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In Veneto più di seimila trattori obsoleti «Bisogna sensibilizzare gli agricoltori»

Il pericolo Un agricoltore travolto dal trattore a Minerbe nell’aprile 2022Vittime sul lavoro Il ribaltamento è la causa principale di sinistri fatali
Il pericolo Un agricoltore travolto dal trattore a Minerbe nell’aprile 2022Vittime sul lavoro Il ribaltamento è la causa principale di sinistri fatali
Il pericolo Un agricoltore travolto dal trattore a Minerbe nell’aprile 2022Vittime sul lavoro Il ribaltamento è la causa principale di sinistri fatali
Il pericolo Un agricoltore travolto dal trattore a Minerbe nell’aprile 2022Vittime sul lavoro Il ribaltamento è la causa principale di sinistri fatali

Un copione che si ripete. «Gli incidenti mortali nei campi sono tristemente legati, pressoché al 90 per cento, al ribaltamento di un trattore o all’impiego di altri macchinari», conferma Giuseppe Bozzini, segretario regionale della Uil per il settore agroalimentare. «E le cause», prosegue, «sono quasi sempre dovute al mancato rispetto delle regole di sicurezza ed all’obsolescenza dei mezzi. In altre zone d’Italia la situazione è un po’ diversa, nel Veronese, ad oggi, purtroppo è così...». Stando ai dati dell’Archivio nazionale dei veicoli in Veneto, fino al 2019, risultavano in circolazione 6.621 trattori immatricolati prima del 1983. Su scala nazionale sarebbero 668mila quelli privi di strutture di protezione contro il ribaltamento; mentre un milione e 240mila risulterebbero privi di cinture di sicurezza. Le disgrazie nel settore primario, spiega Luigi Bassani, presidente di Agribi, l’ente bilaterale per l’agricoltura veronese, «colpiscono in modo diversificato. I dipendenti, più soggetti alle norme di sicurezza ma anche gli stessi imprenditori, meno legati a verifiche e liberi di agire con maggiore indipendenza. Un fattore di individualità che spesso ha un peso nell’innescare la tragedia». Punta il dito sulla vetustà dei mezzi, impiegati spesso su «terreni difficili, in qualche caso da persone in età assai avanzata»: «Questo è uno dei motivi per cui risulta difficile, purtroppo, ridurre significativamente la mortalità. Per parte nostra stiamo incrementando significativamente i corsi sulla sicurezza. Inclusa, d’intesa con lo Spisal, la sensibilizzazione sul rischio, attualissimo in questo periodo, legato ai “colpi di calore“». «La nostra azione», precisa, «si rivolge in particolare ai dipendenti. Certo, qualcosa si potrebbe fare anche per gli autonomi: ma servirebbero comunque un impianto e programmi diversi, poiché numeri e cause degli incidenti, spesso, lo sono». Altrettanto utili, fa notare Bozzini, «risulterebbero una campagna formativa efficace e misure di defiscalizzazione per il rinnovamento dei mezzi. Anche se ciò significasse mettere la sicurezza al centro e non, com’è ora, la pura produttività». Alcuni passi avanti, in termini di prevenzione, sono stati mossi. «Convegni, sensibilizzazione culturale, attività ispettive e la recente, iniziativa del Prefetto, il quale aveva riunito le parti interessate proprio per tracciare una rotta precisa per la sicurezza e la trasparenza nel mondo del lavoro», elenca. Eppure non basta: «Crescita economica e sviluppo produttivo non devono portare all’aumento di infortuni e morti sul lavoro», ribadisce Matteo Merlin, per la Fai (settore agro-alimentare-ambientale) Cisl. Ma la lista delle vittime, purtroppo, segna una tendenza contraria.•.

Paolo Mozzo

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