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La tragedia di Negrar

Travolse e uccise Chris senza fermarsi, condannato a 5 anni e 4 mesi

di Fabiana Marcolini
Begalli si allontanò dopo l'incidente senza prestare soccorso. Sospesa la patente per due anni
Chris Obeng durante una partita e il dolore della madre in tribunale
Chris Obeng durante una partita e il dolore della madre in tribunale
Chris Obeng durante una partita e il dolore della madre in tribunale
Chris Obeng durante una partita e il dolore della madre in tribunale

È scoppiata in lacrime in aula, durante l’udienza. Non è riuscita a trattenere il pianto quando Davide Begalli, scortato dagli agenti della polizia penitenziaria è uscito dalla stanza del gup Maria Cecilia Vitolla. È riuscita solo a urlare: «doveva prendere vent’anni» prima di coprirsi con un fazzoletto. Mamma Diana, il volto rigato dalle lacrime, da nove mesi si fa forza, sostenuta dal marito e dalla comunità che non la lascia sola ad affrontare quello che per una madre è un dolore senza fine. La morte di un figlio.

Ieri accanto a lei anche Patrizia Pisi, vicepresidente di Avisl. Anche lei sa cosa vuol dire, dal 2008 il dolore l’attraversa. E lotta per chi prova la stessa cosa.

 

Due accuse

Cinque anni e 4 mesi e patente sospesa per due anni. Non è una condanna «lieve» (scegliendo il giudizio abbreviato ha usufruito della diminuzione di un terzo), ma Diana dal 31 luglio sa che il suo Chris di 14 anni non rientrerà a casa, non cenerà con lei e i fratelli, non lo vedrà prepararsi per andare a scuola o a giocare a calcio. Non abbraccerà papà Emmanuel al rientro dal lavoro nel Modenese. E non è solo l’assenza che la devasta, il pensiero che il suo bambino possa aver sofferto, che se fosse stato soccorso subito sarebbe ancora vivo le asciuga l’anima.

Due le accuse per l’artigiano di 40 anni di Negrar che quella sera stava percorrendo la provinciale che da Negrar porta verso Santa Maria verso le 21.30. Venne arrestato, sulla base di un’ordinanza di custodia, tre giorni dopo: i carabinieri trovarono pezzi di fanale di una Renault Espace sull’asfalto, le videocamere ripresero l’auto in transito in un orario compatibile con l’investimento e il mattino seguente, una volta rintracciato il mezzo, si recarono in cantiere dove lavorava Begalli. Il parabrezza era sfondato, c’erano tracce di sangue e una parte di cristalli era nell’abitacolo. Era ammaccata anche la carrozzeria.

Dopo aver accertato che solo lui poteva guidare l’Espace il pm Elvira Vitulli chiese l’arresto, che avvenne sulla base dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Carola Musio. Un provvedimento sostenuto non solo dalla possibilità di reiterazione del reato ma anche dalla valutazione del comportamento che Begalli tenne subito dopo l’incidente. Ritenne «ingiustificabile» il fatto che l’indagato fosse andato al lavoro come se nulla fosse successo quando la notizia dell’investimento di Chris era già di dominio pubblico.

 

«Mi sono distratto»

Ha sostenuto di essersi distratto un attimo perché stava cambiando stazione alla radio, di aver sentito il colpo ma di non essersi reso conto di aver investito Chris Obeng che stava camminando sul bordo della strada: stava rientrando dopo l’allenamento di calcio.

Difeso da Massimo Dal Ben (i genitori e i fratelli di Chris sono tutelati dagli avvocati Tiziano Panini e Donato Bruno), dichiarò di essersi fermato ma di non aver visto nulla. Dopo essere stato investito Chris fu sbalzato di lato e finì in un fondo agricolo accanto alla strada. A vederlo, riverso sull’erba, furono due uomini alcune ore più tardi: stavano camminando sulla provinciale e illuminavano la strada con il fascio di luce del cellulare. Era troppo tardi. 

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