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albaredo

Uno scheletro di donna, un pettinino, una pira: necropoli dell’Età del bronzo scoperta in riva all’Adige

È affiorata dagli scavi sotto l’argine sinistro del fiume per realizzare una nuova lottizzazione
Un archeologo impegnato nella campagna di scavi in corso sotto l’argine sinistro dell’Adige DIENNE FOTO
Un archeologo impegnato nella campagna di scavi in corso sotto l’argine sinistro dell’Adige DIENNE FOTO
La necropoli di Albaredo (Diennefoto)

Sorpresa ad Albaredo: una nuova necropoli emerge sotto l'argine sinistro dell'Adige. La cittadina della Bassa veronese non smette di affascinare archeologi e studiosi per la ricchezza e la quantità di reperti di antiche civiltà che si celano nel suo sottosuolo.

L'ultima scoperta ha suscitato emozione e interesse sia tra gli addetti ai lavori che fra i residenti perché da tempo non venivano alla luce ritrovamenti così interessanti nel territorio.

Nuova lottizzazione

A dare agli archeologi la possibilità di studiare meglio gli antenati degli albaretani è stata, come accade sovente, l'autorizzazione del Comune a realizzare una nuova lottizzazione, a poca distanza dal centro del paese.

Nel caso della necropoli di Desmontà, erano stati i lavori per la nuova zona artigianale di Albaredo a consentire la scoperta di uno dei cimiteri preistorici più grandi del Nord Italia, con ben 440 tombe dell'Età del Bronzo emerse in più di vent'anni di scavi. In questo caso, invece, si tratta di un futuro insediamento residenziale.

Prima di iniziare a gettare le fondamenta delle case, la società che sta costruendo i lotti ha dato incarico ad una ditta specializzata di compiere una bonifica archeologica dell'area. A febbraio sono stati effettuati i primi saggi dei terreni sotto l'argine ed è subito emerso un particolare molto interessante.

I ritrovamenti: lo scheletro di una giovane donna

A poche decine di centimetri dalla superficie ecco il primo ritrovamento. È stato disotterrato uno scheletro di giovane donna perfettamente conservato. Solo il cranio, in un punto, presentava una spaccatura dovuta non a morte violenta, ma ad un danno probabilmente provocato dal passaggio di un mezzo pesante.

Dai primi rilievi, lo scheletro sembra risalire all'Età del Bronzo, ma dovranno necessariamente essere eseguite ulteriori analisi per una datazione più precisa. Il corredo funebre della giovane donna era piuttosto scarno, ma non per questo meno significativo.

Al centro del petto erano stati deposti un ago per cucire, probabilmente il suo «ferro del mestiere», e un pettinino in osso, decorato con motivi a spirale. La spirale, com'è noto, è un simbolo molto importante nella storia dell'uomo. Indica la creazione, il cosmo, il sole, l'origine della vita. Anche il pettine, così come il corpo, era in ottimo stato di conservazione.

Il rinvenimento dello scheletro ha portato a pensare che vi fossero altre sepolture in zona. E i saggi successivi hanno dato ragione ai ricercatori. Sono emersi altri siti con resti di combustione e ossa umane bruciacchiate. Quasi certamente si trattava di luoghi dove erano state accese le pire funebri. Infine, sono stati trovati pozzetti votivi e pozzi di scarico materiali, tra cui uno più tardo rispetto ai precedenti, risalente all'Alto medioevo.

Una necropoli e un abitato

I tesori, però, non sono finiti. Nelle ultime settimane sono emersi, tra i cocci di ceramica e i residui di urne cinerarie, anche oggetti che fanno pensare ad una zona abitata, non solo utilizzata come cimitero. Tra di essi, una pietra circolare usata con ogni probabilità per affilare delle lame, e un umbone, ovvero la placca metallica circolare con la quale le antiche civiltà munivano la parte esterna e centrale dello scudo. L'umbone aveva la funzione di far rimbalzare e deviare le frecce ed altre armi a punta del nemico.

Inoltre serviva anche come strumento offensivo per respingere e colpire nella mischia i nemici. Anche l'umbone è finemente decorato con elementi circolari, punti e linee.

Serviranno esami approfonditi per collocarlo storicamente. Quello che emerge, però, è che la zona è stata abitata in tempi diversi da popolazioni che praticavano l'artigianato e si preparavano con armi raffinate a difendere il proprio villaggio.

Non è ancora possibile stabilire quanto sia ampia la necropoli, né quanto si estenda l'abitato. Serviranno nuove indagini archeologiche. Quello che conta è aver aggiunto un ulteriore tassello all'affascinante storia di una civiltà, quella albaretana, vissuta a stretto contatto con il fiume Adige, una civiltà vivace.

L'estensione della bonifica archeologica, qualora venisse finanziata, fornirà nuovi spunti di studio e ricerca.

Paola Bosaro

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