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Studenti alle prese con la depressione

L’edificio dell’istituto Ettore Bolisani a VillafrancaUna foto simbolica di un ragazzo affetto da depressione
L’edificio dell’istituto Ettore Bolisani a VillafrancaUna foto simbolica di un ragazzo affetto da depressione
L’edificio dell’istituto Ettore Bolisani a VillafrancaUna foto simbolica di un ragazzo affetto da depressione
L’edificio dell’istituto Ettore Bolisani a VillafrancaUna foto simbolica di un ragazzo affetto da depressione

Razzismo, omosessualità, mondo lgbt, droghe. Nessuno di questi argomenti ha convinto a pieno i ragazzi del triennio del Bolisani di Villafranca. In un questionario online i circa 300 ragazzi coinvolti hanno votato in maggioranza (molto ampia) e hanno deciso di discutere di depressione. Lo faranno il prossimo 19 aprile, dalle 10,30, ovviamente tutto da remoto davanti al computer. «Depressione. Dal tabù alla soluzione», così è stato chiamato l’incontro virtuale organizzato dai rappresentati d’istituto dopo una lunga discussione. Quello che emerge è la necessità di parlare di un argomento sentito. La situazione attuale, con scuole chiuse, didattica a distanza e limitazioni, non ha fatto altro che aumentare il disagio. Nella domanda sottoposta ai ragazzi, spiegano proprio i rappresentati, ognuno poteva aggiungere un argomento da trattare fino a quando, raggiunto un buon numero di proposte, l’elenco è stato chiuso. «C’erano tante questioni interessanti e tutte attualissime. Ma il tema della depressione», spiega uno degli organizzatori, e studente del Bolisani, Enzo Russo, «è stato il più cliccato. In un primo momento è partito un po’ lentamente, con poche votazioni. Poi, nell’arco di qualche giorno, ha spopolato». È nata così l’assemblea: una fotografia completa del periodo, e delle difficoltà, che i ragazzi stanno vivendo. Parteciperanno all’incontro, poco più di due ore in tutto, psicologi, psichiatri ed educatori. «Parlando con i miei coetanei», continua il rappresentante d’Istituto, «ho capito che questo è un tema molto vivo. So anche di persone che la depressione, in tutte le sue diverse forme, la stanno vivendo. Il problema», aggiunge, «è parlarne. Riuscire a discuterne. Quello che serve, anche in questo campo, è il coraggio. Capisco che non sia una cosa facile». E proprio per questo nel titolo dell’incontro c’è la parola «tabù». Una volta conclusi gli interventi dei relatori gli studenti, se lo vorranno in forma anonima, potranno fare delle domande. Saranno collegate 18 classi: tutto il triennio dell’Istituto. I ragazzi vivono sia in aula che fuori un momento particolare, quasi sospeso in un tempo parallelo, nell’attesa che tutto finisca. Ma nel frattempo qualcosa, inesorabilmente, si rompe. Come se la «nuova» quotidianità prendesse il posto di quella «vecchia» e la sostituisse. «Passiamo giornate tutte uguali», spiega ancora Russo, rappresentante insieme ai compagni Nicola Amadori e Claudia Bichis. E poi: «Ci alziamo, si fa colazione e si accende il computer. Si passa dal letto alla scrivania. Sempre in camera. È difficile ormai da accettare». E le cose, per ora, non sembrano poter cambiare per gli studenti della secondaria di secondo grado nemmeno dopo le vacanze di Pasqua. «Nei brevi periodi in cui possiamo ritornare in aula spesso accade di essere sovraccaricati di lavoro. Il problema è questa routine». Al Bolisani, così come in tanti altri istituti, c’è un servizio attivo per andare incontro a problematiche legate alla depressione e a disagi di diverso tipo. Quello che vogliono organizzare i ragazzi, però, è un percorso scollegato e autonomo che sia però di supporto. «Di certo il lockdown, da quello che sento dagli altri studenti, ha fatto aumentare questa sensazione di difficoltà. Le videochiamate aiutano, ma non bastano più». C’è poi un altro aspetto che i rappresentanti si augurano: una molla che possa scattare alla fine dell’incontro. «Speriamo», conclude infatti Russo, «che dopo aver parlato con i relatori, averli ascoltati e magari fatto qualche domanda quel coraggio di cui si parlava prima possa uscire. E che chi ha bisogno possa rivolgersi a uno specialista». •

Nicolò Vincenzi

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