<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
La testimonianza

Quando Ludwig chiese perdono a Papa Francesco: «Gli mise le mani sulla testa e lui pianse»

Marco Furlan nel 1988
Marco Furlan nel 1988
Marco Furlan nel 1988
Marco Furlan nel 1988

Ludwig ha chiesto perdono. A Papa Francesco. Anzi, lo ha chiesto uno dei due condannati per gli omicidi firmati da questa setta neonazista che voleva purificare col fuoco i presunti mali della società. Marco Furlan, classe 1959, che ha finito di espiare la sua condanna e lavora come perito informatico, ha abbracciato Papa Bergoglio scoppiando in lacrime nell’Aula Clementina, una delle sale del palazzo Apostolico accanto alla basilica di San Pietro nella Città del Vaticano. Una svolta, nella storia del gruppo neonazista Ludwig, a suo modo storica. È la prima volta che la notizia trapela ed è una notizia che ha mille significati, perché sia Wolfgang Abel (tuttora in coma in ospedale dopo un malore che lo ha colpito nella casa di famiglia di Arbizzano), sia Marco Furlan hanno sempre negato ogni addebito.

Arrestati nel 1984 per una serie di delitti iniziati nel 1977, si sono sempre proclamati innocenti di fronte alla terribile accusa di essere gli autori di 15 omicidi (condannati per 10) di preti, gay, persone normali che andavano al cinema, tutti presunti peccatori secondo la logica sterminatrice e purificatrice di Ludwig che doveva compiere una strage anche nella discoteca Melamara a Castiglione delle Stiviere. Mai una confessione, un’ammissione in tutti questi anni. Mai una mezza parola sui possibili complici, che sicuramente c’erano (Abel e Furlan non avevano la patente, chi li portò con le taniche a Castiglione delle Stiviere?).

Proprio mentre ritornano con forza nuove ipotesi sulla presenza del terzo uomo nel gruppo di Ludwig (come scritto su L’Arena di lunedì scorso) e si evidenziano rapporti con Marco Toffaloni indagato per le Ronde Pirogene antidemocratiche, terrorista neonazista (portò lui secondo le indagini la bomba in piazza della Loggia a Brescia nel 1974), studente del liceo scientifico Fracastoro negli anni Settanta in cui nelle stesse classi c’erano Abel e Furlan, emerge per la prima volta che uno dei due condannati, dopo aver evidentemente riconosciuto di aver compiuto del male, al termine del suo percorso interiore, si è voluto avvicinare al Santo Padre. Dai volantini di rivendicazione degli omicidi con l’aquila nazista e la scritta in caratteri runici «Gott mit uns» all’incontro con il Papa, uomo di Dio in terra.

Un percorso compiuto assieme a don Guido Todeschini che rivela ora a L’Arena cosa accadde nell’Aula Clementina il 13 dicembre 2018, tre anni e mezzo fa, davanti a Papa Francesco. «Non dimenticherò mai», ricostruisce don Guido che è stato padre spirituale non solo di Furlan ma anche di Pietro Maso, «quel giorno di Santa Lucia del 2018 quando Papa Francesco nell’Aula Clementina ha incontrato la squadra di Telepace. In quell’occasione insieme con noi era venuto anche Marco Furlan, non perché collaborasse con noi, ma perché io l’avevo seguito nel suo cammino, andavo a trovarlo in carcere. Il Papa era al corrente di tutto, lo avevo informato, sapeva chi aveva di fronte e che era accusato di aver ucciso, oltre agli altri, anche tre religiosi (padre Gabriele Pigato e padre Giuseppe Lovato, monte Berico Vicenza nel 1982; don Armando Bison, Trento, nel 1983-ndr). Io ero vicino al Papa e non riuscivo nemmeno a parlare, Furlan si è avvicinato, Papa Francesco lo ha guardato con un amore e con un sorriso indescrivibili, gli ha messo le mani sulla testa e Marco piangeva, era in lacrime, una scena che ricorderò per sempre. Credo che lui quell’incontro ce l’abbia nel cuore».

Testimone diretto di quell’incontro tra Furlan e il Papa, che lui stesso aveva favorito, don Todeschini ritorna sul tema del perdono: «Il Papa ha ben chiaro questo concetto, il perdono va dato ma deve anche essere chiesto e davvero ha compreso quello che hai commesso. E non chiedi il perdono per avere lo sconto di pena». Furlan si era laureato in fisica con il massimo dei voti quando era «obbligato» a dimorare a Casale di Scodosia, nel Padovano in attesa della sentenza di Cassazione che arriverà nel 1991. Era uscito da poco più di un mese dal carcere di Padova (quando ancora era in centro città, a pochi passi dalla Specola) perchè tra il processo di primo grado e l’appello erano scaduti i termini di custodia per lui e per Wolfgang Abel. Entrambi accusati di aver commesso 15 delitti «celandosi» dietro la sigla Ludwig. Poi condannati per 10 omicidi.

Studente modello all’epoca, carcerato modello poi a Opera dove passava ore in biblioteca. «Angeli vendicatori» furono soprannominati lui e Abel. E alla morte di tre religiosi si aggiunsero quelle dei clienti del cinema a luci rosse Eros di Milano a cui diedero fuoco. Incendiarono anche la Sex Diskothek Liverpool di Monaco e tentarono di bruciare anche la discoteca Melamara di Castiglione delle Stiviere: era il 4 marzo 1984 e in quell’occasione furono arrestati. Seguirono i processi e le condanne: 30 anni di carcere in primo grado ridotti in Appello a 27, condanna confermata in Cassazione nel febbraio del 1991, nonostante la seminfermità mentale riconosciuta. E fu dopo quella data che Furlan sparì. Venne «trovato» nell’isola di Creta nel maggio del ’95 dove a Heraklion gestiva, sotto il nome falso «Marco Furlani», un’agenzia di noleggio auto per turisti. E proprio un turista lo aveva fotografato e riconosciuto. In tutti questi anni i due, che hanno scontato la pena e sono tornati liberi, uno nel 2010 e l’altro nel 2016, si sono chiusi in un silenzio che ha lasciato avvolto nell’oscurità questa sanguinosa vicenda.

Storia che periodicamente riemerge e con essa la sensazione che manchino ancora troppi tasselli per la verità. Perché come ha detto nelle settimane scorse a L’Arena il giudice Guido Salvini che ha indagato sulle stragi di piazza Fontana, piazza della Loggia, le trame nere e Toffaloni, «Ludwig non può essere liquidato come la follia di due giovani». L’unico che potrebbe ancora scoprire il velo del mistero è Furlan, che lavora come esperto informatico. Ora, dopo l’incontro con il Papa che ha avuto il profondo significato di un intimo riconoscimento del proprio passato, della volontà di fare i conti con la propria vita, dopo anni di mutismo e di negazione ostinata, Marco Furlan può ancora dire molto di cosa accadde in quegli anni che restano ancora offuscati da troppe zone buie.

Maurizio Battista

Suggerimenti