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Gli sbarchi

Migranti, Maschio: «Ok ai Centri di permanenza, ma non diventino bombe sociali». In Veneto tre possibili aree

L'intervista al deputato veronese di Fratelli d'Italia

I centri di permanenza per i rimpatri sono sere sempre più al centro della discussione politica. Discussione a cui anche Verona non può sottrarsi. Ma la domanda è: dove? Dove creare questi Centri? Quali immobili impiegare? Il governo è al lavoro. Ci sono delle linee, però, anche se non si può ancora parlare di luoghi precisi, entro le quali non si può uscire. «Non bisogna creare bombe sociali», sottolinea Ciro Maschio, deputato di Fratelli d’Italia. «Bisogna gestire il carico complessivo delle presenze sul territorio, ma non devono avere un alto impatto sulla cittadinanza», chiarisce. 
«Non sta a me individuare i luoghi ma a prefetto, ministro e sindaci», continua il deputato FdI, «servono per identificare e quindi espellere gli irregolari ma non possono in alcun modo impattare la popolazione». Paletti chiari, precisi. E i limiti lo sono altrettanto: «Le indicazioni sono quelle di realizzare i Centri per il rimpatrio il più lontano possibile dai centri abitati. Non possono avere delle conseguenze sulla quotidianità dei cittadini, questo deve essere chiaro». 
Accantonata, per ora, la scelta di Legnago all’ex caserma. Uno strappo locale, una provocazione. Ripresa anche dallo stesso Maschio, il giorno della conferenza stampa del presidente del consiglio comunale Paolo Longhi: «Un’idea che non è una iniziativa frutto di discussione e condivisa a livello locale», aveva replicato il deputato. 

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I Cpr in Italia 

Dal Veneto alla Campania, dall'Emilia Romagna alla Toscana, passando per la Calabria, Liguria, Marche, Abruzzo, Trentino Alto Adige, Umbria, Molise e Valle d'Aosta. Sono le regioni italiane dove al momento non sono presenti i Cpr. Centri che, invece, sono in funzione solo in pochi altri territori: Puglia (Bari e Brindisi), Sicilia (Caltanissetta e Trapani), Friuli Venezia Giulia (Gradisca d'Isonzo), Sardegna (Macomer), Basilicata (Palazzo San Gervasio), Lazio (Roma), Piemonte (Torino) e Lombardia (Milano). Ma è qui il nodo. Perchè proprio ieri la premier Giorgia Meloni ha spinto sulla realizzazione di nuovi Centri, precisando che, vista la situazione italiana, ne servirà almeno uno per regione. 
Un ventaglio ampio per la scelta dei luoghi. Tra cui ricade anche il Veronese perchè, come ha sottolineato anche il ministro della giustizia, Carlo Nordio, in tutto il Triveneto non mancano le ex caserme da poter riconvertire in Centri permanenti per il rimpatrio. 


L’Unione Europea e Lampedusa

«La visita di oggi (ieri, ndr) a Lampedusa del presidente Meloni con la presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen segna un momento di svolta. La premier», evidenzia Maschio, «ha convinto l’Europa ad un cambio radicale di linea. Le cose che diciamo da anni finalmente sono state recepite e la presidente della Commissione europea si è impegnata con un decalogo su una linea di difesa dei confini esterni della Ue, blocco delle partenze, espulsioni e rimpatri, lotta dura ai trafficanti, collaborazione coi Paesi africani. È un risultato importante frutto della credibilità e autorevolezza di Meloni a livello europeo e internazionale. La risposta migliore ad una sinistra che cerca solo di speculare senza offrire nessuna soluzione».

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In Veneto 

La situazione in regione resta delicata. Sono quasi ottomila (7.792) gli immigrati presenti nei centri di accoglienza. Mentre nei Sai sono 748, per un totale di 8.540. Il Veneto è settimo a livello nazionale, per numero di immigrati accolti. Davanti a tutti ci sono Lombardia, con 17mila, e quindi Sicilia, 14mila. Per quanto riguarda i Cpr, sul territorio veneto, le aree più indicate sarebbero quelle vicini agli aeroporti: Verona, Venezia e Treviso
Ma proprio nell’ottica di non avere troppa vicinanza con i centri abitati queste soluzioni - per il momento - non troverebbero immobili adeguati. 

Nicolò Vincenzi

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