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la guerra e l'energia

Vento, acqua e sole: ecco quanto valgono a Verona le rinnovabili

Fotovoltaico ed eolico Gli impianti che sfruttano le energie rinnovabili aumentano nel Veronese con i progetti portati avanti da Agsm Aim
Fotovoltaico ed eolico Gli impianti che sfruttano le energie rinnovabili aumentano nel Veronese con i progetti portati avanti da Agsm Aim
Fotovoltaico ed eolico Gli impianti che sfruttano le energie rinnovabili aumentano nel Veronese con i progetti portati avanti da Agsm Aim
Fotovoltaico ed eolico Gli impianti che sfruttano le energie rinnovabili aumentano nel Veronese con i progetti portati avanti da Agsm Aim

Le cose «da fare subito sono due: riaprire davvero le centrali a carbone, come accade in mezza Europa, e dire chiaramente agli italiani che bisogna iniziare a spegnere la luce e ridurre i consumi». Lo ha ripetuto nei giorni scorsi Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, uno dei massimi esperti del settore, in merito ai piani del governo per affrontare la crisi energetica nella quale tutto il mondo è stato precipitato dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.

Con un avvertimento alla politica: «Non credo che, nel lungo periodo, la transizione verde risolverà tutti i problemi. Ma quello che più conta è la strategia nell’immediato: questa è un’emergenza senza precedenti e destinata a durare a lungo, la stiamo affrontando con un ottimismo immotivato. Gli obiettivi di cui parlano Draghi e Cingolani non sono raggiungibili, lo dicono i numeri. La via per sganciarsi dalla Russia non è così breve».

E riguardo alla scelta del governo di semplificare le autorizzazioni per spingere le rinnovabili Tabarelli spiega: «Se anche da qui al prossimo inverno la produzione aumentasse del 10%, ed è impossibile che accada, risparmieremmo qualche centinaio di milioni di metri cubi di gas. Poca cosa e anche gli obiettivi di lungo periodo sono irrealizzabili, lo sanno tutti gli operatori del settore. Siamo in emergenza e forse non lo si sta tenendo davvero in considerazione. Non possiamo aspettare il prossimo inverno e sperare che le cose migliorino».

La guerra in Ucraina e la crescita esponenziale dei costi energetici stanno mettendo in difficoltà anche il sistema veneto, che paga un prezzo elevato alla scelta di affidare buona parte della produzione di energia elettrica all’utilizzo del gas naturale, per il 40 per cento proveniente dalla Russia. Vien da sorridere pensando allo slogan che caratterizzava gli anni della metanizzazione forzata dell’Italia dopo lo stop al nucleare con il referendum del 1987: «Il metano ti dà una mano».

In realtà la scelta di affidarsi interamente al gas per assicurare l’energia al sistema economico inizialmente apparve quasi lungimirante, nonostante la permanente instabilità in Russia dopo la caduta del muro di Berlino. Ma così non è stato. E adesso la parola d’ordine è diversificare. Ma senza farsi illusioni, come ha ben spiegato Tabarelli. Ad esempio: la necessità di mettere a coltura più terreni - almeno tremila ettari nel Veronese - per affrontare la crisi agricola riduce la possibilità di espansione di impianti fotovoltaici a terra. C’è poi il nodo della produzione, che per il fotovoltaico ad esempio ha andamento stagionale, con massimi a luglio e minimi a gennaio.

 

La centrale idroelettrica di Brentino
La centrale idroelettrica di Brentino

Dal surplus al deficit Pochi lo sanno, ma fino a vent’anni fa il Veneto produceva più energia di quella che veniva richiesta dal sistema. Lo ricorda lo studio statistico elaborato da Terna e aggiornato al pre pandemia (fine 2018), che ha messo in fila i dati relativi alle varie fonti energetiche, rinnovabili comprese. In sostanza la nostra regione, dopo lo shock petrolifero del 1973 e la profonda trasformazione del sistema industriale avvenuta a cavallo tra fine anni ’70 e inizio anni ’80, per un quindicennio aveva prodotto più energia di quella richiesta, grazie agli impianti termo e idro elettrici. Dal 2003 in avanti il deficit fra produzione e richiesta è tornato a crescere in maniera molto elevata. A fine 2018, a fronte di una richiesta a livello veneto di 32.227 gigawattora (1 GWh corrisponde a 1 milione di chilowattora) il deficit, cioè la mancata produzione, è stato di 15.505 GWh. Più del 50 per cento. Una situazione che riguarda tutte le regioni economicamente più forti, dalla Lombardia all’Emilia. Trentino Alto Adige e Val d’Aosta da sempre producono più della richiesta del sistema regionale, ma compensano solo in piccola parte lo squilibrio.


E questo vale, a livello di provincia, anche per Verona, la più energivora a livello veneto e fra le prime dici a livello nazionale. La nostra provincia nel 2018 ha consumato 6.460 GWh di energia elettrica (Vicenza 6.137, Padova 5.474) così suddivisi per settori: industria 3.007 GWh, terziario 2.160 GWh, domestico 1.067 GWh, agricoltura 227 GWh. In questo contesto a fare la parte del leone è stata la produzione termoelettrica, che sfrutta il metano, mentre le energie rinnovabili, pur in crescita, hanno avuto un ruolo comunque ancora marginale, con la sola eccezione della produzione idroelettrica, nella quale Verona vanta numerosi impianti, che sfruttano soprattutto le acque del fiume Adige. L’unica centrale idroelettrica a caduta con un salto importante (ben 550 metri di dislivello) è quella di Brentino, che ha però un bacino di accumulo (a Ferrara di Monte Baldo) molto limitato e quindi una produzione ridotta. Ma vediamo gli impianti più importanti della provincia.

Centrali e centraline Agsm Aim gestisce nel Veronese le centrali idroelettriche di Belfiore (costruita nel 2015, nel 2020 ha prodotto 20,3 GWh), Chievo (2010, 9,6 GWh) e Tombetta (1921, produzione 73,7 GWh), oltre a quelle di Maso Corona e San Colombano (Trento) e alla centralina di Lobia (Vicenza). In totale, nel 2020 Agsm Aim ha fornito 171 GWh di energia idroelettrica.


Enel Green Power ha in carico la centrale idroelettrica di Brentino (1922, salto 550 metri, produzione 6 GWh, pari al consumo medio annuo di 2.200 famiglie), Sorio Vecchia a San Giovanni Lupatoto (1909, rifatta, salto 10,8 metri, produzione 4,1 GWh, pari al fabbisogno annuo di 1.500 famiglie), Sorio Nuova, sempre a San Giovanni Lupatoto (1936, rifatta, salto 11,6 metri, produzione 92 GWh, pari al fabbisogno annuale di 34mila famiglie), Zevio (1958, rifatta, salto 11,6 metri, produzione 126 GWh, pari al consumo medio annuo di 46.600 famiglie), Zevio Dmv (2017, salto 4,5 metri, sfrutta il deflusso minimo vitale, produzione media 9,2 GWh, pari al consumo di 3.400 famiglie). Dolomiti Energia gestisce la centrale idroelettrica di Bussolengo, la più grande della provincia, che sfrutta il Canale Biffis (1944, salto 39,4 metri, producibilità 349 GWh pari al consumo di 210mila famiglie).


Insomma, le potenzialità degli impianti idroelettrici sono significative, come conferma il consigliere delegato di Agsm Aim, Stefano Quaglino: «Attualmente l’idroelettrico è la fonte di energia rinnovabile percentualmente più rilevante in termini di produzione, anche se quella con le prospettive minori di crescita, alla luce delle complessità relative alla costruzione di nuovi impianti. L’attuale incertezza sulle forme di affidamento delle concessioni e sulla loro durata», aggiunge, «sta inoltre frenando gli investimenti previsti che potrebbero incrementare la capacità produttiva degli attuali impianti, contribuendo alla sicurezza energetica nazionale e aumentando l’indipendenza del Paese da fonti fossili provenienti da nazioni politicamente instabili. Come tutte le energie rinnovabili», conclude il consigliere delegato di Agsm Aim, «l’idroelettrico gioca un ruolo fondamentale nella produzione elettrica, ma è ovviamente soggetta a eventi atmosferici quali l’assenza di precipitazioni, fenomeno peraltro particolarmente sentito quest’anno». L’idroelettrico, già fiore all’occhiello dell’Italia, resta una fonte preziosissima, ma da decenni non si investe più nel settore e gli impianti sono spesso obsoleti.

Pale e pannelli Agsm Aim gestisce nel Veronese anche numerosi altri impianti alimentati da fonti rinnovabili come vento, solare e biogas, per una produzione totale che nel 2020 ha raggiunto i 306,1 GWh. In primo luogo le torri eoliche di Rivoli e Affi. Le prime, entrate in esercizio nel 2013, nel 2020 hanno prodotto 14,7 GWh; le seconde, in esercizio dal 2017, hanno prodotto nel 2020 6,2 GWh. Gli altri impianti eolici gestiti dall’azienda si trovano in Emilia (Monterenzio, nel Bolognese) e Toscana (Monte Vitalba, nel Pistoiese, Carpinaccio e Riparbella vicino a Firenze). Un altro parco eolico di Agsm Aim sta per essere sbloccato a Firenzuola, sempre in Toscana. Il totale della produzione eolica di Agsm Aim è stata nel 2020 di 104,6GWh.
Ben 26 gli impianti fotovoltaici che l’azienda ha realizzato a livello nazionale, di cui 10 nel Veronese: Zambelli, Stadio Bentegodi, Consorzio Zai, Malascorta, Valciapelo, Corrubio, Roncà, Ca’ del Bue, sede Agsm Aim, oltre alle scuole veronesi. Gli altri 16 impianti fotovoltaici sono distribuiti fra Vicentino, Toscana, Marche, Abruzzo per un totale di 23,1 GWh prodotti nel 2020. Infine, Agsm Aim gestisce due impianti a biogas, quello del depuratore di Verona (3,8 GWh prodotti nel 2020) e della discarica vicentina di Grumolo delle Abbadesse (3,4 GWh).

Geotermia Verona, in fatto di rinnovabili, avrebbe anche un’altra carta da giocare: l’energia geotermica. È infatti uno dei poli veneti del termalismo: acqua già calda che si può impiegare per riscaldare le case o produrre energia con una pompa di calore. Una risorsa rinnovabile non infinita, ma tutta da sfruttare. E poi la promettente geotermia a bassa entalpia, che sfrutta la differenza di temperatura fra la superficie e il sottosuolo: un prezioso calore a costo zero. Le esperienze fatte finora, molto positive (basti pensare al polo Santa Marta dell’Università, che usa la geotermia per scaldare), scontavano il basso prezzo del gas, che alla fine non incentivava gli investimenti. Ma ora, con la guerra, le carte in tavola sono cambiate.

Claudio Mafrici

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