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Il reduce di Cefalonia Bussi ha 100 anni Uno degli ultimi sopravvissuti all’eccidio

In piedi, primo a sinistra, Olindo Bussi con i commilitoniBussi con il mestolo prima della partenza per le isole greche
In piedi, primo a sinistra, Olindo Bussi con i commilitoniBussi con il mestolo prima della partenza per le isole greche
In piedi, primo a sinistra, Olindo Bussi con i commilitoniBussi con il mestolo prima della partenza per le isole greche
In piedi, primo a sinistra, Olindo Bussi con i commilitoniBussi con il mestolo prima della partenza per le isole greche

Un compleanno davvero speciale è stato celebrato questo mercoledì, con tutti gli onori possibili in questo periodo in cui domina il distanziamento sociale, a Buttapietra. Si tratta del compimento di cento anni di Olindo Bussi, il quale, oltre ad essere invidiabile per la propria età a tre cifre e per la buona salute, è anche uno dei pochi testimoni viventi di una storia insieme gloriosa e terribile. Olindo, infatti, è uno dei soli quattro reduci veronesi ancora viventi della divisione Acqui, il reparto che fu sterminato dai tedeschi dopo che si era rifiutato di cedere le armi in seguito all’armistizio del 1943, durante la Seconda Guerra mondiale. Bussi da quell’eccidio si è salvato per una fortunata casualità. Chiamato alle armi a 19 anni ed inviato dopo pochi mesi a Corfù, era il 1941, ha avuto un’unica licenza nei suoi cinque anni di militare. È accaduto proprio nei giorni della fine del regime fascista e quando, dopo l’8 settembre, si è presentato al porto di Brindisi per l’imbarco sulla nave diretta all’isola greca, ha dovuto restare a terra. In quei giorni, gli stessi in cui si consumava l’eccidio nazista, i natanti italo-tedeschi non partivano perché erano oggetto di attacchi da parte di sommergibili alleati che stazionavano del canale d’Otranto. Una situazione di cui lo stesso Olindo è stato testimone, avendo visto tratto in salvo un suo commilitone che era partito sulla nave Città di Spezia. Anche se scampato a quello che è poi passato agli annali come uno dei più truculenti episodi della già terribile Seconda Guerra mondiale, il fante di Buttapietra è riuscito a tornare a casa solo il 15 marzo del 1946, dopo aver risalito lo stivale con i reparti assistenza profughi. Olindo è stato festeggiato, a distanza, dai suoi famigliari-vive in maniera autonoma nello stesso stabile in cui stanno anche i figli Lucio ed Adriano ed un nipote con due bambini piccoli-ma ha anche ricevuto gli auguri in una video conferenza alla quale ha partecipato in veste da protagonista. Auguri che gli sono stati fatti dal vicepresidente dell’associazione Divisione Acqui Claudio Toninel, dal presidente provinciale dei Combattenti e reduci Bruno Buratto, dalla sindaca Sara Moretto, dal parroco don Francesco Todeschini, dal presidente degli alpini Lino Muraro e dal presidente dei Combattenti e reduci Silvano Colesbi e dal padre di quest’ultimo, Giovanni, che ha 96 anni ed è reduce della campagna di Russia. Un amico, Giovanni Colesbi, con il quale Bussi ha dato vita ad un toccante abbraccio, vero, anche se virtuale. Ad essergli vicino, con un messaggio, è stato anche Luca Zaia, il presidente della Regione. Autonomo ed interessato a cosa succede nel mondo, alle vicende sportive ed alla tecnologia, il reduce della Divisione Acqui, rispondendo ad una delle domande che gli hanno fatto da coloro con i quali è rimasto collegato via web per un’oretta, ha spiegato che lui non ha ricette da rivelare che consentano di vivere a lungo. È stata la sua prima conferenza in rete della vita. «Per stare bene, però, secondo me bisogna seguire sia la testa che il cuore», ha detto. Tutto questo prima di dare il suo dono al Comune ed alla sindaca di due delle sculture in legno alla cui realizzazione ha lavorato nel tempo libero per una vita. •

Luca Fiorin

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