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Parla l'esperto

«La caduta del tronco? Vi spiego perché è colpa anche del clima. Ma serve più manutenzione»

Dopo l'episodio accaduto in Bra, parla l'esperto
Ramo caduto in bra (vaccari)

Maledetto cambiamento climatico. Anche il crollo dei rami è colpa sua. (Non tutta, per la verità). Quello che è accaduto in piazza Bra è figlio, anche, di una politica ambientale miope, di qualche addetto al verde non troppo esperto (nella migliore delle ipotesi) e di poca conoscenza degli alberi e delle loro dinamiche. Da parte di tutti.


Gli anelli e le legature degli alberi

«Quello che balza subito all’occhio è che la rottura è avvenuta in un gomito del ramo: la pioggia dei giorni scorsi ha appesantito le branchie, ovvero i rami principali, causando la rottura», spiega Nicola Bussola, arboricoltore ed esperto di lunga data di verde. Ma il cima che c’entra con il gomito? È una questione di sostanza, in senso vegetale.

«D’inverno, con il differenziale di temperature rispetto all’estate, l’albero genera anelli più piccoli e rafforza la struttura a livello meccanico. Con gli inverni miti degli ultimi anni questo processo avviene in modo meno significativo». Detta così si può far poco. Invece no: «Un esperto può accorgersi delle differenze e nota quelli che potenzialmente sono i punti critici, come i gomiti dei rami», spiega Bussola. «E può intervenire, per esempio con delle legature apposite che distribuiscono il peso del ramo». Una situazione straordinaria, dunque, che però potenzialmente non è l’unica. «Ci sono decine di situazioni di rischio in città», conferma Bussola. «Ma il rischio di incidenti è molto basso, nell’ordine di uno su dodici milioni».


Come monitorare lo stato di salute degli alberi

Detta così c’è da stare piuttosto tranquilli. Ma, è possibile intervenire in qualche modo. E come? Le alternative non sono molte: «Bisogna investire».
A cominciare già dal povero albero monco. «I cedri, come tutte le conifere, non hanno gemme derivate, vegetano solo in punta. Gli alberi vivono di fotosintesi: con il crollo di quel ramo stimo che l’albero di piazza Bra possa aver perso fino al 15 per cento della sua capacità. Per raggiungere l’equilibrio tra massa ed energia deve produrre gemme su altri rami. Quindi, nei prossimi quattro o cinque anni, l’albero andrebbe tenuto sotto osservazione e potato regolarmente, non eccessivamente in modo da garantirne la crescita, ma tale da evitare l’appesantimento di altri rami». Con conseguenze che sono facilmente immaginabili.

Ramo caduto in Bra (Vaccari/Cozzolino/Marchiori)

E chi dovrebbe fare tutto ciò? Non è un problema secondario. «Finora si è investito poco nella manutenzione del verde. L’Amia non può occuparsi di tutto e bisogna fare in modo che le imprese esterne chiamate a intervenire si affidino a esperti». In sostanza, non basta potare, ma bisogna togliere la quantità giusta nei punti più utili e con in modo da non danneggiare l’intera pianta. E per far questo serve un occhio esperto. «A volte si pensa che un taglio sbagliato causi un effetto immediato. In realtà, dalla perdita della parziale capacità di fotosintesi al successivo danneggiamento delle radici e alla morte, possono passare anche sette o otto anni», spiega Bussola.
Ben venga, nel frattempo, il censimento del verde pensato dal Comune. Ma basterà? «L’ideale sarebbe creare una Consulta del verde a cui potrebbero partecipare esperti del settore e addetti ai lavori. Sarebbe un modo per aiutare il Comune a prendere le giuste decisioni».
Perché per lottare al meglio contro il cambiamento climatico, è bene avere la testa sgombra. Anche dai rami.

Roberto Vacchini

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