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L'accorato appello del padre di un ragazzo autistico

«Mio figlio soffre per quei botti, il Comune sistemi il tombino»

Il tombino Il padre indica il tombino che provoca un «botto» ogni volta che viene colpito da un’auto (Marchiori)
Il tombino Il padre indica il tombino che provoca un «botto» ogni volta che viene colpito da un’auto (Marchiori)
Intervista Zanoni (Pasetto)

«È entrato dal cancello, ha visto il giardino dietro la casa, ha sentito il silenzio che c’è e mi ha detto “Papà, qui mi sento davvero bene“. Il padre di un ragazzo come il mio, davvero, non chiede altro: così abbiamo deciso di trasferirci qui». Da allora questa villetta che dà su via San Marco - e soprattutto l’oasi di verde alle sue spalle, recintata e coperta alla vista dalla strada - è il regno di Andrea (il nome è di fantasia), 28 anni, un ragazzo con la sindrome di Asperger, forma lieve nell’ambito dei disturbi dello spettro autistico. «Qui entra, si chiude il cancello alle spalle e si sente finalmente protetto», racconta il padre, Marco Zanoni. «Protetto da tutto ciò che può turbare un ragazzo con le sue fragilità: basta una luce o un rumore forte, che per qualsiasi persona rappresenta solo un fastidio, a destabilizzarlo completamente, tanto da causargli crisi di ansia e reazioni incontrollabili che ci costringono a ricorrere addirittura ai farmaci o ad allontanarlo da casa per qualche giorno per fargli ritrovare il suo equilibrio. Come accade da qualche mese con quel maledetto tombino. Il rumore che provoca ogni auto che ci passa sopra, giorno e notte, è diventato per lui insostenibile. Da maggio chiamo il Comune a più riprese chiedendo un intervento risolutivo, ma nulla è cambiato. Se non che abbiamo dovuto mandare mio figlio al mare con la madre per fargli ritrovare un po’ di serenità: per lui quei botti continui stavano diventando un incubo».

Il tombino in questione è solo a qualche metro dal cancello. Alla vista nessuna apparente anomalia, ma al passaggio della prima vettura la conferma: l’impatto delle gomme sul chiusino provoca un rumore sordo, che si ripete inesorabile migliaia di volte al giorno. «Vedendo come reagiva nostro figlio abbiamo chiesto conferma ai medici», prosegue il genitore, «questi pazienti percepiscono i rumori elevati all’ennesima potenza. E l’effetto è ancora maggiore la notte. Se passa un autobus, poi, a loro può sembrare la deflagrazione di una bomba. Tanto che dobbiamo somministrargli dei farmaci perché riesca a dormire. Eppure basterebbe così poco... In passato avevamo avuto problemi con un altro tombino ed erano intervenuti. Stavolta, chissà».

Il padre alza il telefono e contatta diverse volte palazzo Barbieri, finché la ditta incaricata alla manutenzione esce, ma senza risolvere il problema. L’uomo non si dà per vinto, insiste con il Comune, chiede appuntamento al nuovo sindaco: niente. Scrive al governatore Zaia, la cui segreteria prova a sua volta a sollecitare il Comune scaligero: ancora niente. Ma le settimane passano e per Andrea è davvero troppo. «Ho addirittura contattato una ditta, intenzionato a pagare personalmente l’intervento, ma non hanno voluto prendersi la responsabilità. Davvero, non so più che fare: e pensare che Verona si proclama città “autism friendly“ con il suo progetto Welcome blue...», sospira il padre affranto, che racconta come la sua vita sia cambiata quel giorno di dieci anni fa. Il giorno in cui Andrea ha avuto la diagnosi.

«Noi siamo fortunati perché lui soffre di una forma lieve: parla, non ha ritardi cognitivi, per sette anni ha giocato in una squadra di pallanuoto ed è autonomo, ha trovato anche un lavoro. Ora ha accettato la sua condizione e sta pensando di rimettersi a studiare per prendere il diploma. Quando frequentava il liceo e ad allarmarci è stata la sua eccessiva timidezza: non aveva alcun amico, non parlava mai con nessuno. Ci siamo rivolti ad un medico, che ci ha diagnosticato questa patologia a causa della quale, abbiamo scoperto, aveva subito diversi episodi di bullismo, che non ci aveva mai raccontato. Finché un giorno non ha più voluto andare a scuola. Non è stato facile, all’inizio non sapevamo come comportarci con lui: dopo i 18 anni questi ragazzi in Italia non sono più seguiti, non ci sono strutture ad hoc. E le famiglie sono abbandonate a loro stesse».

Già, perché con un ragazzo autistico anche andare a mangiare una pizza o invitare gli amici a casa diventa un’impresa. «Qualsiasi cambiamento nella routine quotidiana per loro rappresenta un trauma, li porta a chiudersi subito in se stessi o, nei casi più gravi, scatena crisi depressive», continua Zanoni. «Nel nostro caso lui si chiude nella sua stanza e non vuole più uscire, anche per una decina di giorni. E resta così, nel suo mondo, con il suo telefono e i suoi fumetti, perfettamente ordinati per numero e per colore, quasi in maniera maniacale, com’è tipico degli autistici. E non permette a nessuno di entrare, né al fratello, né a noi genitori». Un mondo in cui, lo sa bene chi ha un figlio autistico, è difficile penetrare. Occorre farlo in punta di piedi e con il rischio di esserne scacciati più volte. «Ma una volta entrati», ammette il padre, «si scopre che è pieno anche di cose meravigliose: queste persone sanno donarti purezza e sincerità come nessun’altra».

Zanoni lo sa perché ha studiato tantissimo: dopo la diagnosi, per sei mesi ha passato le notti su Internet, per imparare il più possibile su questa realtà a lui fino ad allora sconosciuta. «Scoprire il mondo della diversità mi ha cambiato la vita: da imprenditore del settore alimentare mi sono convertito all’editoria e ho fondato una rivista, “Il bello della diversità“. Giriamo l’Italia per raccontare e portare negli ospedali e nelle scuole esperienze di persone coraggiose che nella propria diversità - in alcuni casi decisamente invalidante - sono riuscite a trasformare i limiti nel punto di partenza intorno a cui costruire una vita ricca di traguardi ed esperienze appaganti: un grande insegnamento e un grande esempio per tutti noi. Non so se la mia, la nostra nuova vita sia meglio di quella di prima», conclude Zanoni, «ma so per certo che sono felice».

Elisa Pasetto
elisa.pasetto@larena.it

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