<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Sequestro di beni per 40 milioni

Evasione milionaria, cinque arresti in una società di bancali

La sede della Tenenza della Guardia di Finanza di Peschiera
La sede della Tenenza della Guardia di Finanza di Peschiera
La sede della Tenenza della Guardia di Finanza di Peschiera
La sede della Tenenza della Guardia di Finanza di Peschiera

La società con sede prima a Sona e poi a Verona non aveva presentato le dichiarazioni Iva e Ires tra il 2015 e il 2019, tranne una dichiarazione Iva. In quell’occasione, l’azienda di pallet avrebbe dichiarato un volume d’affari pari ad un euro. Eppure aveva un giro milionario di reddito imponibile per la vendita di bancali con 22 magazzini sparsi in tutta Italia.

 

A scoprire la maxi evasione fiscale sono stati gli agenti della Tenenza della Guardia di finanza di Peschiera che nell’operazione «Wooden Pallets» hanno rivoltato come un calzino un’azienda di Sona poi trasferitasi a Verona. In cinque, tutti residenti tra le province di Bergamo e Brescia, sono stati arrestati sulla base di un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Luciano Gorra su richiesta del pm Stefano Aresu.

 

In due sono ora dietro alle sbarre mentre per gli altri tre sono stati disposti i domiciliari. Il pm Aresu ha iscritto anche una ventina di persone nel registro degli indagati. Le accuse a carico dei cinque e a seconda delle posizioni vanno dall’evasione di Ires e Iva oltre che di emissione di fatture per operazioni inesistenti e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte per un valore di 38 milioni di euro.

 

Gli elementi raccolti dalla Finanza hanno poi individuato episodi di riciclaggio per 12 milioni, e autoriciclaggio per 26 milioni. Il tribunale ha disposto anche il sequestro di beni mobili e immobili per un valore di 40 milioni di euro, tutti appartenenti agli indagati. Il lavoro degli investigatori è stato certosino con l’analisi di centinaia di conti correnti oltre all’esame di migliaia di fatture emesse dalla società di Sona proprio per verificare la veridicità degli scambi commerciali, riportati nei documenti contabili. È così emerso che alcune di queste fatture riportavano operazioni che in realtà, non erano mai state effettuate ed erano state create ad hoc per frodare il fisco.

 

È stato possibile anche ricostruire una fitta rete di società e di rapporti, rivelano gli inquirenti, costituite e amministrate da «prestanome» dei principali indagati. Dal 2015 al 2019, operando nel settore del commercio dei bancali in legno, hanno movimentato sui conti correnti oltre 90 milioni di euro, con l’obiettivo di occultare i ricavi al fisco per non pagare le imposte dovute. I finanzieri di Peschiera hanno esaminato anche le decine di bonifici milionari con destinazione anche all’estero.

 

Sono state controllate le società e le persone beneficiarie di queste operazioni bancarie. Si tratta di persone fisiche residenti in Italia (anche pluripregiudicati senza reddito) e aziende gestite da mere «teste di legno» che si sono prestate a loro volta a «monetizzare» con numerosi prelievi in contanti, le provviste finanziarie ricevute Gli inquirenti hanno verificato, soprattutto, la veridicità della causale, riportata nei trasferimenti dalla banca ai vari soggetti. Evidentemente, però, le motivazioni riportate in questi bonifici erano fittizie e ciò non ha fatto altro che insospettire ancora di più gli inquirenti. Gli agenti della Guardia di finanza di Peschiera hanno ascoltato tutti i soggetti, riportati nell’imponente mole di documenti bancari, contabili e fiscali raccolti durante le indagini.

 

I bonifici erano effettuati anche a favore di società di diritto estero in realtà inattive, in gergo definite «scatole vuote» e riconducibili ad uno dei principali indagati, sfruttando conti esteri accesi in banche istituti di credito in Polonia, Slovenia e Repubblica Slovacca. Anche questi conti venivano svuotati e i soldi venivano in parte utilizzati per l’acquisto all’estero di bancali in legno, anche usati, a prezzi concorrenziali, poi rivenduti in Italia eludendo la normativa sugli acquisti intracomunitari. E da questo imponente lavoro, sarebbero emersi i gravi indizi a carico dei cinque arrestati. •

Giampaolo Chavan

Suggerimenti