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prime da collezione

«Houston, abbiamo un problema». E Verona pregò per Apollo 13

L'11 aprile decollò la missione spaziale che si trasformò da un disastro ad un successo storico per la Nasa. L'incidente al modulo spaziale e l'odissea verso il rientro. Trepidazione e tv accese a Palazzo Barbieri e in Curia
La prima pagina de L'Arena del 15 aprile del 1970 con articoli e foto che raccontano la vicenda a lieto fine dell'Apollo 13
La prima pagina de L'Arena del 15 aprile del 1970 con articoli e foto che raccontano la vicenda a lieto fine dell'Apollo 13
La prima pagina de L'Arena del 15 aprile del 1970 con articoli e foto che raccontano la vicenda a lieto fine dell'Apollo 13
La prima pagina de L'Arena del 15 aprile del 1970 con articoli e foto che raccontano la vicenda a lieto fine dell'Apollo 13

«Drammatico ritorno di Apollo 13 dopo aver sfiorato la catastrofe». Questo è il titolo che mercoledì 15 aprile 1970 L'Arena scrive in prima pagina per raccontare l'odissea della missione spaziale della Nasa. Il mondo tremò per i tre astronauti e anche i veronesi restarono con il fiato sospeso per cinque giorni.

Questa pagina è una delle «Prime da collezione» scelte per raccontare in 40 puntate la storia di Verona, dell'Italia e del mondo attraverso le cronache del nostro giornale.

Il disastro spaziale di maggior successo della storia della Nasa

Quello di Apollo 13, così è stato definito, fu il disastro spaziale di maggior successo della storia. La missione decollò da Cape Canaveral l'11 aprile 1970 alle 13. 13 con James Lovell, un veterano, Fred Haise e John Swigert, due matricole dello spazio.

«Abbiamo un problema»

Il 13 aprile mentre i tre erano in viaggio verso la Luna, nella capsula si udì una detonazione. Fu Swigert a chiamare la base di Houston. Disse solo: «Abbiamo un problema». Una frase che è tuttora un modo di dire comune negli Usa e nel mondo.

Il «problema» era che uno dei due serbatoi di ossigeno che alimentavano i generatori elettrici era esploso, danneggiando il secondo. «Il problema era che in breve - come ricordò Lovell - saremmo rimasti senza ossigeno e senza energia. Restavano l'ossigeno e le batterie del modulo lunare, con una autonomia di cinque ore, mentre noi eravamo a 90 ore dal rientro».

A Houston si studiò un piano e nelle chiese e case degli Usa si cominciò a pregare. Apollo 13 avrebbe dovuto circumnavigare la Luna e, con le ultime gocce di energia e i motori per l'allunaggio, immettersi in un'orbita libera verso la Terra.

Gli astronauti passarono nel modulo lunare, il Lem, e il resto della capsula piombò nel buio. Con i motori del Lem, Lovell pilotò manualmente l'Apollo; girò intorno alla Luna e si immise nella traiettoria di rientro. Poi l'attesa, nella cabina diventata gelida.

Dopo 84 ore l'Apollo ammarò nel Pacifico. Erano le 13 di venerdì 17 aprile.

Si concludeva quella che, nonostante tutto, rimane la più brillante missione della storia spaziale.

Il modulo volò a una distanza di 254 chilometri dalla superficie della faccia nascosta della Luna, stabilendo così il record, tutt'oggi detenuto, della massima distanza raggiunta da un essere umano dalla Terra: 400. 71 chilometri.

Mattingly: non era sull'Apollo 13 ma diventò un eroe

Ma particolare è stata anche la storia dell'astronauta Thomas Kenneth Mattingly II, che ha contribuito a riportare in salvo l'equipaggio di Apollo 13, e che è morto nel novembre del 2023 all'età di 87 anni.

«Mattingly è stato fondamentale per il successo del programma Apollo», ha ricordato nel 2023 l'amministratore della Nasa Bill Nelson, «Mattingly è uno degli eroi del nostro Paese».

L'astronauta avrebbe dovuto pilotare il modulo di comando dell'Apollo 13, ma fu bloccato 72 ore prima del lancio dopo essere stato contagiato dal morbillo, ma senza ammalarsi.

Durante la missone di Apollo 13 si recò al controllo di missione e sviluppò procedure di risparmio energetico in modo che il veicolo potesse rientrare nell'atmosfera, salvando le vite di Lovell, Swigert e Haise.

Verona davanti alla televisione

L'odissea nello spazio tenne il pianeta con il fiato sospeso. Il 17 aprile L'Arena titola: «Rientrano, il mondo in ansia». In quella prima pagina c'era anche un'altra tragica notizia: sessantotto bambini uccisi da una slavina che si era abbattuta in Alta Savoia, in Francia, su un sanatorio.

Quel disastro, a Roc des Fiz, costò la vita a 72 persone. Il giorno dopo però la notizia che catalizza l'attenzione è un'altra.

Sabato 18 aprile L'Arena in prima pagina titola: «Tre uomini hanno vinto»: «Con un perfetto ammaraggio nel Pacifico si è concluso lo sfortunato volo di Apollo 13». «Esplosione di gioia a Houston e in tutto il mondo».

Anche i veronesi seguirono in diretta lo «splashdown» del modulo spaziale. A Palazzo Barbieri il sindaco Renato Gozzi assiste al rientro davanti al televisore installato in Sala Arazzi assieme al vicesindaco e agli assessori. «Ciascuno di noi», disse, «ha trepidato per i tre cosmonauti e ha accolto con un spirito di sollievo la notizia che sono stati recuperati sani e salvi. Ma a me pare che questa spedizione nello spazio ci abbia detto qualcosa che vale la pensa sottolineare: ci ha fatto sentire quei tre astronauti vicini a noi, uomini come noi».

In Curia il vescovo Giuseppe Carraro pregò: «Trepidazione, angoscia, speranza, attesa, ammirazione: ecco i sentimenti umani che si sono alternati nel cuore di tutti in questi giorni. In corrispondenza con l'invito tanto caloroso del Santo Padre, abbiamo intensamente pregato per i tre astronauti e per le loro famiglie. Un segno confortante è emerso di fronte a questi trepidi giorni: l'incontro solidale degli uomini di fronte al pericolo di tre fratelli vaganti nello spazio».

Filippo Brunetto

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