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Il cortometraggio ideato qui vince un premio a Venezia

Alessandro Garilli, regista del cortometraggio FOTO PECORAUn ciak della pellicola premiata alla Mostra del Cinema di Venezia
Alessandro Garilli, regista del cortometraggio FOTO PECORAUn ciak della pellicola premiata alla Mostra del Cinema di Venezia
Alessandro Garilli, regista del cortometraggio FOTO PECORAUn ciak della pellicola premiata alla Mostra del Cinema di Venezia
Alessandro Garilli, regista del cortometraggio FOTO PECORAUn ciak della pellicola premiata alla Mostra del Cinema di Venezia

È stato concepito a Valeggio Io sono Rosa Parks, il cortometraggio vincitore del bando MigrArti 2018 del Mibact e del premio come miglior messaggio G2 quando l’opera è stata presentata alla mostra del cinema di Venezia. A Valeggio infatti abita il regista, il 47enne Alessandro Garilli, che in questi giorni si divide tra l’attività di promozione del corto e il ruolo di papà di una bimba di tre anni, avuta con la moglie Sara. Garilli, mantovano di origine e fratello di Elisabetta, musicista e artista poliedrica attiva a Verona e provincia, dopo la laurea in architettura ha seguito la sua vocazione artistica, spaziando dal cinema ai video e ricevendo vari riconoscimenti. «Col mio breve film (15 minuti), prodotto da Angelika Vision», racconta il cineasta, «ho voluto mettere in evidenza come sia subdola la linea della segregazione. Cambia nome e si sposta, nello spazio e nel tempo, ma resiste e lo si vede, dalla vicenda simbolo di Rosa Park al Medio Oriente e fino a noi». Il filo conduttore del film è infatti la vicenda di Rosa Parks, l’attivista dei diritti civili dei neri, che rifiutò per protesta di lasciare il posto a un bianco su un autobus, dando il via al boicottaggio dei mezzi pubblici a Montgomery in Alabama e alle azioni non violente di Martin Luther King. «Sono partito», continua Garilli, «dal chiedermi chi sia adesso Rosa Parks in Italia e ho incontrato un movimento come quello degli Italiani senza cittadinanza (Isc), composto da quel milione di stranieri nati e cresciuti in Italia che si battono per avere la nazionalità italiana. Nel film dodici di loro, provenienti da varie città e che svolgono lavori diversi, dal blogger allo psicologo, sono partiti dalla storia di Rosa Parks per spiegare la loro sensazione di sentirsi sospesi come in un limbo». Una sensazione moltiplicata dall’ambientazione del film all’interno del MAXXI (Museo nazionale delle arti del XXI secolo) di Roma. «Ho scelto quel luogo», rivela Garilli, «sia perché il film, in bianco e nero, è stato pensato come una grande installazione fotografica, sia perché le sue scale danno il senso dalla sospensione dell’identità, ma anche perché è stato progettato dall’architetto iracheno Zaha Hadid, che da straniera ci ha regalato una grande opera. Questo a conferma che la diversità culturale arricchisce». Il film Io sono Rosa Parks, che il regista valeggiano vorrebbe portare al Sundance festival di Robert Redford, sarà proiettato la prima volta a Verona alla rassegna del cinema africano a novembre, ma è già stato richiesto in tante altre città. Anche lo spettacolo teatrale da cui nasce il film verrà portato in scena il 26 ottobre al Camploy. Intanto Alessandro Garilli sta lavorando anche al lungometraggio La seconda via, sulla ritirata di Russia, con cui è stato finalista al premio Solinas per la scrittura. «Sarebbe il primo film dedicato completamente a quell’evento», spiega il regista, che spera di coinvolgere qualche azienda veronese per completarne il finanziamento, «ed è legato all’altro sia perché vuole recuperare la memoria storica, che ci dà la possibilità di leggere meglio il presente, evitando pericolosi salti all’indietro, sia perché sviluppa anch’esso il tema dell’assenza e della privazione. Solo quando qualcosa ci manca ne capiamo il valore». Collegate al film anche preziose interviste a testimoni d’eccezione. Per sviluppare nuove idee Garilli conta su uno spazio dedicato. «Vivo in un paese che è pieno di stimoli dal punto di vista storico-artistico (basti pensare ai set valeggiani di Senso, capolavoro di Luchino Visconti)», confessa, «e quando voglio realizzare qualcosa di nuovo mi ritiro in località Fontanello, in uno studio messomi a disposizione dai suoceri, che diventa il mio pensatoio». •

Alessandro Foroni

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