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Solidarietà

Ha perso una gamba in moto. Torna in sella e con la moglie va in Africa a donare protesi riciclate

Luca Falcon, al centro, con la moglie Giulia Trabucco e la moto in mezzo ai ragazzini a quali hanno portato le protesi
Luca Falcon, al centro, con la moglie Giulia Trabucco e la moto in mezzo ai ragazzini a quali hanno portato le protesi
Luca Falcon, al centro, con la moglie Giulia Trabucco e la moto in mezzo ai ragazzini a quali hanno portato le protesi
Luca Falcon, al centro, con la moglie Giulia Trabucco e la moto in mezzo ai ragazzini a quali hanno portato le protesi

Le loro tute sono imbiancate, non dalla neve, ma dalla sottile polvere del Sahara accumulata lungo gli infiniti percorsi sterrati. Il 25 dicembre non lo hanno trascorso «al freddo e al gelo», magari in una pittoresca baita, fra una tavola imbandita e un camino scoppiettante, ma a oltre 30 gradi in una delle aree più povere del pianeta. Per celebrare la festa davvero nel suo pieno significato di fratellanza e solidarietà verso gli ultimi.

Sarà un Natale in Africa, per i coniugi veronesi Luca Falcon e Giulia Trabucco, entrambi 34 anni, fondatori dell’associazione di promozione sociale Karma On The Road. Lo festeggeranno precisamente in Ghana, all’Orthopedic Training Center nei pressi di Accra, dopo svariate migliaia di chilometri macinate in sella alla loro moto, a partire dall’11 novembre, lungo tutta la costa occidentale, attraverso Marocco, Mauritania, Senegal, Gambia, Guinea e Costa d’Avorio.
Al termine del loro avventuroso viaggio, suggelleranno il dono a questo e a vari altri centri riabilitativi africani di quasi 600 protesi ortopediche usate, recuperate in Italia ed Europa grazie alla collaborazione con l’organizzazione di beneficienza inglese Legs 4 Africa.
Attraverso l’impegno di Luca e Giulia, centinaia di bambini e adulti africani amputati alle gambe riceveranno gratuitamente protesi adatte a sé. Un enorme regalo, considerando l’alto costo di questi presìdi sanitari (dai 2mila euro a salire); costo che, in Africa, rende inaccessibili gli arti artificiali a 9 mutilati su 10, secondo i dati dell’Oms.

La storia di Luca Falcon

Ma riavvolgiamo il nastro fino all’origine del progetto, tornando al 2016: l’«anno zero» come lo chiamano Luca e Giulia, che raggiungiamo telefonicamente mentre fanno tappa in Costa d’Avorio, ad Abidjan, dopo già 6.500 chilometri percorsi.

Il 4 agosto 2016, mentre stava tornando a casa dal lavoro sulla sua amata moto, Luca venne investito da un’auto. Fu l’inizio del calvario: «Piede e gamba sinistra distrutti. Dopo quaranta interventi chirurgici, più di un anno a letto e due anni di fisioterapia, tutti i medici consultati convennero che l’amputazione fosse l’unica soluzione», rievoca Luca.


Prima l’ovvio periodo di abbattimento. Poi, anche grazie all’incrollabile sostegno della moglie, Luca reagì; imparò a usare la sua nuova gamba di carbonio e titanio, passò attraverso un lungo periodo di riabilitazione, si rimise in piedi e anche sulla moto; infine con la moglie riprese la grande passione comune per i viaggi.

Nel frattempo, Luca maturò la volontà di trasformare questa terribile esperienza in qualcosa di positivo e utile. Partendo dalla constatazione che «senza protesi, non puoi fare nulla».

Cosa succede alle vecchie protesi

«In Italia», spiega Luca, «l’ausilio protesico, nella sua versione base, viene passato dal Sistema sanitario nazionale e sostituito ogni cinque anni circa». Aggiunge: «Tenendosene una di scorta, col passare del tempo succede comunque che le vecchie protesi si accumulino nello sgabuzzino di casa, oppure vengano addirittura buttate via, perché il Ssn non le ritira, considerandole un presidio strettamente personale. La nostra opera si concentra quindi sul loro recupero, sullo smontaggio, la sostituzione dei pezzi usurati e delle componenti su misura – solitamente l’invaso per il moncone – la catalogazione e la loro spedizione nei centri riabilitativi africani, secondo richiesta. Un nostro anziano benefattore, amputato all’età di 16 anni, ci ha donato addirittura sette protesi che non usava più».
La coppia veronese non sta viaggiando da sola. Al suo seguito, su un 4x4 (che poi verrà donato all’Orthopedic Training Center ghanese), c’è il regista Giovanni Montagnana, il quale documenterà tutta l’impresa per farne, alla fine, un docu-film da inviare ai principali festival cinematografici.

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Si inserisce Giulia: «Questo, per noi, è un viaggio nel viaggio. Abbiamo deciso di fare il film soprattutto per lanciare un messaggio di speranza a chi, amputato, sta affrontando il difficile periodo che noi abbiamo già attraversato. Un modo nostro per dire che sì, è dura; però vedete: si può riprendere a camminare, ad avere una vita normale, a coltivare le proprie passioni, a viaggiare, e addirittura ad affrontare un itinerario impegnativo come questo».

Perché sulle due ruote? Risponde Luca: «Perché un viaggio in moto ti mette in contatto con il mondo, regalando un forte senso di libertà. La polvere, il caldo, il freddo, la pioggia: li senti addosso come un’esperienza davvero autentica. E quando sei sull’orlo del baratro, le cose reali sono le uniche che contano».
Il viaggio dei coniugi veronesi, sostenuto da diversi sponsor (Luca è testimonial di uno di questi), terminerà il 30 dicembre. Ma non si fermerà l’opera solidale di Karma On The Road – nome scelto da Giulia, «quella spirituale tra noi due», nella convinzione che la vita è un susseguirsi di rinascite e che il bene fatto si moltiplica e rigenera.

Lorenza Costantino

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