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Venti di guerra

Verona e la rete di bunker Nato. «Quando eravamo in prima linea»

La mappa, da West Star ad Affi al "sito T" di Sant'Anna d'Alfaedo. Le caserme e il quartier generale a Palazzo Carli in via Roma
Uno degli accessi al bunker West Star ad Affi sul monte Moscal
Uno degli accessi al bunker West Star ad Affi sul monte Moscal
Basi Nato a Verona

Le affermazioni di Vladimir Putin - «Gli F-16 saranno bersaglio legittimo ovunque si trovino» - e l’esacerbarsi della tensione fra le nazioni dell’Alleanza Atlantica e la Russia impegnata, da oltre due anni, nello scontro diretto con l’Ucraina, fanno riaffiorare alla memoria l’epoca della Guerra Fredda, con la sua geografia e il suo vocabolario. Quando Verona era un caposaldo strategico per tutto il mondo Nato. Il «cervello» delle operazioni lungo il confine italiano nord-est, da dove monitorare costantemente il blocco sovietico del Patto di Varsavia, e che sarebbe intervenuto con operazioni strategiche nell’Italia nord-orientale, durante la Guerra Fredda. Quando, attraverso le antenne poste sui nostri monti, transitavano tutte le comunicazioni militari di elevata segretezza, anche quelle fra le navi Nato nel Mediterraneo e oltre.

Parliamo di un’epoca che, per quasi tutte le infrastrutture Nato su suolo veronese – caserme, ponti radio, bunker, depositi, centri di servizio per il personale – si è chiusa una ventina d’anni fa. Salvo pochissime eccezioni, come la Satcom Anchor Component S02, a Lughezzano, la base fra Bosco Chiesanuova e Grezzana.

 

La mappa delle basi Nato

Qual era la mappa delle infrastrutture Nato a Verona? La tratteggiamo con l’aiuto del generale in pensione Gerardino De Meo, 72 anni, che è stato comandante dello Sdnei, il Distaccamento di supporto per l’Italia nord-orientale della Nato. Dal 2004, lo Sdnei aveva ereditato le attività residue di Ftase - Forze Terrestri Alleate del Sud Europa, con comando a Palazzo Carli, a pochi passi da piazza Bra - e le relative infrastrutture, oltre 20, sparse in diverse zone della provincia e dintorni.

Le «basi Nato», com’erano chiamate in gergo popolare, sono sempre state avvolte da un alone di mistero. Cosa c’era e quali attività venivano condotte oltre quei reticolati? Il West Star (Stella d’Occidente), il bunker Nato anti-atomico più grande d’Italia, scavato nella roccia del monte Moscal, ad Affi, era in cima alla lista dei siti «mitologici» guardati con più attenzione. Oggi, diverse fra le strutture dismesse si possono addirittura visitare, come una sorta di archeologia militare o musei di guerra.

Perché, chiediamo a De Meo, in quel periodo Verona è stata così strategica? Risponde: «Bisogna pensare che, durante la Guerra Fredda, quindi fino al 1991, il confine con il blocco orientale era Gorizia, tolto il “cuscinetto” dell’ex Jugoslavia, che non aderì mai al Patto di Varsavia, pur essendo uno stato socialista», risponde. «La Russia, con i suoi alleati, era molto più vicina di oggi. Si temeva una possibile invasione da est, quindi il Friuli era blindato; ma andavano sorvegliati anche il Brennero e i passi settentrionali. E Verona è al centro di quelle coordinate».

Intraprendiamo il «viaggio» a partire dalle caserme, nel Comune di Verona. Abbiamo già parlato di Palazzo Carli, sede del comando, del capo di Stato maggiore e dell’Ufficio operazioni. Poi, nella zona di Porta Palio, c’erano la Pianell, dov’era allocata la restante parte degli uffici, e la Li Gobbi, sede del Reparto trasmissioni. Un’altra, la Busignani, nel rione San Zeno, fungeva da quartier generale. Sulle Torricelle, il complesso dell’ex Castello San Felice era utilizzato come foresteria e alloggio temporaneo per militari di passaggio, funzionari e le loro famiglie. E in Borgo Roma, la Nato aveva predisposto un’area per il «benessere» del proprio personale: un grande impianto sportivo, con due piscine, pista di atletica, campi da tennis e mensa.

 

I bunker

Il citato West Star di Affi, in codice italiano «sito B», aveva pertinenze nei dintorni: il bunker San Michele, sulla collina di Cavaion, con le sue importantissime antenne, collegate da cavi sotterranei, per comunicare con il «mondo Nato», oltre all’enorme eliporto in località Gazzoli, a Costermano.

Zona strategica per le comunicazioni militari navali era la Lessinia, punteggiata da antenne-torre alte fino a 50 metri: il «sito T», a Sant’Anna d’Alfaedo (una palazzina logistica, un bunker interrato e uno fuori terra), il «sito R» a Erbezzo, il più esteso di tutti; oltre a una serie di imponenti specchi riflettenti per inviare le trasmissioni oltre ostacoli naturali. Potranno tornare quei tempi, chiediamo infine al generale De Meo? «Oggi il panorama geo-politico è molto diverso. Ma mi aspetto una escalation: lo penso da due anni».

Lorenza Costantino

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