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Medici in prima linea

Pronto soccorso, il personale non basta ma arrivano rinforzi

Il direttore Paolillo: «Un medico già assunto, altri quattro entro l’estate»
Borgo Trento. L’ingresso del Pronto soccorso dell’ospedale maggiore FOTO MARCHIORI
Borgo Trento. L’ingresso del Pronto soccorso dell’ospedale maggiore FOTO MARCHIORI
Borgo Trento. L’ingresso del Pronto soccorso dell’ospedale maggiore FOTO MARCHIORI
Borgo Trento. L’ingresso del Pronto soccorso dell’ospedale maggiore FOTO MARCHIORI

Bastone in una mano, rosario nell’altra, è arrivata sola in ambulanza, camicia da notte e vestaglia, i novant’anni passati da tempo. È un codice bianco, attende da un paio d’ore: «Cosa vuole? Passano prima i casi urgenti», dice rassegnata. Poco più in là una coppia straniera attende. Poi un signore: «Il mio medico non c’è e mi ha consigliato di venire qui».

Accantonata la paura del covid, si torna al clima pre-pandemia al pronto soccorso dell’ospedale di Borgo Trento, luogo di trincea per antonomasia e che assorbe ora anche gli effetti della carenza di medici di base e del volume di prestazioni specialistiche rallentate dalla pandemia e da recuperare. È un punto di approdo per i cittadini. Che se sono codici bianchi, ovvero non gravi, rischiano di attendere ore. «Sono quelli che aspettano di più, purtroppo, ma c’è stata una ripresa dei numeri di ingressi quasi da pre-covid», spiega il direttore del pronto soccorso di Borgo Trento, Ciro Paolillo. «Spesso persone che hanno bisogno di una risposta specifica di specialistica o diagnostica e si rivolgono al pronto soccorso. E noi siamo la rete di protezione dei cittadini e cerchiamo di accogliere tutti o dare indicazioni».

Lavoro doppio. Architettura, personale e strumentazioni sono un unicum in un pronto soccorso, ma ora si lavora su due binari per isolare i positivi al coronavirus dagli altri: «La curva del covid si è ridotta, ma ora arrivano pazienti asintomatici che risultano poi positivi al tampone. Questo ci obbliga a tenere comunque separati i due percorsi». Si sdoppiano le necessità, ma non medici e infermieri. Rinforzi E si torna alla carenza di personale anche nei pronto soccorso.

Mancano 18 medici tra città e provincia. Una manciata anche all’Azienda ospedaliera tra gli ospedali di Borgo Trento e di Borgo Roma. Tuttavia all’ospedale maggiore arriveranno rinforzi. «C’è carenza sì, ma l’Azienda può contare anche su molti specializzandi, ma soprattutto è stato fatto un concorso», spiega Paolillo. Un medico è appena stato assunto, mentre quattro prenderanno servizio entro l’estate: «Sono sia specializzandi che hanno finito il percorso sia medici di altri ospedali che hanno scelto di trasferirsi qui».

A differenza di altri ospedali veneti, ai pronto soccorso cittadini lavorano tutti medici strutturati dipendenti dell’Azienda ospedaliera. Non si fa ricorso alle cooperative di professionisti che, in altre realtà, sopperiscono alla carenza di personale inviando professionisti a gettone. Una pratica molto onerosa per le casse della sanità pubblica. «Insomma, si deve correre, diamo precedenza ai casi più gravi e ai tempo-dipendenti come ictus, traumi o infarti, ma ci siamo, conclude, «sia come medici sia come infermieri».

Il nodo. Tuttavia le assunzioni non bastano. «Il problema dei Pronto soccorso ha radici lontane ed è molto più complesso e non risolvibile solo con qualche assunzione», spiega il dottor Giuseppe Petrilli, referente per l’Aoui di Anaao, la sigla sindacale dei medici ospedalieri. I quattro medici assunti, inoltre, divideranno il proprio impegno orario al 50 per cento tra Centro antiveleni e Ps di Borgo Trento.

«Sono poi state autorizzate altre due assunzioni, ammesso che qualcuno si presenti al concorso», continua nella sua analisi Petrilli. «In realtà questo è uno dei problemi principali dei Ps di aziende come quelle di Verona. E cioè che, al di là dei puri e semplici numeri, si lavora in prima linea con difficoltà e conflittualità sempre crescenti».

E le criticità sono legate anche al vulnus dei pochi medici di famiglia: «Finché non ci sarà una riorganizzazione della medicina territoriale, in Ps giungeranno sempre più pazienti rendendo difficile per i medici che ci lavorano diagnosi tempestive ed efficaci. I pazienti che meritano un ricovero devono spesso attendere ore e giorni per accedere a reparti già in sofferenza di personale e posti letto. La sostituzione dei medici che abbandonano professioni così usuranti, inoltre, crea sempre un problema di competenza. Non si può pensare che sostituire un medico di urgenza che ha lavorato per anni in Ps con un nuovo assunto significhi risolvere il problema. Occorre una programmazione a lungo termine e la capacità di intervenire su una professione ora usurante, delegittimata e non gratificante».

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Maria Vittoria Adami

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