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Non ripassa lo straniero, purtroppo

Commemorazione per i 150 anni della battaglia di CustozaIl «Tricolore di Oliosi», la bandiera fatta a pezzi nel 1866 (e successivamente ricomposta) per non dover essere consegnata agli Austriaci
Commemorazione per i 150 anni della battaglia di CustozaIl «Tricolore di Oliosi», la bandiera fatta a pezzi nel 1866 (e successivamente ricomposta) per non dover essere consegnata agli Austriaci
Commemorazione per i 150 anni della battaglia di CustozaIl «Tricolore di Oliosi», la bandiera fatta a pezzi nel 1866 (e successivamente ricomposta) per non dover essere consegnata agli Austriaci
Commemorazione per i 150 anni della battaglia di CustozaIl «Tricolore di Oliosi», la bandiera fatta a pezzi nel 1866 (e successivamente ricomposta) per non dover essere consegnata agli Austriaci

Sventola il Tricolore, ad Oliosi. È lo stendardo del nuovo Risorgimento che ricomporrà l’Italia disfatta dal virus. Stavolta, la frazione di Castelnuovo del Garda ha vinto la battaglia. Sarà stato un assedio, anziché una mischia in campo aperto, eppure, è stato il nemico, fiaccato dalla resistenza, ad arretrare. I compaesani hanno festeggiato la liberazione con un piatto di risotto che ha concluso la rievocazione della Terza guerra d’indipendenza - quando il Veneto fu annesso all’Italia - che si combattè tra Oliosi, appunto e Custoza, la frazione di Sommacampagna. «Tutti dalla Martina! Meglio, la metà. Anzi, meno», hanno raccomandato gli organizzatori. «Rispettiamo le regole sul contenimento dell’epidemia». Sebbene in ordine sparso, i presenti erano comunque un drappello. «C’ero anch’io», tranquillizza il sindaco di Castelnuovo del Garda Giovanni Dal Cero. Scusa non richiesta, accusa manifesta, incalziamo. «Siamo rimasti, e rimaniamo, distaccati», replica alla controparte l’avvocato - perché è un avvocato - Giovanni Dal Cero. Nossignore: stante il virus, l’udienza è rinviata. La Martina (Pezzini), piuttosto, è la titolare del bar «La Bandiera» - quando si dice, il caso - che aveva avviato, con entusiasmo, e sospeso, con rammarico, l’attività a ridosso del lockdown. «La solidarietà della popolazione nei confronti di Martina perché riprendesse il lavoro è stata coinvolgente», commenta il sindaco di Castelnuovo del Garda. Se così non fosse stato, la ragazza sarebbe una dei 500 che, fosse disposta un’altra serrata, (ri)presenterebbe in municipio le bollette di casa o del negozio da pagare. «Gli affitti, soprattutto. Siamo uno dei Comuni con il maggior ricambio di residenti, poiché in prevalenza stagionali, della provincia», aggiunge Dal Cero. «Ciò nonostante, ho denaro in cassa per affrontare, almeno nell’immediato, un’altra emergenza economica». A Oliosi, gli italiani, prima di arrendersi agli austriaci, strapparono il Tricolore che conservarono e ricomposero dopo la prigionia. Il cimelio fu esposto durante le manifestazioni dell’Unità d’Italia a Roma; poi, tornò nella frazione; infine, fu riportato nella capitale. Mai, oggi, gli italiani - vuoi perché gli stranieri hanno un pezzo di Patria da omaggiare, vuoi perché il virus ha ridimensionato gli spostamenti e i consumi prettamente turistici - sbarrerebbero il passo agli austriaci che sono i più devoti all’Ossario di Custoza in cui furono raccolti i resti dei caduti nella Prima, oltre che nella Terza, guerra d’indipendenza. «I diecimila ingressi l’anno si sono ridotti a settemila dopo l’introduzione del biglietto», spiega il sindaco di Sommacampagna Fabrizio Bertolaso, che ha appena prolungato la convenzione per la gestione del mausoleo di proprietà della Provincia. I selfie dei ciclisti di passaggio erano quasi dissacranti davanti al Tricolore che avvolgeva l’Ossario. Adesso, il monumento, in ogni modo impraticabile durante il lockdown, è di nuovo accessibile ai semplici curiosi o ai convinti appassionati. «La selezione del personale che accompagna i visitatori all’interno dell’Ossario è rigorosissima: dobbiamo valorizzare, oltre che proteggere, un patrimonio nazionale», continua Bertolaso. «Qui si è fatta l’Italia!». Nell’anfiteatro collinare della Terza guerra d’indipendenza si ricorda, addirittura, la spedizione per mare dei Mille che fu determinante per l’Unità del Sud con il Nord d’Italia: d’altronde, Giuseppe Garibaldi - il condottiero dei Mille - è raffigurato negli spazi internet istituzionali. Già, l’innovazione digitale facilita lo storytelling territoriale. Non potrebbe essere altrimenti, al tempo dell’epidemia, laddove ogni servizio alla cittadinanza era - è - a domicilio. «Approfondiamo i commenti dei viaggiatori in qualsiasi piattaforma web abbiano citato il circondario di Custoza, così da proseguire o modificare i nostri piani di promozione», puntualizza il sindaco di Sommacampagna. «Difatti, abbiamo riprogrammato, non annullato, le manifestazioni che erano in calendario prima del virus». Certo, dopo ogni battaglia - in attesa della prossima ventura - si seppelliscono i morti e si rammendano i feriti. «Nel lockdown, abbiamo assistito 850 abitanti», osserva Bertolaso. Un esercito! «I lavoratori della ristorazione e della ricezione, che si sono ritrovati disoccupati, si sono riversati nelle aziende agricole», rassicura Bertolaso. Avranno ripiegato, ma nei generi di prima necessità. Certo, la bellezza della frazione di Borghetto, attraversata dal fiume Mincio diretto da Peschiera a Mantova, fa dimenticare la bruttura della guerra nell’intero paese contro l’epidemia. «Abbiamo distribuito 1.500 buoni equivalenti a 92.000 euro», conta il vicesindaco di Valeggio Marco Dal Forno. Le retrovie, all’occorrenza, hanno rifornito prontamente il fronte. Epperò Borghetto, che pure si riappropriò dell’indipendenza sottratta dagli austriaci, dipende ancora - corsi e ricorsi della Storia - dagli stranieri. Se non dagli stessi conterranei del maresciallo Josef Radetzky, almeno da quanti frequentano la riviera gardesana, che, provati nella testa e nelle tasche dall’epidemia, sono rimasti e rimarranno a casa propria. Non c’è nessuno, al momento, complice, chissà, il ritornello dei virologi – talvolta ripetuto, talvolta dismesso - del distanziamento dagli individui e della disinfezione degli oggetti, che serra i lucchetti d’amore alle ringhiere dei mulini di Borghetto quanto ai sostegni dei lampioni sul fiume Tevere, a Roma, ripresi da scrittori e registi. Malgrado le recensioni ne riportino, perché siano evidentemente aggiornate, immagini e considerazioni nostalgiche. Del resto, quei grovigli metallici non somigliano ai «Nodi d’Amore» che sono i tortellini di Valeggio? «In primavera, autunno e inverno, i pendolari italiani consolidano il reddito dei nostri esercizi commerciali; d’estate, i vacanzieri stranieri, che dalla riviera raggiungono l’entroterra gardesano, portano il sovrappiù», condividono il sindaco Alessandro Gardoni e Dal Forno. Non ci fosse stata l’epidemia, saremmo a stagione turistica avanzata; invece, abbiamo appena cominciato: nove italiani, uno straniero, è la proporzione. Sarà cosi fino alla fine della stagione o è davvero il Risorgimento di Valeggio? «Se, dopo il lockdown, ha riaperto anche Villa Sigurtà… che ospitò Napoleone III…», rammenta Gardoni. Nella seicentesca dimora albergarono gli imperatori d’Austria e di Francia. Nella seconda guerra d’indipendenza, proprio Napoleone III, schierato con gli italiani, firmò con Francesco Giuseppe I l’armistizio di Villafranca. Vuoi che, di rievocazione in rievocazione, a Valeggio si siano accordati con il virus? •

Stefano Caniato

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