È passata da un quarto d’ora la mezzanotte. Alla stazione di Verona arriva uno degli ultimi treni. Scendono una trentina di persone. C’è chi ritorna da una giornata di lavoro - il treno era partito a Milano - ed è ancora in giacca e cravatta. Ventiquattrore in mano, camminata veloce. Passa a fianco al popolo che ogni notte la stazione la vive.
Chi sta sulle panchine e trascorre così le ore che seguiranno. C’è pure chi dorme. Sono una quindicina sotto le pensiline della stazione dei bus. Hanno i tratti mediorientali, probabilmente sono sulla rotta dei Balcani in cerca di una nuova vita. Dormono sotto qualche coperta con la luce di una pubblicità di una ragazza che sorride che li illumina appena. E poi i turisti. Lingue che si mescolano, attese che restano per tutti le stesse.
La mezzanotte
A Porta Nuova c’è un prima e un dopo mezzanotte. L’ora che divide. L’ora che segna un nuovo momento, sospeso nel tempo e che durerà fino all’alba. Almeno fino alle 5 quando le porte d’ingresso si riapriranno. Così come i bar e i primi treni inizieranno a percorrere i binari. Ma alle 5, ora, manca ancora un’infinità.
Le code per i taxi, all’uscita alla sinistra della stazione, vanno e vengono. Sono ondate e i mezzi non sono poi così tanti. Si resta fermi, uno in fila all’altro lungo il marciapiede. C’è chi per ingannare l’attesa fuma. Qualcuno invece si siede sulla valigia. Pochi parlano. È tardi, si sta in silenzio e si affonda molto spesso lo sguardo dentro agli smartphone.
Il personale della stazione, quando mancano una manciata di minuti alla mezzanotte, fa uscire tutti. «Si chiude», dicono ad alta voce. Si avvicina un uomo. È straniero, ma parla bene in italiano. Chiede come si arriva al piazzale mentre aspetta un amico che arriverà da lì a poco. «C’è una uscita qui sopra dai binari», la risposta.
Al binario 1
La stazione si svuota. Ai bagni, quelli a pagamento, non si può più andare. Anche i bar sono chiusi. Salendo le scale che portano al binario 1 si trovano gli ultimi che aspettano il treno. Due ragazze con la maglia gialla e la scritta «volontario» chiacchierano. Dietro di loro, davanti alla vetrina di una nota libreria, due uomini si sono sistemati per dormire.
Uno non si vede in volto, nascosto sotto la coperta bianca. Un po’ respinge la luce, un po’ cerca di proteggersi. A fianco l’altro uomo, probabilmente di origine africana. Dorme appoggiato ad un cuscino rosso. Si è tolto le scarpe. Vicino ha un paio di sacchetti di plastica, forse contenevano la cena. O qualcosa di simile. Il treno arriva, le ragazze salgono. Loro restano lì. Lo faranno fino all’alba.
La coda per i taxi all’improvviso c’è di nuovo. La stessa storia che si ripete a cadenze regolari.
Nel piazzale
Fuori dalla stazione il mondo sembra ancora più sospeso. Dentro si sta con gli occhi all’insù a guardare il tabellone. Dice solamente che mancano gli ultimi arrivi. Quello delle 00,47, da Milano anche questo, chiude (o apre) la giornata. Di partenze invece nessuna. Se ne riparla più tardi. In stazione pochi rumori. Si sente il ronzio degli schermi che ogni tanto rinnovano qualche ritardo. E quello delle luci.
All’esterno invece tutto cambia. Vicino alle pensiline ci sono rifiuti e bottiglie rotte a terra. Due militari controllano il piazzale. Quando un gruppetto di nordafricani, probabilmente, inizia ad alzare la voce, ad urlare, si avvicinano. Uno più degli altri sembra fuori controllo. Rantola, urla e si dispera. Ad un certo punto spariscono. Si rivedono poco dopo, insieme ad altri, in zona Tempio Votivo. Sono in gruppo. Girano in bicicletta, monopattino. Urla, niente di più. Due ragazze appena uscite da Porta Nuova passano lì a fianco, vanno verso il centro con le mappe del telefono aperte che illuminano il viso.
E c’è chi dorme fuori
Alle fermate dei bus una quindicina di persone passano la notte. C’è anche una coppia che ha sistemato le coperte una accanto all’altra. Lei, ancora sveglia, si solleva di scatto. Guarda chi passa e si sistema di nuovo. Sono probabilmente di passaggio, Verona è la tappa di un viaggio più lungo. Davanti all’ingresso della stazione un ragazzo è steso con una coperta. Ha la testa appoggiata ad una grande valigia grigia. Dorme. Un coetaneo parcheggia e scende dall’auto. In mano ha due cartoni di pizza. Lo sveglia, glieli allunga e senza dire una parola se ne va. Sembra un copione, sempre lo stesso. Chissà da quante notti. Microcosmi che hanno un equilibrio tutto loro.
Intanto iniziano i preparativi per l’indomani. Il personale della ditta che gestisce i monopattini ne sistema a decine. Allineati, pronti per chi dovrà raggiungere scuole e uffici. Fra poco il giorno inizia, come sempre.