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Allarme citrobacter I dubbi e le risposte sul batterio killer

di Camilla Ferro
L’ingresso della Terapia intensiva neonatale all’ospedale di Borgo Trento, il reparto è stato momentaneamente chiuso dopo la perizia sulla vicenda di Nina FOTOSERVIZIO  MARCHIORILa mamma di Nina, Francesca Frezza, col fratello Matteo, avvocato
L’ingresso della Terapia intensiva neonatale all’ospedale di Borgo Trento, il reparto è stato momentaneamente chiuso dopo la perizia sulla vicenda di Nina FOTOSERVIZIO MARCHIORILa mamma di Nina, Francesca Frezza, col fratello Matteo, avvocato
L’ingresso della Terapia intensiva neonatale all’ospedale di Borgo Trento, il reparto è stato momentaneamente chiuso dopo la perizia sulla vicenda di Nina FOTOSERVIZIO  MARCHIORILa mamma di Nina, Francesca Frezza, col fratello Matteo, avvocato
L’ingresso della Terapia intensiva neonatale all’ospedale di Borgo Trento, il reparto è stato momentaneamente chiuso dopo la perizia sulla vicenda di Nina FOTOSERVIZIO MARCHIORILa mamma di Nina, Francesca Frezza, col fratello Matteo, avvocato

Il caso del Citrobacter nella maternità di Borgo Trento continua a crescere. Secondo Francesca Frezza, la battagliera mamma di Nina che con un esposto in Procura ha chiesto alla magistratura di fare luce «non solo sulla morte della mia bambina ma anche su quella di altri neonati dal 2018 a oggi», la situazione non riguarderebbe «solo» 12 famiglie come riconosciuto dalla stessa Azienda Ospedaliera «ma, tra decessi e bimbi rimasti gravemente handicappati, i casi sarebbero già diventati 23. Ci siamo trovate tra mamme, nessuna sapeva dell’esistenza delle altre, la storia di Nina ha fatto da collante: quando hanno letto sul giornale la mia denuncia, hanno trovato la forza di esporsi. Non è un caso, non sono due, nemmeno tre: quel batterio ha colpito tante creature e da tanto tempo. L’altro giorno ci siamo trovate a quattr’occhi, c’erano anche alcuni papà. E’ stato uno strazio». I CASI. Il direttore generale dell’Aoui ha ufficialmente dichiarato che «in maggio abbiamo avuto 12 piccoli pazienti in contemporanea con il batterio, di cui uno solo infetto, gli altri colonizzati. Di fronte a questa microepidemia abbiamo deciso di chiudere il Punto nascite, la Terapia intensiva neonatale e quella pediatrica». Francesco Cobello, il manager a capo dell’Azienda, andando a ritroso nel tempo, ha datato «il primo caso di morte a fine 2018. Nonostante tutti gli interventi di sanificazione realizzati continuativamente dentro i reparti, non siamo riusciti a debellare il batterio, non sappiamo dove sia, non abbiamo trovato il “baco“ e allora trasferiamo nella spina centrale dell’ospedale la Tin e la Tip per i piccoli ancora ricoverati fino a portarli a dimissione, mentre per i parti indirizziamo in altre strutture le gestanti. Chiudiamo proprio per arrivare a risolvere definitivamente il problema». Secondo invece Matteo Frezza, l’avvocato di Francesca, «i numeri sarebbero più alti e la scelta di svuotare la maternità è stata presa troppo tardi: Nina è nata sana nell’Aprile del 2019 e dopo una settimana ha avuto la sepsi da Citrobacter, come confermato dalla perizia medico legale del Ctu della Procura di Genova, dove la piccola è morta in novembre. In luglio dello stesso anno c’è stata un’altra vittima e poi nel 2020 un’altra ancora. Per non dire dei bimbi sopravvissuti ma con gravi handicap neurologici. Ci risultano in tutto 23 casi». LE ISPEZIONI. Nella relazione che l’Azienda ospedaliera ha inviato alla Regione Veneto e questa poi al Ministero della Salute (che ha giudicato «altamente probabile l’invio dei Nas all’ospedale della Donna e del Bambino di Verona) sono confermati «da novembre 2018 ad oggi 3 pazienti deceduti (uno nel 2018, uno nel 2019 e uno nel 2020); 4 pazienti con esiti neurologici (due nel 2019 e due nel 2020); vari pazienti colonizzati asintomatici senza conseguenze». Proprio per far luce sull’intera vicenda, la stessa Aoui ha nominato una commissione di tre esperti chiamati da fuori Ulss, già al lavoro da alcuni giorni, su cartelle cliniche, valutazione degli interventi di sanificazione in questi due anni, protocolli adottati, tamponi sul personale. Dal canto suo, anche il presidente del Veneto Luca Zaia, nell’ottica della massima trasparenza e oggettività, ha deciso si nominare una seconda equipe di professionisti, di emanazione regionale, «per capire cosa sia successo. Questa storia va avanti da tempo, dal 2018, troppo avanti. Qua a Venezia ne siamo venuti a conoscenza solo una settimana fa». LE DENUNCE. La magistratura ligure ha aperto un fascicolo sulla morte di Nina nel Novembre 2019. L’autopsia eseguita sul corpo della bimba, il cui esito è stato reso noto dalla stessa mamma la scorsa settimana, conferma che «Nina è nata prematura ma sana e che ha contratto il Citrobacter in culla cioè in ambito assistenziale nosocomiale», sottolinea il legale, «cioè per carenze igienico-sanitarie». Anche il Procuratore capo di Verona Angela Barbaglio, ricevuto l’esposto della mamma, ha subito dichiarato che «i sospetti che stanno emergendo sono gravi e pesanti». Dubbi non ne ha, invece, l’avvocato Frezza: «Ripeto, tra piccoli deceduti e gravemente ammalati, i casi di cui siamo a conoscenza sono 23, e tutti i genitori hanno raccontato la stessa storia: figli nati in salute, prima del termine, ma integri. I guai sono arrivati in Tin: per alcuni, come Nina, è stata la fine di tutto, per altri l’inizio di una vita da disabili gravi». •

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