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La sentenza

Tredicenne incinta: fidanzato condannato a 8 mesi, mamma assolta. E in aula si abbracciano tutti

La madre era accusata di non aver vigilato sulla moralità della figlia
Il tribunale di Mantova
Il tribunale di Mantova
Il tribunale di Mantova
Il tribunale di Mantova

Il ragazzo è colpevole, per la legge. La suocera “disattenta” innocente.

È una sentenza che non solo mette d’accordo, ma fa davvero felici tutti, qui ad abbracciarsi: accusa e difesa, vittima e imputato, quella emessa ieri dalla giudice Arianna Busato nei confronti del giovane accusato di atti sessuali su minore e sulla suocera, madre della ragazza che poco più di due anni fa è stata messa incinta a soli 13 anni, accusata di non aver vigilato sulla moralità della figlia.

Nessuna violenza sessuale

Il giudizio di colpevolezza era dovuto, secondo la legge, molto meno per il buonsenso, che in questa vicenda con le norme fa a pugni: in quest’aula di violenza sessuale non c’è la minima traccia.

Perché i due ragazzi veronesi, come nelle favole, vivono felici e contenti a casa con nonni e zii, felici pure loro di accudire la bimba di 16 mesi mentre mamma è a scuola e papà, che oggi ha 21 anni, al lavoro in fabbrica.

Ma c’è la legge, che ieri però davanti alla complessità della vita ha chinato la testa. Condannato a soli 8 mesi il giovane padre, con la pena sospesa, la non menzione e l’obbligo di seguire un percorso di riabilitazione.

Non luogo a procedere per la madre della ragazzina che, davanti a questo amore d’altri tempi, si era dovuta arrendere. Un amore scritto nella pietra, come racconta, con il sorriso fino alle orecchie e gli occhi che brillano, la “vittima” (ne omettiamo il nome a sua tutela, ndr).

«Mi sono innamorata di lui che ero una bambina, mi mettevo i trucchi di mia sorella per farmi notare, se non funzionava gli davo dei pizzicotti, così poi potevo baciarlo per chiedergli scusa». Un gioco innocente che con gli anni si è trasformato in qualcosa d’altro, fino all’estate del fattaccio che la mamma della ragazzina non è riuscita a impedire, semplicemente perché non poteva immaginare «che fossero arrivati a quel punto» come aveva ammesso nella scorsa udienza «E, comunque, avrebbero potuto farlo ovunque, di nascosto».

Com'è andato il processo

Contro di lei, nel processo svoltosi a Mantova, si era costituita parte civile la curatrice speciale della figlia, l’avvocato Silvia Salvato con il collega Aldo Pisani. Per lui, il pubblico ministero Michela Gregorelli aveva chiesto la condanna a dieci mesi e 25 giorni, una pena irrisoria per questo reato.

All’assoluzione totale avevano puntato i difensori del giovane, Giovanni Gasparini e Giulio Schirolli Mozzini: «Il fatto è avvenuto, non c’è dubbio, ma è stato inoffensivo. Una condanna pesante avrebbe danneggiato la presunta vittima e questa giovane famiglia».

Che invece oggi ha solo voglia di festeggiare: «Siamo strafelici, di più, ci sembrava di vivere un incubo», confessa la giovane madre, che è già proiettata sul futuro prossimo, «perché domani devo tornare a scuola».

«Ringrazio di cuore il mio avvocato che mi ha sempre sostenuto e tranquillizzato, spero che questo incubo sia finito», ha detto la madre alla lettura della sentenza.

 

Rossella Canadè

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