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Da Verona al Garda

Siccità, dai fiumi riaffiorano i resti degli antichi ponti

I ponti sommersi
I ponti sommersi
I ponti sommersi
I ponti sommersi

Siccità prolungata, siccità maledetta. Dalla città al lago di Garda siamo a corto d’acqua. La terra è arida, fiumi e torrenti sono quasi a secco, le colture agricole hanno sete e all’orizzonte c’è il rischio di un razionamento delle risorse idriche insieme a un piano di emergenza. La prolungata mancanza di precipitazioni e l’afa non danno scampo, sotto vari punti di vista. Ma con l’Adige in magra e il Benaco che non se la passa meglio, arriva pure l’effetto sorpresa. E che sorpresa. A causa dell’abbassamento dei livelli di acqua, infatti, affiorano a sorpresa i resti di manufatti antichi.

 

Il ponte Postumio
Il ponte Postumio

 

Del Ponte Postumio andato distrutto nel X secolo a causa di una piena o di quello medioevale a Peschiera del Garda, ma anche di imbarcazioni usate per i set cinematografici negli anni Sessanta sempre a Peschiera per le storie dei pirati girate dalla Bertolazzi Film. Sono resti che parlano di civiltà antiche, attrazioni turistiche da mostrare o ricordare con orgoglio ritrovato nel momento della loro “emersione” dalle acque. Sono testimonianze di ciò che è stato in un tempo lontano e rimane sepolto nella memoria oltre che restare sotto traccia. Tranne in occasioni speciali. Tranne ora che, con molta meno acqua, ciò che rimane solitamente al riparo è costretto a mostrarsi senza più veli o protezioni. Occorre sapere dove guardare, però. E magari cosa cercare. Allora vicino a Ponte Pietra e in prossimità del Teatro romano, con la basilica di Sant’Anastasia sull’altra sponda, i veronesi più attenti o curiosi potranno scorgere non pietre o sassi qualsiasi ma i resti del Ponte Postumio, l’antico attraversamento sull’Adige costruito dai Romani per far arrivare la via Postumia in città e andato in rovina nel Medioevo.

 

Il ponte Belgioioso
Il ponte Belgioioso

 

Oppure a Peschiera del Garda eccoli lì, a pelo d’acqua, i resti dei basamenti del ponte Belgioioso che dava accesso al castello medioevale prima delle mura rinascimentali oggi patrimonio Unesco. Sono sempre stati lì sotto, ma chi li aveva mai potuti notare? «La storia che riaffiora è l’unica nota positiva di questa tremenda siccità», afferma l’assessore al turismo del Comune di Peschiera del Garda, Filippo Gavazzoni. «Il basso livello delle acque del lago porta alla luce reperti che, durante le visite guidate in barca, si fanno apprezzare dopo decenni o secoli di anonimato. È un’opportunità unica e preziosa, anche se generata da una situazione ben poco positiva». Il ponte medioevale di Peschiera fu costruito in una zona paludosa, nel tratto compreso tra la fine del lago di Garda e l’inizio del fiume Mincio, tramite un lavoro complesso considerate le tecniche del tempo. Molti secoli prima gli antichi romani non erano costruttori meno abili, anzi. E nel tratto allora più stretto dell’Adige, usato pure come guado naturale, ci costruirono due solidi capolavori: Ponte Pietra, arrivato ai giorni nostri dopo la mirabile ricostruzione avvenuta nel Dopoguerra, e Ponte Postumio, che appare nelle fonti come fractus - distrutto in latino - già agli inizi del X secolo. Dato l’affiorare dei suoi resti nei periodi di secca del fiume, però, non fu mai dimenticato. Ne scrissero esperti e storici del Rinascimento, ne parlarono altre fonti a seguito dell’alluvione del 1882. Con la costruzione dei muraglioni di contenimento, nel 1891, eseguita sotto la guida dell’ingegnere del Comune Tullio Donatelli, i ruderi di quel ponte vennero scoperti e impressi a imperitura memoria su una lapide sul lungadige lato Teatro romano.

 

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Altri resti furono scoperti anni dopo, nel 1896. Per secoli la maggior parte dei conci che costituiva il ponte rimase depositata nell’alveo del fiume e nel 1662 una pila fornì blocchi per la riparazione del campanile di Santa Anastasia. Nel 2006 il Tocatì propose un’istallazione del Ponte Postumio lunga 102 metri da una riva all’altra, ricreando pure quello spazio fluviale che veniva usato per le battaglie navali sull’Adige. Storie d’altri tempi. Ma oggi può succedere che questo ponte “fantasma” ancora ci parli. E ci affascini. «Questo momento può essere da stimolo ad affacciarsi sul greto dell’Adige e riconoscere dove sono collocati questi resti citati in tante fonti», spiega la guida turistica Mareva De Frenza, esperta e studiosa della Verona romana. «È un modo utile e prezioso di riscoprire un pezzo importante della storia della nostra città».

Camilla Madinelli

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