<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Caporalato, il nodo degli imprenditori

I carabinieri durante il blitz
I carabinieri durante il blitz
I carabinieri durante il blitz
I carabinieri durante il blitz

C’è il nodo imprenditori da risolvere nell’inchiesta «Polvere di stelle»: sono nove titolari di aziende agricole iscritti nel registro degli indagati, ma loro rispediscono le accuse al mittente. Lorenzo Fidora, 58 anni, vice presidente di Confagricoltura Padova, Roberto Recchia, 69 anni, Matteo Foladori, 33, Lucio Cipriani, 49, Paolo e Giacomo Accordini, 30 e 33, Luca e Marco Boschetti, 42 e 55, Giuseppe Arzenton, 50, si difendono, sostenendo che ignoravano il trattamento economico vessatorio subito dal personale collocato dalla cooperativa Tre Stelle di Cologna Veneta. Per il pm Maria Beatrice Zanotti, imprenditori e promotori della cooperativa avrebbero sfruttato i lavoratori «approfittando del loro stato di bisogno», riporta il capo d’imputazione. Ma gli imprenditori sono pronti a dimostrare la loro innocenza nell’eventuale processo a loro carico, affermando di aver pagato la cooperativa per la prestazione del personale fornito ma di non sapere niente sulle condizioni con le quali questi lavoratori erano trattati sia a livello economico che contrattuale con l’impiego fino a 12 ore al giorno. Si tratta di uno degli ultimi nodi da sciogliere nell’indagine «Polvere di stelle»che si sta avviando verso la conclusione. Sono 15 le persone finite sotto inchiesta con l’accusa oltre che di aver sfruttato il lavoro di 48 stranieri, anche di favoreggiamento alla loro permanenza illegale in Italia e occupazione di cittadini privi del permesso di soggiorno. Il tutto sotto l’ombrello della cooperativa «Tre Stelle» con sede a Cologna Veneta, da qui il nome dell’operazione dei carabinieri «Polvere di stelle». Il regista di questo sfruttamento, Said El Maaroufi, 49 anni, titolare della società. avrebbe messo in piedi insieme ai figli questa organizzazione che dal 2016 al giorno del suo arresto, avvenutoil 25 novembre scorso, avrebbe gestito una cinquantina di stranieri destinati a lavorare «in affitto» in alcune imprese agricole del Veronese. Tra gli indagati, c’è anche Bledar Lala, 38 anni, finito ai domiciliari il 25 novembre scorso. I suoi legali, gli avvocati Michele Rosa e Gualtiero Mazzi, però, hanno ottenuto l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare dal tribunale del riesame. L’albanese è considerato dall’accusa il garante della corretta esecuzione dei lavori effettuati dai lavoratori, ingaggiati dagli imprenditori. Era, quindi, considerato uno dei bracci esecutivi di El Maaroufi. I difensori, però, hanno convinto i giudici che non c’era alcun legame professionale tra il loro assistito e El Maaroufi. Il tribunale del riesame ha, invece, respinto la richiesta di scarcerazione della vicentina Gianna Maria Pastorani, considerata dall’accusa la consulente del lavoro dell’organizzazione, pur non essendo iscritta all’ordine professionale. Era lei a parere degli investigatori dei carabinieri, a «elaborare sistematicamente false buste paga ». •

G.CH.

Suggerimenti