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Magalini, Villafranca batte i pugni sul tavolo

Il reparto di Ostetricia e ginecologia dell’ospedale Magalini
Il reparto di Ostetricia e ginecologia dell’ospedale Magalini
Il reparto di Ostetricia e ginecologia dell’ospedale Magalini
Il reparto di Ostetricia e ginecologia dell’ospedale Magalini

Come un libro in cui tutti i capitoli sono stati scritti, ma manca il titolo, il Magalini di Villafranca ha specialità d’eccellenza e strumentazioni all’avanguardia ma è classificato come ospedale di base e non come «spoke», di rete, come quelli di San Bonifacio e Legnago. Ed è l’unica struttura pubblica a non esserlo, a differenza delle colleghe private di Peschiera e Negrar definite «spoke» della ex Ulss 22, dalle schede regionali licenziate di recente dalla giunta veneta. È quanto sostengono gli amministratori di Villafranca che ieri hanno ospitato in municipio alcuni consiglieri regionali chiedendo che si battano perché a Venezia la quinta commissione Sanità provveda a correggere quell’«errore» che declassa il Magalini. «Facendo un esempio ciclistico», spiega il presidente del consiglio Lucio Cordioli, medico e ciclista, «siamo tutti d’accordo che il mozzo della ruota debba essere il polo di Verona (definito ospedale Hub, che garantisce cioè maggiore intensità assistenziale e dove vengono concentrati i casi più complessi, ndr) dal quale poi partono i raggi, ovvero gli spoke. E il Magalini deve essere almeno un raggio, non un copertone sgonfio». Cordioli rincara la dose: «È una discrasia: qui abbiamo eccellenze come urologia, ostetricia e chirurgia robotica. Ma siamo in attesa della risonanza e del completamento delle apicalità: abbiamo primari a scavalco tra Magalini e altre strutture». Il sindaco Roberto Dall’Oca ha redatto un documento consegnato ai consiglieri regionali con il quale reclama per il Magalini la giusta definizione: «Abbiamo 18 apicalità e 187 posti, ma la capienza può arrivare a 250 come gli standard europei; serviamo un bacino di 150mila abitanti con un aeroporto in espansione e il vicino lago di Garda; il numero di interventi è in continuo aumento e quello dei reparti è in linea con quello degli spoke. Sono stati investiti sul Magalini 60 milioni di euro. A marzo 2018 l’ospedale era presidio di rete, ora è di base, ma ha tutte le caratteristiche per avere la stessa connotazione degli spoke: fateci partire alla pari». Ieri mattina i consiglieri regionali Massimo Giorgetti (Più Italia e referente per Fratelli d’Italia), Stefano Casali (Centro destra Veneto) e Stefano Valdegamberi (Gruppo misto) hanno ricevuto il documento del sindaco. Giorgetti e Valdegamberi, riconoscendo i titoli del Magalini, hanno assicurato, come Alessandro Montagnoli (Lega) per telefono, che ribadiranno la centralità del Magalini chiedendo alla quinta commissione di modificare le schede regionali e inserire l’ospedale come spoke. La commissione si riunirà tra qualche giorno. CASALI si dice ottimista: «Villafranca ha già preso la strada dello spoke. La materia si lavora passo passo, ma quando la sostanza è solida, la forma si trova. La linea è tracciata e i passi si faranno». Una risposta, la sua, all’intervento dell’assessore Nicola Terilli che ieri ha definito, invece, «una scelta e non un errore» la classificazione del Magalini come ospedale di base al contrario di quanto affermato dal collega assessore della Lega Luca Zamperini («Auspichiamo sia un errore e vi si ponga rimedio in commissione perché il Magalini ha indicatori e numeri per essere spoke»). «Non è un errore, ma una scelta», ha attaccato Terilli: «E i consiglieri regionali devono porvi rimedio. Nella nostra ex Ulss 22 gli spoke ci sono già, ma sono entrambi privati. Ora serve uno spoke pubblico e a Villafranca c’è. Siano colmate le lacune in termini di personale infermieristico e di primariati e sia portato il centro trasfusionale da Bussolengo a Villafranca». L’errore è stato ipotizzato, ma in maniera sibillina, anche da Cordioli: «Errare è umano, ma la scelta della Regione è sbagliata. Il territorio ha sofferto per 15 anni senza ospedale, subendo l’equivoco del polo a due gambe che depotenziava due strutture. La popolazione si è rivolta alla sanità convenzionata, ora la sfida è la sanità pubblica nell’Ovest veronese». •

Maria Vittoria Adami

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