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LA TRAGEDIA DI MALGA PRETA

Il pm: «Il crollo della ghiacciaia non era prevedibile, si archivi»

Il 3 luglio 2021 nelle vicinanze di Malga Preta di Sotto a Sant’Anna morirono due bimbi. La copertura formata da lastre era sorretta da due travi e i ragazzini saltellarono sul tetto: «Il proprietario non poteva sapere che una era degradata: è emerso solo dalla perizia»
La ghiacciaia nelle vicinanze di Malga Preta a Sant’Anna d’Alfaedo nella quale caddero i piccoli Tommaso e Michele
La ghiacciaia nelle vicinanze di Malga Preta a Sant’Anna d’Alfaedo nella quale caddero i piccoli Tommaso e Michele
La ghiacciaia nelle vicinanze di Malga Preta a Sant’Anna d’Alfaedo nella quale caddero i piccoli Tommaso e Michele
La ghiacciaia nelle vicinanze di Malga Preta a Sant’Anna d’Alfaedo nella quale caddero i piccoli Tommaso e Michele

La legge non punisce il proprietario che non è consapevole che un edificio o una struttura sia dissestata ma «punisce il proprietario che, consapevole della minaccia di rovina, ignora o sottovaluta lo stato di pericolo per le persone». È uno dei passaggi conclusivi della richiesta di archiviazione firmata dal sostituto procuratore Paolo Sachar che ritiene che Augusto Ceradini, unico indagato per la tragedia che si verificò il 3 luglio 2021 a Malga Preta di Sotto, «ben difficilmente avrebbe potuto constatare lo stato di ammaloramento del tronco di abete, non poteva ragionevolmente prevedere l’evento crollo e dunque non poteva adottare alcuna misura di prevenzione».

Da qui, sul piano causale «non è stato possibile rinvenire un’azione dovuta che se realizzata avrebbe evitato la morte dei minori (Michele Mazzuccato e Tommaso Saggioro) a seguito del crollo della ghiacciaia». E per il titolare del fascicolo aperto per le ipotesi di omicidio colposo e lesioni colpose anche per quel che riguarda l’elemento soggettivo «non è possibile muovere alcun rimprovero all’indagato». Alla luce di questo ha chiesto al gip di disporre l’archiviazione.

La tragedia

Bisogna tornare all’estate di due anni fa quando il 3 luglio a Sant’Anna d’Alfaedo un gruppo di amici decise di fare un’escursione in montagna. Avevano camminato per tutta la mattina e si erano poi fermati a Malga Preto di Sotto. Mentre gli adulti finivano di pranzare i bambini si spostarono di un centinaio di metri e salirono sul tetto di una «ghiacciaia» che si trovava vicino a una pozza d’acqua.

La copertura crollò, Tommaso di 7 anni e Michele di 8 caddero all’interno morendo schiacciati dalle lastre di pietra, Zeno e Martina si salvarono riportando però fratture e lesioni. Emerse che il comproprietario del terreno sul quale sorge la struttura è il gestore della Malga e il suo nome fu iscritto nel registro degli indagati, un atto dovuto.

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La consulenza

Il 6 agosto il pm Sachar affidò all’ingegnere Luigi Cipriani l’incarico di stabilire le cause e la dinamica dell’evento mortale e di evidenziare «gli elementi tecnici per individuare eventuali profili di colpa con riferimento anche alla manutenzione della ghiacciaia». Emerse che la copertura era stata realizzata in tempi sconosciuti «secondo le caratteristiche dei fabbricati storici delle località montane tramite l’apposizione di lastre di pietra della Lessinia e quintane (che impedivano l’ingresso dell’acqua). Prima dell’evento la copertura era sorretta da due tronchi d’abete», si legge nella richiesta, «una di queste si è spezzata in due elementi, uno di dimensioni ridotte è rimasto incastrato nel muro della ghiacciaia l’altro è caduto all’interno».

Quest’ultimo tronco, più lungo, al suo interno era «spugnoso» e all’esterno presentava muffe. Il consulente quindi concluse che «la frattura della trave si è concretizzata in quanto il lavoro meccanico applicato in tale ambito ha superato la ridotta capacità portante del materiale conseguente allo stato di ammaloramento della trave. L’azione dei bambini che saltellavano sulla copertura può avere indotto anche sollecitazioni localizzate così da acuire la situazione precaria».

Reati omissivi impropri

Per il dottor Sachar la fattispecie da considerare per inquadrare l’accaduto è quella dei reati omissivi impropri, ovvero la violazione dell’obbligo di impedire il verificarsi di un evento lesivo. E ha considerato la posizione di protezione (tipica è quella che spetta, ad esempio, ai genitori di figli minori) e la posizione di controllo (riferita al controllo di una fonte di pericolo e spetta a chi è in grado di far venir meno un pericolo).

«Ci si deve domandare quale azione dovuta l’indagato avrebbe dovuto porre in essere al fine di evitare il crollo della ghiacciaia», prosegue il pm. «Non vi è alcuna normativa nazionale, regionale o comunale che disciplina la gestione delle ghiacciaie. Nemmeno la Comunità Montana ha in qualche modo preso in considerazione la manutenzione di manufatti che rientrano tra i beni vincolati e sono ristrutturabili solo tramite un lungo iter burocratico».

E riguardo alla riconoscibilità del pericolo «è vero che poteva osservare il manufatto ogni giorno ma appare difficile potesse comprendere lo stato precario in cui versava una delle travi che sostenevano il tetto», prosegue il magistrato, «coperte da lastre di pietra e non visibili a occhi nudo. Lo stato di degrado del legno è stato accertato sono attraverso la consulenza».

Omissione di lavori

Pur riconoscendo che la norma punisce il proprietario di un edificio che minacci rovina, riferendosi al caso in esame si sottolinea «che è necessario che il proprietario non abbia provveduto ai lavori indispensabili per scongiurare il pericolo ma ciò implica o presuppone che il proprietario sia a conoscenza dello stato di degrado». La presenza di muffa non era indicativa di un possibile crollo, non poteva prevederlo «e dunque non poteva adottare alcuna misura di prevenzione».•.

Fabiana Marcolini

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