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«PRIME DA COLLEZIONE»

Chernobyl spaventa Verona: il rifugio antiatomico nel condominio

Quasi 40 anni fa il disastro della centrale in Ucraina che causerà, tra esplosione e tumori, migliaia di vittime. In città finiscono al bando latte fresco e verdure. Si diffonde la «psicosi» della nube radioattiva
Rifugio antiatomico nel condominio. A Verona il primo d’Italia: un posto costava tre milioni di lire
Rifugio antiatomico nel condominio. A Verona il primo d’Italia: un posto costava tre milioni di lire
Verona e la catastrofe nucleare di Chernobyl

 «Catastrofe nucleare in Ucraina. Allarme atomico in Scandinavia». Il 29 aprile 1986 con questo titolo L’Arena annuncia il più grave incidente nucleare della storia: l’esplosione del reattore numero 4 della centrale di Chernobyl, in Ucraina, che scosse l’Europa e il mondo sprigionando nell’atmosfera tonnellate di scorie radioattive.

Tutto accadde nella notte tra il 25 e il 26 aprile durante un test di sicurezza. Il disastro ha causato nell’immediato la morte di 65 persone e migliaia di 4mila casi di tumore tra la popolazione. Il bilancio parla alla fine di 4mila morti fra le circa 600mila persone più esposte alle radiazioni, che si propagarono in tutta l’Ucraina, in Bielorussia e nel Vecchio Continente.

Secondo stime il reattore ha immesso nell’atmosfera radioattività 200 volte maggiore di quella provocata dalle due bombe atomiche lanciate dagli Usa nel 1945 sul Giappone. Quello che resta è racchiuso in una gigantesca cupola d’acciaio, uno scudo protettivo da 36mila tonnellate. La prima pagina de L’Arena del 29 aprile oggi è una delle «Prime da collezione» scelte per raccontare in 40 puntate la storia di Verona, dell’Italia e del mondo.

Divieti alimentari e psicosi a Verona

Nei giorni seguenti, mentre la Russia cerca di minimizzare il numero delle vittime ma chiede aiuto a Svezia, Germania Federale e Francia, mezza Europa è in allarme per i venti radioattivi e il 3 maggio in Italia scatta l’emergenza alimentare. Il ministero della Sanità ordina il divieto per 15 giorni di somministrare latte fresco ai bimbi sotto i dieci anni e alle donne in gravidanza. Bloccata la vendita di verdure fresche a foglia, cavoli, lattuga, spinaci, carciofi.

Effetto dirompente

L’ordinanza, scrive L’Arena, «ha avuto in città un effetto quasi dirompente». «Nube radioattiva, Verona è preoccupata», è il titolo: «In piazza Erbe si fa notare che non è stata venduta né una foglia d’insalata e neppure una fragola». L’impatto psicologico che è derivato dalle notizie sulle precauzioni da osservare per alcuni tipi di prodotti è evidente, nota il giornale. Le patate vanno a ruba. «In piazza la verdura viene comunque coperta con dei teli».

Problemi, in città, anche per il latte fresco: bimbi e donne in gravidanza possono consumare quello in polvere, condensato, a lunga conservazione o sterilizzato. Nelle latterie veronesi quello fresco rimane invenduto. Nei supermercati invece code di persone fanno incetta di latte in scatola.

Il condominio con il rifugio antiatomico

Mentre il «pericolo numero uno è la psicosi radioattività», scrive il giornale, c’è chi («fortunato») possiede un rifugio antiatomico. In Borgo Milano è stato realizzato infatti il primo esempio di tale protezione condominiale in Italia: è al piano interrato di un complesso residenziale polifunzionale. I 58 appartamenti che lo compongono vengono consegnati in quei giorni. «Non pensavo certo che servissero al loro scopo specifico», racconta il titolare dell’impresa edile.

L’acquisto del posto nel rifugio non era obbligatorio, però tutti, insieme con l’appartamento, dato che i soldi da aggiungere non erano molti (sei milioni per due posti) hanno preferito comprarselo». Il rifugio comprende 250 posti letto completi di materassi: «Vi sono le più sofisticate attrezzature di rilevamento della radioattività come i contatori geiger». La struttura è di circa 500 metri quadrati. La parte abitativa è provvista di un impianto di filtraggio con possibilità di funzionamento elettrico e manuale. Un condomino però racconta: «Quando ho acquistato il posto non ho pensato a Chernobyl. Per salvarmi penso che dovrò rifugiarmi nella casetta in montagna».

Il referendum e il «no» al nucleare

L’incidente di Chernobyl ha rappresentato la pietra tombale sul programma nucleare italiano. Dopo la tragedia e le sue ripercussioni nessun partito in Italia, a eccezione di quello repubblicano, osò schierarsi con i No al referendum sul nucleare, promossi dal Partito Radicale, consultazione che si è tenuta l’8 e il 9 aprile del 1987. L’esito referendario ha segnato la fine del nucleare italiano, ma non della ricerca, mentre il dibattito sull’energia atomica si è recente riaperto.

Oggi a Chernobyl, nel pieno della guerra in Ucraina esplosa a causa dell’invasione decisa dalla Russia, a preoccupare sono duemila tonnellate di combustibile esaurito, 20 mila elementi immagazzinati e immersi in una piscina la cui acqua, spiegano gli esperti, non può superare una temperatura di circa 20 gradi centigradi. Mentre il mondo segue con ansia le sorti e la tutela della centrale di Zaporizhzhia, molto più grande di quella di Chernobyl, ora sotto il controllo dei militari russi. Venerdì il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel 38° anniversario del disastro, ha avvertito: «Le radiazioni non hanno confini né bandiere nazionali». Un incubo che ancora incombe.

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