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Migranti

Aumenta l'arrivo di richiedenti asilo nel Veronese. «Ora servono più posti»

di Paolo Mozzo
Sono arrivati in 66 negli ultimi 7 giorni

Il flusso è costante. «Sessantasei gli arrivi nell’ultima settimana, uomini adulti, africani con qualche presenza di asiatici», illustra il prefetto, Donato Cafagna. La presenza di richiedenti asilo sul territorio veronese tocca così quota 1.200. «Tutti collocati», conferma, «nelle strutture di accoglienza. Che ora si sta cercando di estendere ulteriormente con bandi e gare “ad hoc“». Mentre proseguono gli sbarchi di migranti sulle coste italiane, tra polemiche politiche e diverse tragedie in mare, il Veneto si prepara a ricevere altri tremila disperati in fuga da miseria o guerre. Quanti saranno destinati nel Veronese, sulla base di protocolli già definiti, ancora non è dato sapere, anche se potrebbe essere questione di ore. «Tutto viene deciso di volta in volta. Ma al territorio scaligero, come al Padovano, di solito vengono assegnate le quote più consistenti», spiega il rappresentante locale del Governo.

 

L'onda migratoria

La grande migrazione dal Sud al Nord del mondo non ha, né a detta degli analisti avrà, una fine. «Stiamo lavorando per garantire la prima accoglienza ma contemporaneamente anche il ricambio nelle presenze», spiega il prefetto. Che avviene di solito in conseguenza della perdita del diritto di permanenza sul suolo italiano per mancanza dei requisiti. O, nei casi migliori, per «acquisita autonomia». «Ed è quest’ultimo il percorso che cerchiamo in ogni modo di privilegiare», conferma Cafagna, «anche attraverso l’azione di un gruppo di lavoro che mette insieme enti locali, associazioni e l’Ulss 9». Si tratta di risolvere, di fatto, i nodi legati all’abitare ma anche alla conquista di un’occupazione, primo passo verso l’integrazione per chi abbia ottenuto lo status di «rifugiato». Rete Gli arrivi impongono però la ricerca urgente di alloggi. Bandi e gare si susseguono, con l’obiettivo di «distribuire le presenze, quanto più possibile, in piccoli nuclei sul territorio per ridurne l’impatto». «C’è la collaborazione, su questo fronte, da parte della Chiesa veronese. Ed anche l’associazione degli albergatori è stata coinvolta», precisa il prefetto.

 

 

La disponibilità degli albergatori e le cooperative sociali

«Noi ci siamo, restiamo a disposizione com’è sempre stato», conferma Giulio Cavara, presidente di Federalberghi Verona (Confcommercio). «Sicuramente non è semplice trovare strutture disponibili ma l’opzione potrebbe risultare valida, in particolare per esercizi che abbiano in programma una ristrutturazione». Facili perbenismi a parte, l’ospitalità offerta ai profughi è cosa ben diversa dall’utenza turistica. E se i Cas (Centri di accoglienza straordinaria) hanno capienze definite, la sistemazione successiva dei richiedenti asilo in cooperative sociali ed associazioni va accreditata, spiega Cafagna, «sulla scorta di competenze specifiche». Impresa dall’esito non sempre scontato.

 

 

I numeri totali

I numeri della grande migrazione, però, non lasciano scampo. Sono 14.104 le persone (donne, uomini e minori) sbarcate in Italia dall’inizio dell’anno, il 164 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2022, quando erano stati 5.345. Arrivati in massima parte in autonomia (i famigerati «barconi») o tratti in salvo dalle motovedette di Guardia Costiera o di Finanza. Solo sei su cento, stando alle cifre ufficiali, sono stati portati in Italia da navi di organizzazioni non governative: 855 in totale. Guinea (1.772) e Costa d’Avorio (1.720) sono i principali Paesi di provenienza di quanti sono arrivati via mare.

Il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) che mette insieme ministero dell’Interno, associazione di Comuni ed enti locali, pure sottoposto ad una prova di resistenza, per ora regge. Chi arriva presenta domanda per l’ottenimento dello status di «rifugiato» alla Commissione territoriale. «Quella veronese», specifica il prefetto Cafagna, «vaglia anche le richieste relative a Vicenza e Trento». Nei mesi dell’attesa l’assistenza è garantita all’interno dei Cas. Per cui però serve trovare nuovi posti, mentre altri vengono liberati. «Si tratta ormai di un flusso costante», conferma il rappresentante del Governo. Proclami politici a parte, forse la vera sfida uman(itari)a imposta dalla globalizzazione.

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