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«Quattro ditte al mese, non ti bastano?»

Cantieri Operatori al lavoro sulle impalcature di un cantiere
Cantieri Operatori al lavoro sulle impalcature di un cantiere
Cantieri Operatori al lavoro sulle impalcature di un cantiere
Cantieri Operatori al lavoro sulle impalcature di un cantiere

Ditte fantasma spuntate dal nulla: per quel che riguarda il bonus facciate le associazioni a tutela dei consumatori avevano lanciato l’allarme già alla fine del 2022 sostenendo che in due anni ne erano state monitorate 30mila in tutta Italia. Società che intascavano il denaro dell’anticipo per lo studio della pratica e poi scomparivano, truffando almeno una cinquantina di veronesi. Dall’inizio dell’anno almeno tre i maxi sequestri operati dalla Guardia di Finanza in tema di frode sul bonus edilizio: un miliardo e 700 milioni in marzo ad Avellino, a metà aprile congelati beni per 110 milioni a Verona, cento gli indagati per frodi e 13 le società coinvolte e infine l’ultima operazione. Il sistema adottato dai dieci indagati, tre in carcere e sette ai domiciliari, individuati dalla Guarda di Finanza di Agrigento (che in seguito ha trasmesso le informative ai colleghi veronesi e ai carabinieri poiché la maggior parte del denaro intascato illegalmente era stato investito in attività commerciali sul lago di Garda, in particolare a Peschiera) aveva individuato in Poste Italiane l’ente in grado di anticipare i crediti di imposta inesistenti. Quelli che venivano ceduti per via telematica «circostanza che», come si legge nell’ordinanza firmata dal gip Luciano Gorra, «ha sicuramente reso alquanto più difficile ogni valutazione circa la bontà dei crediti». Un metodo utilizzato per il bonus facciate che recentemente è stato modificato limitando a due il numero delle cessioni del credito e la seconda necessariamente da inoltrare ad un istituto di credito mentre all’epoca dei fatti contestati non vi era un limite. «Lavori edilizi mai eseguiti ma soprattutto i dichiaranti sono estranei al sistema tant’è che si deve ritenere», prosegue il gip, «che tutti i negozi di appalto e cessione dichiarati sulla ”Piattaforma cessione crediti” non siano semplicemente simulati ma del tutto inesistenti». Pratiche e milioni Sono 159 le pratiche, 142 delle quali trasmesse per conto dei contribuenti dallo stesso commercialista trevigiano, per un totale di 17 milioni anticipati. Dieci ditte riferibili agli indagati hanno ceduto a Poste italiane crediti per poco meno di 5 milioni e solo in due casi non è stato corrisposto l’importo richiesto (500mila euro) ma il lavoro di ricerca destinato all’apertura di conti e alla costituzione di ditte individuali e società che avrebbero poi «ceduto il credito» era incessante. I due fratelli Tommaso e Antonio F. nel luglio 2021 parlano proprio di questo. Ed emerge la frenesia di cercare ditte. Tommaso: Ma perché già facendo 4 ditte questo mese più quelle due che hai, non ti bastano? Antonio: No Tommaso: Ah? Non è che ne hai fatti pochi! Oh se fossi io fino a quando c’è non mollerei. Anzi ti vado cercando queste dite. Se mi dici che ledevo cercare ancora le trovo. Antonio: Basta che poi mi danno il potere perché non voglio correre appresso a nessuno. E il fratello invece gli consiglia di non farsi conoscere: «Tutti questi lavori fino a quando ci sono io, vado e ce li porto via. Il tuo nome non deve mai uscire assolutamente». Una «cautela» scardinata dall’indagine coordinata dal pm Alberto Sergi.•.

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