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Le storiche scuole regno dei vandali

Rifiuti abbandonati davanti alle classi FOTOSERVIZIO DI LUIGI PECORADegrado nell’ufficio della vicepresidenzaLa scritta sul muro all’ingresso delle scuole
Rifiuti abbandonati davanti alle classi FOTOSERVIZIO DI LUIGI PECORADegrado nell’ufficio della vicepresidenzaLa scritta sul muro all’ingresso delle scuole
Rifiuti abbandonati davanti alle classi FOTOSERVIZIO DI LUIGI PECORADegrado nell’ufficio della vicepresidenzaLa scritta sul muro all’ingresso delle scuole
Rifiuti abbandonati davanti alle classi FOTOSERVIZIO DI LUIGI PECORADegrado nell’ufficio della vicepresidenzaLa scritta sul muro all’ingresso delle scuole

«Stato infame» è la scritta di benvenuto alle ex scuole Locchi di Dossobuono. Quando si entra nella struttura nel centro della frazione, infatti, sono quelle due parole, scritte con una bomboletta spray blu, la prima cosa che si vede. L’edificio, finito al centro della discussione politica per capire cosa sarà dell’intera area, ora è completamente abbandonato. Dentro, però, ci sono sedie, cattedre e banchi in buone condizioni che potrebbero ancora essere utilizzati. E non, come accade ora, lasciati marcire nei corridoi bui e nelle stanze che fino a poco più di due anni fa ospitavano i bambini delle elementari. Una volta entrati nelle ex scuole la prima impressione che si ha è che tutti siano scappati via all’improvviso: un posto abbandonato da un momento all’altro dove nessuno e più entrato. O quasi. Vicino alla scritta, all’ingresso, c’è un sollevatore per disabili, ben installato alla scala che porta al primo piano e coperto da un telo di protezione. Sempre nell’atrio un cumulo di giocattoli e peluche di ogni dimensione e colore formano una piccola montagna che trasuda malinconia proprio davanti alla porta dove si legge «vicepresidenza». Gli armadietti, in tutto l’edificio, sono spalancati. I bagni sono stati presi d’assalto da qualcuno che è entrato e per puro divertimento li ha vandalizzati: scope infilate nei water e vetri rotti sparsi ovunque a terra. Anche il mobilio, tipico di una scuola, non è stato risparmiato. I grandi armadi a due ante o sono forzati o scaraventati sul pavimento. Quello che fa più impressione, però, sono alcune stanze dell’edificio: cassetti aperti, banchi rovesciati, vecchi schermi di computer rotti, scatoloni, materassini e altro materiale completamente abbandonato. Lo stesso nel lungo corridoio: parte per parte ci sono altri banchi, certi in perfetto stato, e sedie sia per gli alunni che da ufficio. Alcune di queste buttate proprio in mezzo al corridoio. A terra colori e gessi calpestati. Certe aule, invece, sono immuni allo scempio ed è come se fossero state frequentate fino a ieri: banchi sistemati, cartine geografiche e cartelloni appesi come in un giorno di scuola qualsiasi. Se non fosse poi per le dediche d’amore (e non solo) scritte sulle lavagne e gli estintori lasciati a terra in mezzo alla stanza. Che qualcuno sia entrato da quando la scuola ha chiuso i battenti è piuttosto facile da intuire. Oltre alla scritta all’ingresso, anche al primo piano, sempre con la stessa bomboletta, ci sono bestemmie e celtiche disegnate su muri e banchi. Gli accessi laterali alla scuola invece, e quelli sul retro, sono stati rattoppati in qualche maniera. I vetri delle porte, infatti, sono sfondati e, per non far accedere nessuno, sono state fissate assi di legno con chiodi. I maniglioni antipanico, invece, legati con una catena. Le ex scuole, dal 2018 trasferite nella nuova struttura a poche decine di metri di distanza, sono finite più volte al centro del dibattito politico e non solo. Dove c’è l’edificio ora, compreso il grande cortile davanti, sorgerà la nuova piazza di Dossobuono. La discussione, e per questo era nato anche un comitato di cittadini, ruotava (e ruota ancora) intorno al dilemma se abbattere l’edificio oppure se utilizzarlo per altri servizi. E quindi rinnovarlo completamente. Negli scorsi mesi ci sono stati alcuni incontri, uno in particolare piuttosto acceso al palasport, fra l’amministrazione e una parte dei cittadini della frazione per capire cosa sarà, nei prossimi mesi, di quell’area. •

Nicolò Vincenzi

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