia.

Tarassaco e Radicchiella

«La radicchiella di Terrasanta non gradisce la terra acida tipica della bassa Val d’Alpone, perciò lì non attecchisce. Dove l’umidità superficiale del terreno basaltico che drena molto poco l’acqua favorisce il ristagno, è ancora il tarassaco a colorare di giallo prati e vigneti», fa notare.

In Lessinia le temperature più rigide ne hanno frenato, per ora, l’espansione. Per il resto assistiamo a un’«invasione» di Crepis: «La pianta ha bisogno di meno acqua per vegetare, resiste alla siccità e gradisce le temperature che con il cambiamento climatico sono più elevate. Inoltre, il ciclo delle piogge sta diventando di tipo tropicale, con alternanza di periodi di siccità a frequenti precipitazioni». Dietro c’è anche la mano dell’uomo per quanto riguarda le tecniche di coltivazione adottate: «Gli interventi degli attrezzi meccanici, che tendono a mantenere il tappeto erboso bassissimo, favorendo l’evaporazione superficiale del terreno. E il cambio di irrigazione, a goccia per il risparmio idrico, sempre più puntuale e mirato rispetto agli impianti precedenti». Situazioni che hanno permesso al Crepis di spadroneggiare. Cosa si potrebbe fare? «Il mutamento climatico in corso andrebbe fermato ma occorre cambiare le nostre abitudini tutti», risponde il naturalista. «Imparare a consumare meno, riciclare e non sprecare, riutilizzare e riparare. La lista sarebbe lunga ma prima o poi bisogna cominciare».

Marta Bicego

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