Se ci ammaliamo, c’è la cura. Avremmo voluto sentircelo dire da tempo. Ora lo dice la task force di medici che nella «buia notte» della pandemia, tra la fine di febbraio e il mese di marzo, quando si contavano 30 nuove polmoniti al giorno e le terapie intensive degli ospedali si riempivano, hanno iniziato a lavorare con il Baricitinib, un farmaco usato per curare l’artrite reumatoide.
I medici hanno lavorato in silenzio, hanno osservato la risposta dei pazienti, hanno raccolto dati e da questi sviluppato statistiche per arrivare alla percentuale dello 0,006 per cento di mortalità tra i pazienti sottoposti a quella cura. Ora l’Università di Verona, con l’Azienda ospedaliera universitaria integrata e l’ospedale di Peschiera Pederzoli, lo annuncia con fierezza. Perché i risultati dello studio sono stati pubblicati ieri sul Journal of clinical investigation di New York e dimostrano che si possono limitare le conseguenze negative della pandemia. Lo studio si mostra di estrema rilevanza per i sistemi sanitari di tutto il mondo.
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