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L’ultimo paziente lascia l’intensiva

Personale della terapia intensiva all’ospedale MagaliniL’ultimo paziente della terapia intensiva che è stato trasferito ieri a Torino con un’ambulanza FOTOSERVIZIO DI LUIGI PECORA
Personale della terapia intensiva all’ospedale MagaliniL’ultimo paziente della terapia intensiva che è stato trasferito ieri a Torino con un’ambulanza FOTOSERVIZIO DI LUIGI PECORA
Personale della terapia intensiva all’ospedale MagaliniL’ultimo paziente della terapia intensiva che è stato trasferito ieri a Torino con un’ambulanza FOTOSERVIZIO DI LUIGI PECORA
Personale della terapia intensiva all’ospedale MagaliniL’ultimo paziente della terapia intensiva che è stato trasferito ieri a Torino con un’ambulanza FOTOSERVIZIO DI LUIGI PECORA

Zero. È il numero che all’ospedale Magalini di Villafranca tutti speravano di leggere il prima possibile: sono i pazienti attualmente ricoverati in terapia intensiva. Da ieri mattina, poco prima delle 13, le stanze allestite a metà marzo, e dove per più di due mesi si è combattuto fra la vita e la morte, sono ritornate vuote. Ora ci sono da chiudere le cicatrici. Ma oltre a quelle del Magalini, completamente rivoluzionato nell’arco di pochi giorni, ci sono anche quelle di medici e infermieri che per settimane hanno sostenuto turni lunghissimi ed estenuanti. Adesso, finalmente, si può tirare un po’ il fiato. E il covid-hospital della città, pian piano, tornerà a riattivare tutti i suoi servizi. Un’area della terapia intensiva resterà a disposizione per eventuali nuovi contagi, mentre un'altra tornerà all’impiego pre covid. Ieri, l’ultimo paziente in terapia intensiva è stato trasferito a Torino. Era arrivato a Verona dal Piemonte per curare altre patologie e qui si è contagiato. L’ambulanza della croce rossa che ha riportato il 65enne a Torino è arrivata all’ora di pranzo all’ingresso del pronto soccorso villafranchese e ha caricato il paziente oggi negativizzato. Ci sono stati giorni intensi. Una data, come spiega la responsabile dell’anestesia e rianimazione Simonetta Marchiotto, segna lo spartiacque: il 21 marzo. Il giorno più nero. «Il momento più difficile è stato lì perché siamo arrivati ad avere 20 pazienti in terapia intensiva», dice Marchiotto. «Eravamo preoccupati, ma poi non è mai successo, di non riuscire a dare una adeguata assistenza a tutti», aggiunge. Dal Magalini sono passati in totale 350 pazienti positivi al covid-19 colpendo un ventaglio d’età molto ampio. Dal più giovane, un ragazzo poco più che ventenne, a una signora di 99 anni: entrambi sono riusciti a sconfiggere il virus. Nel primo mese della nuova vita del Magalini il target dei pazienti ricoverati in terapia intensiva variava fra i 45 e i 72 anni. In quest’arco di tempo, sottolinea la responsabile, non ci sono stati decessi. Diverso il discorso quando il ventaglio si è aperto e in reparto sono arrivati anche gli over 75: «Da qui è stato molto più difficile da gestire la situazione», sottolinea Marchiotto. In totale sono transitati dalla terapia intensiva villafranchese 55 pazienti (il 24 per cento sono deceduti), tutti sono stati intubati. Di questi tre hanno dovuto subire anche la tracheostomia. «È una pratica che noi cerchiamo di evitare», aggiunge la responsabile, «grazie alle nostre modalità di ventilazione avanzate. In questo campo, però, ci sono diverse correnti di pensiero». E sulle cure, invece, ribadisce che quella appena trascorsa è stata una vera lotta contro le lancette dell’orologio. «La cosa più importante è stata capire il tempo di somministrazione dei vari farmaci. Capire con che tempistiche utilizzarli ci ha dato anche la possibilità di ridurre i ricoveri. La strategia l’abbiamo individuata insieme alla nostra infettivologa Maria Danzi». A Villafranca, inoltre, è stata portata avanti la sperimentazione sull’utilizzo dello Tocilizumab, un farmaco della categoria degli immunosoppressivi indicato per il trattamento dell'artrite reumatoide. La lotta al covid-19 non è però conclusa, anzi. Solo nella serata di mercoledì altri due pazienti sono stati ricoverati. Attualmente al Magalini sono una trentina. «Oggi la situazione epidemiologica», commenta il direttore del Magalini, Paolo Montresor, «mostra un livello di contagiosità relativamente contenuto. Noi qui abbiamo un residuo di pazienti ancora affetti». Il Magalini, inaugurato nel luglio del 2018, ha subito a metà marzo un cambiamento veloce e radicale. “Passare dall’ospedale com’era prima a uno di malattie infettive è un trasformazione epocale”, precisa Montresor. «Ora lo ridiamo volentieri alla popolazione», aggiunge. L’ospedale di Villafranca continuerà ad essere un presidio contro questa pandemia: «Qui», annuncia Montresor, «verrà aperto anche un ambulatorio post acuzie». Dopo la ripresa delle attività ambulatoriali specialistiche, e gli interventi di chirurgia più leggeri, si passerà anche a quelli che prevedono la degenza in struttura. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Nicolò Vincenzi

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