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Prime da collezione

La strage della Freccia della Laguna: quando l’Hellas si salvò per miracolo

Il 15 aprile 1978 la squadra gialloblù evitò una tragedia sportiva simile a quella del Torino a Superga. Schianto fra treni nel Bolognese per una frana: 48 morti. I gialloblù si spostarono dalla prima carrozza per il pranzo.
Il disastro sulla linea Bologna-Firenze. Le carrozze del Rapido precipitate dal viadotto e la prima pagina de L'Arena
Il disastro sulla linea Bologna-Firenze. Le carrozze del Rapido precipitate dal viadotto e la prima pagina de L'Arena
Il disastro sulla linea Bologna-Firenze. Le carrozze del Rapido precipitate dal viadotto e la prima pagina de L'Arena
Il disastro sulla linea Bologna-Firenze. Le carrozze del Rapido precipitate dal viadotto e la prima pagina de L'Arena

Sarebbe potuta essere la Superga dell’Hellas Verona: solo la chiamata nel vagone ristorante, più indietro nel treno, evitò alla squadra gialloblù una tragedia sportiva simile a quella accaduta al Grande Torino il 4 maggio 1949, quando l’aereo su cui volava la squadra granata precipitò non lasciando scampo a nessuno: i morti furono 31.

L’Hellas invece il 15 aprile 1978, 46 anni fa, viaggiava sul treno che tra Bologna e Firenze fu coinvolto in uno dei più gravi disastri ferroviari mai avvenuti in Italia. «Quattro vagoni precipitano in un burrone. Salva per miracolo la squadra del Verona», titola L’Arena il 16 aprile, in una prima pagina scelta ora tra le 40 «Prime da collezione» che raccontano la storia di Verona, dell’Italia e del mondo attraverso le pagine del nostro quotidiano.

Il disastro, tra 48 morti due donne veronesi

Quel giorno, a causa della pioggia, a Murazze di Vado, dalla collina accanto alla linea ferroviaria Firenze-Bologna, si staccò una frana che ricoprì i binari di fango e terra. Verso alle 13.30, l’Espresso 572 bis, Bari-Trieste, si trovò di fronte il materiale franato e il locomotore deragliò, invadendo il binario adiacente sul quale arrivò subito il Rapido «Freccia della Laguna», che viaggiava a 110 chilometri orari.

L’impatto fu devastante. La motrice del Rapido investì quella del Bari-Trieste, uccidendo i quattro macchinisti. Le prime carrozze si sbriciolarono, mentre quelle retrostanti scivolarono lungo la scarpata. L’Espresso rimase fermo sul binario, con i suoi passeggeri illesi. Drammatico il bilancio delle vittime: 48 persone persero la vita e 76 rimasero ferite, alcune in modo gravissimo.

Persero la vita anche due donne di Verona: Anna Ederle, di 46 anni, moglie dell’ingegnere Enrico Wolf, noto progettista di autostrade, e Alfonsa Libanti, di 65 anni, nata in città ma che abitava a Bolzano.

A bordo della «Freccia della Laguna» quel giorno c’èra però anche a squadra di calcio del Verona che si stava recando nella Capitale per disputare la partita di campionato con la Roma. Il club aveva scelto il treno perché il volo prenotato in precedenza era stato cancellato proprio a causa del il maltempo. Il Rapido 813, che collegava Venezia a Roma era chiamato il «treno dei vip» e fu scelto dall’Hellas, il cui presidente era Saverio Garonzi, per il trasferimento della squadra.

I calciatori: «Salvi per miracolo»

Arcadio Spinozzi, il difensore del Verona, dopo il disastro, raccontò che la squadra era nella prima carrozza, che venne devastata dall’urto: «Giocavo a carte con Maddè e Logozzo. Scambiavo qualche parola con una ragazza bresciana seduta proprio a fianco a me. Un bambino veronese ci chiese l’autografo e rimase lì imbambolato, a vederci giocare. Poi arrivò l’annuncio dell’altoparlante. La nostra salvezza: "I passeggeri prenotati al primo turno sono pregati di raggiungere il vagone ristorante”. Potevano inserirci nel secondo turno, pensai, senza sapere che quella voce mi stava salvando la vita».

Sul treno viaggiavano 16 calciatori. Oltre agli 11 titolari - Superchi, Logozzo, Maddè, Busatta, Bachechlner, Spinozzi, Trevisanello, Mascetti, Gori, Esposito e Zigoni - c’erano anche le riserve Pozzani, Fiaschi, Luppi, Quarella e Vignola. Anche Vignola ricordò l’annuncio che salvò la vita al Verona: «Andammo nella sesta carrozza». «Seduto, guardavo fuori dal finestrino», disse Spinozzi, «pioveva. Mancava pochissimo alle 14. All’improvviso un botto. Il cameriere, che stava appoggiandomi piatti sul tavolo, volò dietro le mie spalle. Mi sentì schiacciare contro lo schienale. Volava di tutto dentro la carrozza: piatti, bicchieri e bottiglie. Presi dei colpi terribili».

«Sangue, c’era tanto sangue»

Giancarlo Fiumi raccontò a L’Arena quei momenti di terrore: «Ho vissuto l’avventura più allucinante della mia vita. Per trenta secondi ho creduto di morire. Sballottato nel vagone ristorante impazzito, tra schianti e urla. Quando la corsa si è conclusa sono riuscito ad uscire dal groviglio delle lamiere e a portarmi sulla massicciata, dove ho visto scene indescrivibili di terrore. Corpi straziati dappertutto, feriti che urlavano. E sangue, tanto sangue».

Nuvolari, 72 anni, rimase ferito e venne ricoverato in ospedale a Bologna per un trauma cranico, fratture e contusioni: «All’improvviso ha sentito un colpo terribile, un boato come un’esplosione, seguito da colpi tremendi. Ho visto il dottor Ermanno Cottini, seduto accanto a me, volare via come fosse di gomma. Essere al ristorante è stato un colpo di fortuna visto che il nostro vagone è finito giù dal viadotto. Dopo il colpo mi sono trovato nel campo, proiettato fuori. Il sangue mi scendeva sul viso». Cottini lo soccorse: «Il sedile di Nuvolari è volato via e Nello è scomparso precipitando in un grande squarcio aperto sul pavimento». Anche Valcareggi rimase contuso. Zigoni era scosso: «Gli occhi di tutti erano gonfi di terrore».

Filippo Brunetto

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