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L'intervista

Stretta sulla violenza di genere. «Ora giustizia più veloce»

L'intervista al procuratore aggiunto di Verona Bruno Bruni

Da sabato entra in vigore la norma che introduce maggior rigore - la «stretta sui femminicidi» - nella gestione delle violenze di genere. Il decreto legge, composto da 15 articoli, è diretto soprattutto a prevenire che i cosiddetti «reati spia» possano degenerare in fatti più gravi. La norma non cambia di molto la sostanza del «codice rosso», semmai incide sui tempi della Giustizia.


Tre giorni di tempo

«Sì, la norma prevede che la vittima sia sentita dal pubblico ministero o, eventualmente su delega, dalla polizia giudiziaria entro tre giorni dalla denuncia o dal fatto specifico», esordisce il procuratore aggiunto Bruno Bruni. «In caso contrario il Procuratore può revocare l’incarico al magistrato che non osserva la prescrizione e, in via ipotetica potrebbero esserci conseguenze disciplinari».
Una sorta di cronometro sulla velocità della Giustizia, in pratica.

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«Il legislatore ha sentito l’esigenza di inserire il controllo sulla gestione del cosiddetto ”codice rosso” », prosegue il dottor Bruni, «tant’è che ogni tre mesi il procuratore dovrà inviare una relazione alla Procura generale che a sua volta ogni sei mesi effettuerà verifiche. L’organizzazione? Ne abbiamo discusso e per evitare criticità abbiamo deciso di affidare l’incarico di sentire la vittima al magistrato di turno che è fisicamente presente in Procura. Vede, non sempre i pm che compongono il pool che si occupa di questo tipo di reati possono essere in sede, quindi a garanzia del rispetto dei tempi imposti dalla norma, sarà lui a gestire la prima parte della notizia di reato».


I reati spia

Sentire subito la vittima di violenza domestica piuttosto che di atti persecutori, perché troppo spesso entrambi i comportamenti precedono purtroppo i femminicidi. In questo senso il termine breve, nell’intenzione del legislatore, dovrebbe coincidere con la rapidità anche nell’adozione di provvedimenti a tutela delle vittime.

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«Ripeto, non cambia molto per quel che riguarda il resto, mi riferisco alla richiesta di misure piuttosto che l’adozione di provvedimenti urgenti. Anche se esiste la possibilità di derogare alla norma (ovvero non sentire la persona offesa) sulla base di precisi presupposti: qualora possa arrecare danno alle indagini o in ragione dell’età, se si tratta di minori per cui devono essere adottati provvedimenti particolari. A volte sentire la vittima può anche non servire ma invece è indispensabile prendere in carico il caso in tempi brevi». 


Cartellino giallo

Oltre ai tempi imposti alla magistratura l’inasprimento riguarda soprattutto chi è già stato destinatario dell’ammonimento, una sorta di «cartellino giallo» e ricade nella medesima condotta. L’intento della norma è quindi non solo rendere più veloci le valutazioni preventive sui rischi delle potenziali vittime ma renderle anche più efficaci e rafforzare le misure per evitare le reiterazioni dei reati.

Alcuni esempi? L’ammonimento del questore verrà esteso anche ai reati che avvengono nel contesto delle relazioni familiari e affettive, la pena si aggrava se i reati sono commessi da un soggetto ammonito e il provvedimento potrà essere revocato solo dopo almeno tre anni a seguito di valutazioni positive nei percorsi di recupero.

Alcune misure di prevenzione come la sorveglianza speciale e l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza, previste dal codice antimafia, vengono applicate anche agli indagati per violenza contro le donne o violenza domestica. Un passo avanti ma, come ha rilevato lo stesso ministro Carlo Nordio, «per quanto le pene siano elevate non costituiscono mai una deterrenza assoluta. È solo con un’operazione culturale che si possono ridurre, se non eliminare, i reati di genere. Reati odiosi». 

Fabiana Marcolini

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