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LA PROTESTA

Camici bianchi «no vax». Sospensione in arrivo per sette medici di base

Ancora sospensioni in vista tra il personale sanitario inadempiente all’obbligo della vaccinazione antiCovid. Dopo i 62 tra camici bianchi e operatori sanitari «No vax» di ospedali, centri convenzionati e case di riposo già sospesi a Verona e provincia, la scure del decreto 44 sta ora per abbattersi anche sull’assistenza primaria. Sono una quindicina, infatti, gli operatori per cui a giorni l’Ulss 9 Scaligera farà scattare il provvedimento, comunicando i nominativi all’Ordine, il quale a sua volta emetterà la delibera di temporanea sospensione dall’esercizio della professione.

 

I destinatari sarebbero sette medici di famiglia, due pediatri e sei medici della Guardia medica: 15 «irriducibili» rispetto ai quali l’Azienda, dopo una serie di «solleciti», ha verificato che le motivazioni addotte alla mancata immunizzazione non rientrano tra quelle previste dalla legge. Solo questione di tempo, dunque, perché venga formalizzato il provvedimento. Tempo necessario all’Azienda sanitaria per dipanare le problematiche connesse allo stop forzato (fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o comunque non oltre il 31 dicembre) di questi professionisti, che rischiano di lasciare scoperti oltre 12mila assistiti.

 

Due le opzioni al vaglio dell’Ulss 9, al lavoro per evitare che il sistema collassi: trovare altri medici nell’ambito territoriale dei colleghi sospesi, disposti ad alzare temporaneamente il proprio massimale da 1.500 a 1.800 pazienti e procedere a una delibera in tal senso che andrà autorizzata dalla Regione; oppure puntare su incarichi temporanei fino alla fine dell’emergenza, da affidare a giovani medici in attesa di entrare nelle scuole di specializzazione o a pensionati.

 

«La prima strada è in salita a causa del carico di lavoro», commenta Guglielmo Frapporti, segretario provinciale Fimmg (Federazione italiana medici di Medicina generale). «Il 45 per cento dei colleghi non ha infermiere o segretarie che filtrino i 50-60 contatti che deve gestire ogni giorno tra visite, telefonate e richieste via e-mail e Whatsapp. Il coinvolgimento dei pensionati, invece, perché lavorino come dipendenti nelle Ulss e negli ospedali per l’emergenza Covid, era già garantito dalla legge: lo scorso aprile la Sisac, che rappresenta la delegazione di parte pubblica per il rinnovo degli accordi riguardanti il personale, ha recepito il decreto legge estendendo questa facoltà anche ai medici di famiglia», prosegue Frapporti, che si è già confrontato con l’Ulss 9 per concordare le modalità con cui saranno gestite le conseguenze delle sospensioni.

 

«Abbiamo chiesto all’Ulss 9 di farsi parte attiva affinché questa norma sia recepita quanto prima anche in Veneto: molti pensionati si sono già resi disponibili a dare una mano per affrontare questa emergenza», aggiunge il segretario Fimmg. «Mentre a tutti i medici di famiglia attivi abbiamo lanciato un appello affinché procedano con la vaccinazione, cercando di far capire i problemi che solleverebbe nell’assistenza la loro decisione di non immunizzarsi e chiedendo che possano lasciare il loro ambulatorio a disposizione di chi li sostituirà. Ma la maggior parte di loro è irremovibile: nemmeno la prospettiva di vedersi sospendere lo stipendio, le indennità previdenziali e di non poter praticare per mesi nemmeno in forma privata li convince a desistere dalle loro motivazioni ideologiche».

Elisa Pasetto

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