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Infanzia

Epatite, i consigli del pediatra: «Facciamo attenzione ma evitiamo ogni allarmismo»

Registrato un incremento anomalo dei casi in un ristretto arco temporale
Registrato un incremento anomalo dei casi in un ristretto arco temporale
Registrato un incremento anomalo dei casi in un ristretto arco temporale
Registrato un incremento anomalo dei casi in un ristretto arco temporale

Pur senza ragioni di un allarme generalizzato, è sotto la lente d’ingrandimento anche in Italia l’epatite acuta pediatrica di natura sconosciuta che ha messo in allerta l’Europa. Non si parla di una nuova malattia, poiché ogni anno ci sono casi di epatiti la cui origine non è nota, ma a far scattare l’allerta è stato l’incremento anomalo dei casi in un ristretto arco temporale: tre settimane dalla prima segnalazione nel Regno Unito e poi in Danimarca, Paesi Bassi, Irlanda, Spagna e infine l’Italia, dove sarebbero almeno nove i casi sospetti tra i bambini con un’età compresa fra i due e i cinque anni.

A inizio anno, anche l’Azienda ospedaliera di Verona aveva ricoverato due pazienti, ma in questo caso adolescenti, con una diagnosi di epatite acuta di natura sconosciuta. E come ricordava la direttrice di malattie infettive Evelina Tacconelli «si tratta di forme che hanno provocato grave insufficienza di organo, per la quale l’unica soluzione resta il trapianto, con difficoltà sia in termini di reperimento di donatori sia legate all’atto chirurgico». Nei laboratori di analisi è partita la caccia al virus e intanto una circolare del ministero della Salute invita tutte le organizzazioni sanitarie a segnalare ogni caso sospetto di epatite di cui non comprendono le cause. Se l’origine è ancora ignota, i sintomi, o per lo meno buona parte di essi, sono specifici.

«Il colorito giallo della pelle, altrimenti noto come ittero. E ancora la letargia, i dolori muscolari, la nausea e il vomito e le feci acoliche, ossia molto chiare, quasi biancastre», elenca il dottor Giorgio Zavarise, pediatra esperto di infettivologia dell’Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar e presidente per il Veneto della Società italiana di Pediatria ospedaliera. «In questi casi», afferma l’esperto, «occorre consultare subito il proprio pediatra di riferimento». Per il resto si possono, per ora, solamente avanzare delle ipotesi a fronte di quanto si è osservato. «Si sa, per esempio, che la maggior parte dei piccoli colpiti dall'infezione non ha avuto febbre e che in nessuno dei casi segnalati sono state riscontrate tracce dei virus comunemente responsabili delle epatiti (A, B, C, D ed E) e nemmeno dei rarissimi virus delle epatiti F e G», spiega lo specialista del Sacro Cuore di Negrar. «Invece nel 70 per cento dei casi è stato isolato l’adenovirus, responsabile di un gran numero di infezioni virali, dal raffreddore alla congiuntivite alla gastroenterite. Ma se queste epatiti siano causate da una variante particolare di adenovirus, non si può ancora dirlo. Le società scientifiche stanno indagando per arrivare a una spiegazione». 

D’altra parte, prosegue Zavarise, «ci sono tantissimi altri virus responsabili del momentaneo aumento delle transaminasi, che sono gli enzimi “spia“ per valutare la salute del fegato. Alcuni di questi virus sono piuttosto comuni, come il virus della mononucleosi, oppure il rotavirus che causa la maggioranza delle gastroenteriti». Anche per questo motivo si può far poco per prevenire l'infezione. «Sono strumenti utili le norme igieniche che abbiamo imparato a rispettare durante la pandemia, soprattutto il lavaggio frequente delle mani. Ma è chiaro che, trattandosi di bambini sotto i cinque anni, questa accortezza non sia sempre praticabile», afferma il pediatra. All’ospedale di Negrar non sono stati segnalati casi di epatiti acute pediatriche, ma come sta accadendo in tutti i centri, ci si prepara a fronteggiare questa eventualità. «Quando l’infezione compare, il paziente va ricoverato per monitorare l’andamento delle transaminasi e le condizioni cliniche. La terapia è la cosiddetta ”di supporto”, con farmaci antivirali, reidratazione ed eventuali supporti nutrizionali». 

La maggioranza dei casi si è risolta spontaneamente, pochi pazienti si sono aggravati fino ad arrivare alla necessità di trapianto. «L’epatite è una malattia impegnativa dal punto di vista pediatrico e va considerata con attenzione», sottolinea Zavarise. «Eppure», aggiunge, «preoccuparsi serve a poco. Occuparsi, invece, porta alla soluzione del problema. È il messaggio che sento di lanciare ai genitori, giustamente in apprensione per queste notizie».

Laura Perina

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