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La campionessa

Francesca Porcellato: «Le parole di Vannacci fanno paura. Avere un disabile in classe è un valore»

di Nicolò Vincenzi
«Il generale dovrebbe frequentare il mondo della disabilità. Così cambierebbe idea»
Porcellato alle paralimpiadi di Tokyo
Porcellato alle paralimpiadi di Tokyo
Porcellato alle paralimpiadi di Tokyo
Porcellato alle paralimpiadi di Tokyo

Scuote il (nuovo) caso Vannacci. E non potrebbe essere altrimenti. Ma qui la posizioni politiche, i colori, non hanno peso. Figurarsi tutto il resto, in particolar modo il mondo dello sport. La questione va ben al di là. Le parole del generale candidato alle prossime europee in quota Lega sono benzina. La proposta di creare classi specifiche per alunni e alunne disabili ha creato un putiferio a tutti i livelli. Proposta poi in parte ritrattata dallo stesso Vannacci.

Francesca Porcellato, la Rossa volante, ha una ricca bacheca da esporre fatta di undici medaglie conquistate alle olimpiadi paralimpiche di cui tre d’oro. A queste se ne aggiungono altre nove ai mondiali, quattro con la lega più preziosa e nove agli europei (sette argenti e due bronzi). Nelle specialità sci di fondo e paraciclismo. «Le parole del generale fanno paura. Ma per fortuna», spiega la campionessa, «non siamo fermi sul tema della disabilità. Andiamo lentamente, ma non siamo fermi». Alla Rossa volante, nome che dà pure il titolo alla sua autobiografia, non sono proprio andate giù certe dichiarazioni.

Quando aveva diciotto mesi è stata travolta da un’autocisterna che trasportava gasolio, facendole perdere l’uso delle gambe. Il passaggio dai tutori alla carrozzina fu il ritorno alla vita diventando poi la campionessa paralimpica italiana che ha vinto di più in più discipline. 

Porcellato, lei ha in bacheca un’infinità di medaglie. Ma per metterle al collo è passata attraverso tanti sacrifici. Secondo lei, sul tema disabilità, tra il mondo della politica e quello dello sport qual è il più inclusivo? 
Sicuramente lo sport. Visto quello che sta succedendo e quello che si sta sentendo credo ci sia poco spazio ai dubbi. Certe uscite pubbliche fanno capire che ce n’è strada da fare. 

Ha centrato subito il punto. Cosa ne pensa delle dichiarazioni del generale Roberto Vannacci?
Io non credo che dichiarazioni di questo tipo possano trovare tanti consensi. Che in molti la possano pensare allo stesso modo e che possa attirare voti. 

Cosa vorrebbe dire a Vannacci? Cosa risponde a quelle uscite? 
Credo che Vannacci dovrebbe frequentare davvero il mondo della disabilità. Allora, in quel caso, sono sicura che cambierebbe idea. Sono arrabbiata, sì

Qual è il ruolo della scuola sul tema della disabilità?
In classe, a scuola, i bambini vengono educati. Saranno poi loro i cittadini del futuro, di domani. L’apertura mentale si impara da piccoli, proprio a scuola. Quello è un momento fondamentale per la crescita di tutti quanti. Tornando a Vannacci mi fa paura quel tipo di chiusura mentale. Abbiamo fatto grandi battaglie per ottenere certi risultati, non capisco perché ora qualcuno voglia tornare indietro in questo modo. 

E nella sua storia? Che peso ha avuto la scuola?
Io ho fatto tutte le scuole convivendo con la disabilità. Ho avuto l’incidente quando avevo poco meno di due anni. Posso quindi dire che la disabilità è una ricchezza reciproca a scuola, in classe. Sia per chi ce l’ha ma anche per chi non ce l’ha. I miei ex compagni, infatti, mi dicevano sempre “ci hai dato tanto“. Loro e io siamo cresciuti, proprio per questa unione, con una mentalità molto aperta. Per entrambi la disabilità è un valore aggiunto.

Pensa che negli ultimi anni siano stati fatti passi avanti?
Passi da giganti. L’ho scritto anche nel mio libro. E proprio per questi passi in avanti sono arrabbiata ancora di più. Lo sport ha aiutato tanto anche se noi torniamo alla ribalta solamente ogni quattro anni quando ci sono le paralimpiadi. Anche se “grazie“ a Vannacci se ne sta parlando anche in questi giorni. 

Cosa manca?
Banalmente? Anche se non lo è, bisogna partire dall’abbattimento delle barriere architettoniche. 

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