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LA FUNIVIA PRECIPITATA

L'esperto veronese: «Mottarone? Bastavano sensori da 10 euro per scongiurare la tragedia»

Tiziano Anselmi, tecnico veronese: «Non è una novità che i dispositivi di sicurezza vengano disattivati pur di aumentare la produttività»
Al centro del groviglio di rottami si riconosce la pinza rossa del freno d’emergenza
Al centro del groviglio di rottami si riconosce la pinza rossa del freno d’emergenza
Al centro del groviglio di rottami si riconosce la pinza rossa del freno d’emergenza
Al centro del groviglio di rottami si riconosce la pinza rossa del freno d’emergenza

«Fatti del genere non possono accadere. Tecnicamente non esistono scappatoie e i responsabili lo sono al 100 per cento». Lo dice Tiziano Anselmi, perito elettrotecnico che, fino a 4 anni fa, quando è andato in pensione, era titolare di un'azienda a Pescantina che importava e rivendeva alle industrie sistemi di automazione. «

 

Per 40 anni ho seguito i problemi di automazione industriale, tra cui anche quelli su impianti a fune, tanto che sono stato fornitore tecnico della società Leitner di Vipiteno, leader mondiale degli impianti di risalita. La tragedia del Mottarone non mi ha fatto dormire, mi ha scandalizzato e lasciato esterrefatto». L'esperto veronese, che ora vive a Desenzano del Garda, spiega come funzionano le funivie e fa notare che i sensori di prossimità, dispositivi che percepiscono la presenza della cosiddetta «forchetta», costano meno di 10 euro.

 

Il tecnico veronese, Tiziano Anselmi
Il tecnico veronese, Tiziano Anselmi

 

«Un impianto di funivia funziona con due funi, una portante, distesa e tirata sui tralicci, l'altra di trazione, collegata alla cabina per far scendere e salire il mezzo che a sua volta poggia i suoi rulli sulla fune portante. Non entro nel merito della vicenda, su cui ho notizie frammentarie sentite dai media, ma posso asserire con sicurezza che se, nonostante i vari sistemi di collaudo e, talvolta, persino la presenza di una seconda fune cosiddetta di "guardia", la fune di trazione si rompe, dovrebbero immediatamente intervenire i freni a bloccare la funivia».

 

«È già capitato che gli abitacoli si blocchino sospesi a 30 metri di altezza, ma le persone a bordo si salvano. Ora ci devono dire perché non abbiano funzionato i freni e perché i cavallotti che vengono messi durante i collaudi per fare delle prove tecniche non siano stati rimossi e, infine, perché persino i sensori che percepiscono la presenza del metallo e quindi bloccano il veicolo, non abbiano svolto il loro ruolo».

 

Il perché non abbiamo funzionato i freni pare essere emerso nelle ultime ore, dopo il fermo di tre persone, tra cui il gestore dell'impianto stesso, Luigi Nerini, amministratore della società Ferrovie del Mottarone. Insieme a lui sono stati trasferiti nel carcere a Verbania pure il direttore del servizio e il caposervizio. Secondo quanto ipotizzato dall'accusa, la forchetta sarebbe stata lasciata inserita di proposito per evitare blocchi del freno di emergenza, visto che la funivia si era già fermata il giorno prima obbligando a interrompere il servizio.

 

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Così 14 persone hanno perso la vita, e un bimbo di 5 anni ha perso l'intera famiglia. Riprende Anselmi: «Purtroppo non è una novità che, come nelle macchine industriali, vengano disattivati i sensori per aumentare la produzione. È impossibile che una funivia, benché costruita 50 anni fa, dopo collaudi e aggiornamenti, fosse sprovvista di sensori. La responsabilità umana è evidente». 

 

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Chiara Bazzanella

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