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Convegno

Violenze e femminicidi, focus sugli «orfani speciali». Il racconto: «Dallo Stato nessun aiuto»

Un momento del convegno
Un momento del convegno
Intervista a Giuseppe Delmonte (video Noro)

Una mamma uccisa a colpi d'ascia dal padre. La fine, cruenta e straziante, di una vita e l'inizio di un dolore che non passa, impossibile da dimenticare. Il dolore di Giuseppe Delmonte e dei suoi fratelli, ritrovatisi improvvisamente orfani speciali. Così vengono chiamati quei figli che da un momento all'altro perdono violentemente la madre e si ritrovano senza un padre, perché suicida o carcerato, spesso affidati ad altri componenti della famiglia, nonni o zii, altrettanto sconvolti e straziati dal dolore.

Oggi quarantasettenne, Delmonte è attivista e si batte per sensibilizzare sull'argomento e spronare le istituzioni a fare di più per questi bimbi, vittime indirette dei femminicidi.

Del tema si è occupato oggi a Verona il convegno «Quello che i bambini (non) vedono dalla violenza assistita agli orfani speciali, il ruolo della psicologia per la tutela dei diritti di bambine/i e adolescenti», organizzato dell’Ordine degli Psicologi e delle Psicologhe del Veneto.

Il racconto

«Dal giorno in cui abbiamo perso la mamma sono passati oltre vent'anni. All’epoca nemmeno si chiamava femminicidio, erano crimini senza nome, connotazione specifica.  Mi aspettavo che le istituzioni mi chiedessero se avevo bisogno di supporto, se riuscivo a mantenermi, la nostra vita era completamente stravolta ma dallo Stato non ho ricevuto nulla. Anche oggi l’intervento non scatta nell’immediatezza della tutela dell’orfano di femminicidio. Le istituzioni devono intervenire il giorno stesso», è intervenuto Delmonte portando la propria testimonianza.

Il fenomeno della violenza domestica e sui minori è presente e radicato anche nel veronese. E a confermarlo sono i dati del Centro antiviolenza Petra che fa capo al Comune. 

I numeri del centro aiuto

Nel 2023, hanno chiesto aiuto contattando il numero di Petra 436 donne: più di una al giorno. In 237 hanno effettuato un primo colloqui e di queste circa l’80per cento ha costruito insieme alle operatrici del Centro, psicologhe e assistenti sociali, un percorso di uscita dalla violenza. E questi sono solo i nuovi casi.

Durante l’anno, infatti, il Centro ha seguito nel sostegno sociale o psicologico 333 donne già prese in carico negli anni precedenti. E ancora, sempre nel 2023, sono state allontanate e messe in strutture protette circa 30 donne e una ventina di minori. Nel dettaglio, sono state accolte in emergenza 21 donne con 17 figli minori e 7, con due bimbi, hanno iniziato una progettualità a lungo termine in una casa rifugio. In tutti i nuclei accolti, sia in emergenza sia in casa rifugio, si è potuto constatare che i minori erano vittime di violenza assistita.

«Contro la violenza assistita è necessario lavorare a vari livelli. Noi come psicologhe e psicologi, siamo 11mila in Veneto, operiamo nelle scuole, nei centri antiviolenza e in quelli di uomini maltrattanti ed è necessario avere particolari e opportune competenze in questo campo specifico, molto complesso. Percorsi di educazione all’affettività dovrebbero essere sistematicamente portati avanti nelle scuole: serve trovare spazi dove gli psicologi siano presenti e riconosciuti in modo continuativo. Il successo del bonus psicologo ha dimostrato quanto questa sia un’esigenza sentita dalle persone e deve quindi essere istituzionalizzata», argomenta la psicologa, presidente dell’Ordine, Fortunata Pizzoferro.

Ilaria Noro

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