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Il fenomeno

Sballo tra i giovani, battaglia invisibile. «Chi cede alcol a un minore ne risponde»

L’età dello «sballo» è sempre più anticipata. La legge è chiara ma si può aggirare. L’Ulss 9: «Serve una rete, tra famiglie e società»
Giovani e sballo
Giovani e sballo
Giovani e sballo
Giovani e sballo

Bere, fino stordirsi. Farlo a 13 anni o magari appena undicenni. E stare male, al punto di essere soccorsi in ospedale. «Fenomeno che non regredisce, purtroppo presente e ad un livello che preoccupa», conferma Luigi Altamura, comandante della Polizia locale. È reduce da un incontro di confronto e aggiornamento sul tema, proprio con i medici di Pronto soccorso.

 

Le mail dei genitori

«A inquietare, soprattutto, è l’età, in netto calo». I controlli sono costanti, estesi a locali ed esercizi commerciali, «anche con personale in borghese, le sanzioni non sono mancate, dal centro ai luoghi di ritrovo della periferia». Ma è come combattere una delle cosiddette guerre «a bassa intensità», in cui più che lo schieramento di truppe conta l’«intelligence», il colpo mirato. «La vera differenza la fanno le segnalazioni dirette. Ho nel mio computer un’ampia raccolta di email inviate da genitori i quali hanno visto rientrare il proprio figlio/a in condizioni penose. E che chiedono di intervenire, fornendo riferimenti precisi. Di lì si parte, con un’azione di contrasto che si aggiunge all’ordinario», spiega il comandante.

La Polizia locale ha un canale dedicato per questo genere di comunicazioni. «È così che si può spuntare il risultato. Alle famiglie lancio un appello: “Segnalate“». Precisa: «Va dato atto alle associazioni di categoria, Confcommercio e Confesercenti su tutte, per l’essere costantemente al nostro fianco in questa battaglia per il rispetto delle regole».

 

Il divieto di vendita di alcolici

Vendere o somministrare alcol ad un minore di 16 anni, oltre che la violazione di un divieto (la legge è del 2012, ndr), rappresenta un reato; da quell’età ai 18 configura solamente un illecito amministrativo, sia pure con sanzione dai 250 ai mille euro. Ma lo «sballo» non avviene solo negli esercizi pubblici. Gli scaffali dei supermercati restano accessibili, ed abbondano di vodka aromatizzata ed altre bevande ad alta gradazione, da mischiare a piacere. E basta mandare avanti il maggiorenne della compagnia per non avere problemi di rifornimento.

Altamura chiarisce: «Chiunque venda o somministri alcol ad un minore ne è responsabile, si tratti di barista o cassiere di un punto vendita. Dovrebbe entrare in gioco, comunque, la sensibilità civile del singolo operatore, dei direttori dell’esercizio». I controlli si estendono, spiega il comandante della Polizia locale, anche ai locali etnici, in qualche caso usati come terreno neutro, meno «sotto tiro». «La realtà», ribadisce, «sta nei tre milioni di morti legati all’alcol che si contano ogni anno nei paesi dell’Unione Europea».

 

La strategia vincente è fare rete

«Ci sono tavoli di confronto sul tema che entro l’anno saranno operativi, anche in collaborazione con il Servizio per le dipendenze», commenta Fabrizio Cestaro, direttore del dipartimento Prevenzione dell’Ulss 9 Scaligera. «Le risorse mancano, purtroppo. E l’unica strategia possibile sta nel fare rete, con associazioni, scuole, gruppi sportivi e famiglie. Impegnarsi nel proporre ai ragazzi modelli diversi». Aggiunge: «Il Covid ha sicuramente esasperato alcune criticità. Si dovrà lavorare per intercettare i disagi, puntando sul contatto umano, individuale». Non è semplice. Sarà pure a «bassa intensità» ma guerra è.

Paolo Mozzo

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