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Zimella, il record di Raimondi

L'incidente, la rinascita, l'amore: «Stefano, il nostro campione»

Viaggio nel mondo di Stefano Raimondi, fresco recordman mondiale dei 200 farfalla
Stefano Raimondi con Giulia, Michela e Francesca
Stefano Raimondi con Giulia, Michela e Francesca
STEFANO RAIMONDI

«Stefano è il mio campione». Non usa mezzi termini Francesca Zeba, 20 anni, la prima e la più appassionata tifosa di Stefano Raimondi per descrivere il rapporto che ha con il nuotatore veronese, che ha appena centrato il record del mondo nei 200 farfalla. Francesca, affetta da sindrome di down, abita a Bonaldo di Zimella, il paese del campione paralimpico. Non si perde una sua gara e lo attende sempre a casa per chiacchierare e pranzare con lui quando rientra da una competizione. Lui, dotato di grande delicatezza, sensibilità e gentilezza, la coccola come una sorella. Si siede sul divano e le racconta i piccoli e grandi fatti della sua quotidianità. «Sono cose nostre, che non si possono raccontare», sussurra Francesca.

 

La Zia

In un'intervista durante le Paralimpiadi di Tokyo, Raimondi scelse di salutare una sola persona dopo una delle numerose gare che disputò. E fu proprio Francesca, che sentì pronunciare il suo nome in diretta mondiale. Per lei fu un tuffo al cuore e una gioia incontenibile. Dai mondiali di Londra del 2019, in cui Raimondi portò a casa tre ori e cinque argenti, Francesca è diventata la sua «portamedaglie». «Quando torna a Bonaldo me le fa indossare», rivela Francesca.
«È riuscita a portare al collo tutte e nove le medaglie conquistate da Stefano agli europei di Madeira», riferisce zia Patrizia. «Stefano è il nostro grande orgoglio», racconta. «Lo conosciamo fin da bambino e abbiamo sempre creduto in lui. La sua forza sono l’umiltà e la riservatezza. Potrebbe utilizzare la sua immagine per fare qualsiasi cosa voglia, ma a lui interessa nuotare. E restare il ragazzone tranquillo e garbato di sempre», continua Patrizia.
«La sua mamma è solita raccontare che mise in acqua Stefano per vincere la propria paura di nuotare. Io, quando lo seguo durante una gara, quasi affogo dall’emozione», confessa Patrizia.

 

Il fans club

La famiglia Zeba è il motore del fans club bonaldino del campione. È composto da una decina di persone che soffrono e gioiscono per ogni sua bracciata in vasca. «Per fargli una sorpresa, al rientro dai mondiali, abbiamo tappezzato il paese di striscioni che celebravano le sue vittorie», rammenta Patrizia. «Inoltre abbiamo sviluppato, in accordo con Stefano, la sua pagina su Facebook».
La sorella maggiore di Francesca, Michela, è stata compagna di Raimondi sia all'asilo che alle elementari. «Io e lui, da bambini, eravamo inseparabili», racconta Michela. «A scuola le maestre ci lasciavano raramente vicini di banco perché trascorrevamo la mattinata a chiacchierare. Stefano è sempre stato molto posato e diligente a scuola. Avevamo delle maestre dolci e pazienti: Claudia, di italiano, e la meravigliosa maestra Martina, di matematica».
Finita la scuola, i pomeriggi di Stefano e Michela proseguivano in casa di uno o dell’altra a ridere e a giocare. «Ci piaceva giocare all’aperto, con la terra e con l’erba. Formavamo un fantastico trio con Kevin Bressan».
Ancora oggi, quando ha un po’ di tempo, Raimondi incontra gli amici d’infanzia. «Mi trasmette una calma e una serenità incredibili: ha un bel carattere», rivela Michela. Intuendo che il ragazzo era promettente, i genitori Maristea e Umberto iscrissero Stefano all’educandato San Benedetto di Montagnana (Padova) per permettergli di nuotare tutti i pomeriggi. Ed è lì che conobbe Alberto Carpi. «Abbiamo frequentato le medie e i primi due anni di superiori assieme, a Montagnana», esordisce Alberto. «Dopo la mensa, andavamo a piedi in piscina. Io nuotavo già da qualche anno, ma mi accorsi subito che Stefano aveva qualcosa di speciale. Ero sorpreso e affascinato dalla sua bravura». Tra un allenamento e una gara, Raimondi cominciò ad ottenere ottimi risultati, non solo a livello provinciale e regionale.

 

L'incidente

Faceva già parte della nazionale giovanile quando, il 19 agosto 2013, finì con lo scooter sotto un camion ad Albaredo, e la sua gamba sinistra venne aperta come una scatola di sardine. «Per noi, suoi amici, fu uno choc tremendo», ricorda Alberto. «Stefano era ricoverato a Borgo Trento ma non potevamo andare a trovarlo. Arrivavano notizie frammentarie, alcune molto brutte (si parlò perfino di amputazione della gamba, ndr): non potevamo crederci». Pur di vederlo e di parlare con lui, gli amici si collegavano via Skype. Alberto, in realtà, non ha mai pensato neppure per un minuto che Stefano avrebbe abbandonato il nuoto. «Per me Stefano e la piscina sono un binomio inscindibile. Sono felicissimo dei risultati che ha ottenuto e ogni sua medaglia mi rende fiero, perché amo lo sport e mi ritengo fortunato di essere amico di un campione come lui», conclude Alberto.

 

La rinascita, l'amore

Chissà se un giorno il Comune dedicherà una targa nella piazza di Bonaldo a Stefano Raimondi, che ha fatto conoscere la frazione di Zimella al mondo. Magari un monumento al «delfino» esempio di resilienza, che ora vive con la fidanzata Giulia Terzi, paralimpica e pluripremiata pure lei, ad Arzago d’Adda (Bg) che un po’ ricorda Bonaldo. A Milano, dove si allena, lo segue il tecnico Giuseppe Longinotti; vuole battere gli avversari di sempre e mettere altri record nel suo palmares, insieme al 2’06”66 nei 200 farfalla (S10) crono, firmato alle World Series di Lignano Sabbiadoro, gara che non è nel programma di Paralimpiadi o mondiali, ma il crono era dal 2016 che resisteva agli assalti. «Tutta l’amministrazione e il paese sono orgogliosi di questo ragazzo che ci ha abituati bene, portando il nome di Bonaldo di Zimella in giro per il mondo. Dei nostri riconoscimenti ha la casa piena, merita qualcosa di più, un premio anche per la famiglia per il valore morale», dice la sindaca Sonia Biasin.
La diretta streaming del record nella farfalla, lo stile per il quale Stefano ha un debole, Maristea e Umberto se lo sono persi per gli impegni del lavoro. «Ci aveva detto che non era in forma, che la manifestazione era solo un test, e guarda che scherzo ci ha fatto», dice la mamma. Prima di raggiungere Lignano, presenti quasi 300 atleti di 44 nazioni, Stefano ha fatto scorpacciata dei piatti di Maristea, brava in cucina ma soprattutto nell’aver dosato le parole dopo quel brutto incidente che ha interrotto la promettente carriera sportiva.
Era l’agosto 2013: gamba sinistra maciullata da un camion dopo una caduta in motorino. La forza morale della famiglia insieme al nuoto hanno avuto la meglio sulla disperazione: fondamentali durante il ricovero al Reparto Grandi Ustionati di Borgo Trento. Maristea ha ricacciato indietro le lacrime mostrandosi fiduciosa, il tecnico Giancarlo Scarmagnani lo ha convinto a tornare in vasca.
«Aveva da poco vinto il bronzo nei 400 misti (primo anno categoria Ragazzi) e con la Nazionale giovanile era salito tre volte sul podio alla Coppa Comen; ad agosto ricevetti la chiamata disperata, mi dicevano che per l’incidente poteva perdere la gamba sinistra; quando in ospedale ha esibito le cicatrici, ero certo che l’avrei rivisto in vasca; a novembre era pronto per gareggiare e ai Criteria è tornato sul podio», racconta Scarmagnani che lo allenava a Montagnana dove Raimondi studiava. Per quel pezzetto di gamba che gli mancava, si è convinto a entrare nel team paralimpico di Marcello Rigamonti al Centro federale Castagnetti. A Tokyo e Funchal ha fatto incetta di medaglie. E don Pietro non smette di far suonare le campane; ora è in pellegrinaggio da Assisi a Cascia, gli è giunta comunque la voce del successo del suo pupillo. L’altra svolta della sua vita è con la Nazionale del dt Riccardo Vernole: qui scocca la scintilla con Giulia Terzi, con cui condividere successi e fallimenti, le gioie e i dolori anche fuori della vasca. Per lei si è trasferito nel bergamasco. «Mi fratello ha la qualità di emozionarci», dice Chiara. «In paese per tutti io sono “la sorella di”, e ne vado fiera. La sua vita da globe-trotter è iniziata alle scuole medie, gli amici ormai sono quelli della Nazionale ma quando torna, con Leonardo mio fratello gemello, raduniamo quelli dell’infanzia e facciamo baldoria».

Paola Bosaro e Anna Perlini

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