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A Verona cinque ricchi nelle case popolari

Caccia ai furbetti
che pagano poco
nelle case Ater

Una foto tratta da Facebook di una protesta in piazza Pozza a Verona davanti alla sede Ater contro l'aumento degli affitti dovuto alla nuova legge regionale
Una foto tratta da Facebook di una protesta in piazza Pozza a Verona davanti alla sede Ater contro l'aumento degli affitti dovuto alla nuova legge regionale
Una foto tratta da Facebook di una protesta in piazza Pozza a Verona davanti alla sede Ater contro l'aumento degli affitti dovuto alla nuova legge regionale
Una foto tratta da Facebook di una protesta in piazza Pozza a Verona davanti alla sede Ater contro l'aumento degli affitti dovuto alla nuova legge regionale

Milionari in un alloggio Ater. Nei giorni della protesta per i rincari degli affitti delle case popolari, stabiliti dalla legge regionale 39/2017, arriva la notizia dei «furbetti» che, malgrado il conto in banca, vivono in questi appartamenti pur non avendone i requisiti. Stando ai controlli fino ad oggi realizzati e pubblicati ieri dal Gazzettino, i casi più eclatanti nel Veronese sono cinque.

 

L’esempio più eclatante è di un inquilino che ha sul conto poco più di un milione di euro, vive in un alloggio di 98 metri quadrati e paga 248 euro al mese.

 

Ma l’Ater non lo sapeva? «Solo dall’1 luglio è in vigore la nuova legge regionale», Afferma Giovanni Pesenato, vicepresidente dell’Ater di Verona. Prima, «si guardava principalmente al patrimonio immobiliare, certificato dal Catasto. La dichiarazione dei redditi in passato aveva un peso ridotto», aggiunge Pesenato, «Molti nemmeno la presentavano. Ora diventa criterio fondamentale per avere diritto a un alloggio Ater». Gli uffici di Verona ora lavorano per ottenere l’Isee di tutti gli inquilini e chi non rientrerà nei paletti, sostiene Pesenato, «avrà due anni per mettersi in regola. O avrà un Isee adeguato per accedere a un alloggio, o dovrà andarsene. Nel frattempo, se saranno certificate e dimostrate situazioni gravose, l’Ater sarà costretta a rivolgersi alla Procura».

Francesca Lorandi

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