«Smitizzare, prendere in giro il potere quando non merita di essere tale serve a far cadere il re dal trono. Non diciamo mai “finché si scannano tra di loro, la cosa non ci riguarda”. È un pensiero devastante». Parole che il registra e scrittore Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, ha rivolto a 500 studenti delle scuole superiori di Verona riuniti al Teatro Nuovo per commemorare il giornalista Giuseppe Impastato, per tutti Peppino, ucciso il 9 maggio di 46 anni fa da Cosa nostra per aver ridicolizzato i capimafia del suo paese (Cinisi, in provincia di Palermo) sulle onde di una radio locale che lui stesso aveva fondato.
«Peppino Impastato è la prova che la lotta alla mafia è una cosa arrivabile, che non occorre essere dei Giovanni Falcone o dei Paolo Borsellino per agire», ha detto ai ragazzi il regista di «La mafia uccide solo d’estate», celebre per l’ironia e l’umorismo con cui parla della criminalità organizzata. E ancora: «Mi addolora sentir dire che la mafia è un problema del sud. È lo stesso atteggiamento che si aveva a Palermo durante la guerra di mafia degli anni Ottanta, quando veniva ammazzata una persona al giorno, eppure si continuava a sostenere che “la mafia non è pericolosa”».
Una lezione sul valore della legalità, la sua, organizzata dalla rete Scuola e Territorio: educhiamo insieme in collaborazione con Libera, il Teatro Stabile e l’Assessorato sicurezza e legalità del Comune di Verona a cui hanno preso parte l’assessora Stefania Zivelonghi, il questore Roberto Massucci e il poliziotto e scrittore Gianpaolo Trevisi, che ha condotto il dialogo con Pif. Partendo dal racconto di pagine drammatiche della storia contemporanea e dal sacrificio di coloro che hanno pagato con la vita il coraggio delle loro azioni, ai ragazzi è stato ricordato che essere cittadine e cittadini rispettosi della legalità parte dai gesti di ogni giorno, dal rifiuto dell’omertà e dal senso di responsabilità che porta a non voltarsi dall’altra parte di fronte alle ingiustizie. «È importante tenere viva la riflessione sulla mafia perché è un fenomeno ancora esistente, che va contrastato partendo soprattutto dall’educazione dei più giovani».