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Aggredito dalla baby gang Nel mirino il suo cellulare

Il video Un’immagine tratta dal video di un pestaggio in strada
Il video Un’immagine tratta dal video di un pestaggio in strada
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Volevano il suo cellulare. L’hanno accerchiato in otto, aggredito e colpito. Ad evitare il peggio, grazie alla chiamata al «113» da parte di un amico della vittima, sono arrivate nell’area di piazza dell’Arsenale le Volanti della Questura. Tre ragazzi, tutti minorenni sono stati bloccati: uno di loro, è stato condotto nel carcere minorile di Treviso, in attesa dell’udienza di convalida. Il sostituto procuratore della Repubblica al Tribunale dei Minori di Venezia ha poi disposto, nei suoi confronti, il collocamento in una comunità. A carico degli altri due pende una denuncia. Aggressione Il copione dell’ultima tentata rapina, questa la fattispecie del reato, sembra una replica di altri già andati in scena negli ultimi mesi. Un giovane cammina nell’area pedonale, viene avvicinato da un gruppo da cui arriva l’ordine, in tono minaccioso, di consegnare il cellulare. Sono le 18, non fa ancora buio e la zona è frequentata. La vittima non cede, prova ad allontanarsi in direzione del vicino Ponte di Castelvecchio: uno dei ragazzi-aggressori lo blocca con una presa al collo, tentando di strappargli la borsa portata a tracolla. Un altro lo colpisce con un pugno al volto. Tutti gli altri intorno fanno il coro, sollecitando l’aggredito a consegnare quanto richiesto. Il finale lo scrivono, tempestivamente, gli agenti della Questura, fermando tre degli otto componenti il gruppo e sventando la rapina. Fenomeno Non sembra probabile che l’episodio sia connesso agli altri due avvenuti, di recente, nelle vie Cantarane e Valverde, ai danni di una donna e un uomo, in entrambi i casi con la pretesa di consegna dei cellulari. Gli arresti e le accuse, allo stato attuale delle indagini, riguardano rispettivamente un ventenne e due fratelli, ultratrentenni. Ma l’aggressione in piazza dell’Arsenale riporta in scena i giovanissimi, minorenni. «Baby gang», come si usa dire? Il termine, anche nelle parole del comandante della Polizia locale, Luigi Altamura, era stato bollato come «improprio». Gli episodi, sia pure ricorrenti, indicano semmai, aveva ribadito illustrando i dati dell’attività 2021-2022, «un comportamento trasgressivo, spesso violento, di gruppi di ragazzi anche di età inferiore ai 14 anni». «I reati, dove esistano, vengono perseguiti», aveva ribadito. Il problema, di fatto, presenta due facce: una legata all’ordine pubblico, l’altra al disagio sociale. Interventi La linea dell’amministrazione comunale, su un tema che solleva da mesi un dibattito serrato e un certo grado di allarme sociale, appare orientata decisamente verso l’individuazione delle cause del problema e verso interventi di prevenzione. «Ferma restando», spiegava di recente l’assessora alla Sicurezza, Stefania Zivelonghi, «la repressione degli episodi che configurino un reato». Difficile capire, in tale contesto, la reale entità del problema: fenomeno o serie di episodi in sequenza senza un filo conduttore? L’unico dato relativamente assodato sembra legato alla geografia, ormai estesa. Zone come Veronetta, Borgo Roma, piazza Pradaval e le vie intorno e dietro il Liston della Bra, nel gergo poliziesco da sempre «attenzionate», vengono ora surclassate da episodi che coinvolgono rioni «ex tranquilli». Santa Croce (aggressione recente) o Valdonega (disturbo e comportamenti alla guida pericolosi). Ma la mappa, spiegano gli addetti ai lavori, potrebbe allargarsi. Ricerca Uno studio, «Transcrime», parto dell’università Cattolica di Milano in collaborazione con i ministeri dell’Interno e della Giustizia, condensa il fenomeno in alcune decine di pagine. «Conoscitive», perché l’argomento, in Italia, non ha alle spalle la medesima letteratura degli Stati Uniti, patria d’origine del termine «baby gang». L’identikit più plausibile, nella maggior parte dei casi, sembra essere legato «all’attività di gruppi privi di una struttura definita, prevalentemente dediti ad attività violente o devianti». Insomma, ragazzini che spaccano, picchiano, rubano ma senza avere, nei fatti e per la legge, lo «status» di «organizzazione criminale». Un’anziana professoressa, ormai in pensione, offre una riflessione. «Questi due anni hanno pesato. Gli adulti hanno, bene o male, retto l’urto, lavorando da casa o in ufficio. I ragazzi sono rimasti soli, dietro gli schermi e senza più amici. Noi non ne siamo usciti migliori, loro hanno pagato il prezzo più alto», afferma. «Non è una giustificazione», precisa, «ma ciò che è stato». Fenomeno o episodi? Servono risposte e fatti. La Polizia può fermare i reati, non curare i mali nascosti.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Paolo Mozzo

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