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accuse pesanti su facebook

Bimba aggredita a scuola, la mamma e gli zii a processo per diffamazione

Se la presero con il «bullo» e i «genitori menefreghisti» commentando online la notizia apparsa sui quotidiani
L'ingresso del Tribunale di Verona
L'ingresso del Tribunale di Verona
L'ingresso del Tribunale di Verona
L'ingresso del Tribunale di Verona

Il 10 aprile di 4 anni fa in una scuola elementare, un bimbo che frequentava la terza aggredì una compagna di classe dopo un litigio. Mentre la piccola, alla fine delle lezioni, si stava lavando le mani il coetaneo la spinse violentemente da dietro mandandola contro il lavandino, la picchiò facendola finire addosso a un armadio e infine le diede un calcio in mezzo alle gambe.

La notizia divenne un caso nazionale e rimbalzò su giornali e siti. Seguirono accertamenti e denunce, il Ministero dispose una verifica con i propri ispettori affiancati alla psicologa della scuola, la piccola - dopo essere rimasta 18 ore in osservazione al Pronto Soccorso - venne dimessa con una prognosi di 5 giorni.

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Gli insulti al «bullo» e ai genitori sui social

Ma oltre a questo, sui social - e in particolare sulla pagina Facebook del nostro quotidiano che aveva riportato la notizia - iniziarono a piovere commenti e insulti nei confronti non solo del bambino ma anche dei genitori. Così se lui venne definito «un bullo», il padre e la vennero bollati come menefreghisti. E seguirono interventi su altri episodi che venivano riferiti a quell’alunno e che avevano riguardato altri bambini.

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Il processo per diffamazione aggravata

Davanti al giudice Pasquale Ladogana e al pm d’udienza Laura Bergognini sono chiamate a rispondere di diffamazione aggravata (per aver commesso il fatto mediante il social network Facebook) la mamma della bimba aggredita e gli zii (tutti assistiti dall’avvocato Paolo Guarienti).

Furono loro a commentare, a fornire elementi che secondo l’accusa e la denuncia delle parti civili, ovvero i genitori del bimbo «manesco», permisero alle persone di individuarli creando in tal modo una situazione di grande imbarazzo.

Ieri sulla sedia dei testimoni, oltre alla mamma diffamata (difesa Stefania Migliori), si sono alternate la maestra e la psicologa incaricata, insieme al consulente inviato dal ministro alla Pubblica Istruzione dell’epoca, Marco Bussetti. «La signora si era lamentata più volte bambino», ha spiegato l’insegnante, poiché la mamma della bimba aveva riferito che fin dalla prima elementare lui l’aveva presa di mira. Ma a ridimensionare il carattere del bambino è stata la psicologa Giuliana Guadagnini, nel 2019 responsabile del punto di ascolto sul disagio scolastico di Verona, che chiamata dalla scuola per stabilire se ci si trovasse di fronte a un caso di bullismo ha sostenuto «che non vi erano i presupposti per dire che il bambino fosse un bullo».

Per lui la scuola aveva predisposto un piano didattico personalizzato ma non c’erano altri elementi per definirlo un prepotente violento. Si prosegue.

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