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Emmaus agli imprenditori: «Affittate case agli immigrati»

Servono case da dare in affitto agli immigrati che qui hanno un lavoro e famiglia. L’appello risuona come quello che l’Abbé Pierre affidò alla radio a Parigi nel 1954, quando chiamò la società civile a farsi carico dei senzatetto durante uno degli inverni più rigidi e pericolosi e gettando le basi per il movimento di Emmaus. Oggi l’appello, aggiornato alle nuove esigenze, arriva dalla Comunità di Emmaus di Villafranca che nel ricordare i 16 anni della morte dell’Abbé Pierre, cittadino onorario di Villafranca, ricorda l’emergenza casa degli stranieri che, pur con regolare permesso di soggiorno e un lavoro dignitoso che permette loro di vivere e far fronte a tutte le spese, non riescono a trovare un tetto. «Gli italiani per l’80 per cento possiedono casa e di conseguenza il tema dell’abitare è sparito dalle cronache politiche», spiega Renzo Fior, fondatore e responsabile della comunità. «Ma ci si dimentica del 20 per cento rimanente che non riesce a trovare sistemazioni dignitose: sta riemergendo l’atteggiamento discriminatorio nei confronti degli stranieri, soprattutto neri, che a fronte di una disponibilità economica e di un lavoro a tempo indeterminato si sentono rispondere “non abbiamo case”». Fior si rivolge allora agli imprenditori: «Sono i primi a beneficiare della presenza degli immigrati e ad aver bisogno del loro lavoro. Non sentono la responsabilità di creare condizioni di benessere per loro e di impegnarsi quindi anche nel reperire alloggi dove le persone possano vivere decentemente? È una sfida per eliminare anche il degrado causato da tante persone costrette a vivere sulla strada». L’Abbè Pierre con l’aiuto di un amico deputato chiese l’inserimento di un emendamento nel budget di previsione, per la spesa di un miliardo di vecchi franchi per la costruzione di appartamenti di urgenza. La proposta fu accolta e ancora oggi in Francia esistono le case dette «dell’Abbé Pierre». Fior fa proprie le parole del fondatore del movimento in punto di morte: «Io arrivo alla fine del cammino e dico a tutti coloro che mi hanno messo così in alto: tocca a voi essere formidabili; quanto a me, ho finito». «È questo il senso vero del nostro fare memoria della sua morte e della sua vita», conclude Fior. «Riprendere ogni giorno in mano la fiaccola della sua testimonianza e della sua vita passata nella concretezza dell’impegno per gli ultimi della terra». Emmaus Villafranca ricorderà il fondatore del movimento anche domenica, alle 17, all’auditorium di Villafranca, promuovendo l’incontro con Michele Boato che presenterà il suo libro «Nonviolenza in azione» e dialogherà con Mao Valpiana. I due ripercorreranno le storie di iniziative non violente che negli anni hanno saputo risolvere i conflitti. L’ingresso è libero. «La pace e l’obiezione di coscienza sono stati altri cavalli di battaglia e di intervento del fondatore di Emmaus», conclude Fior. «Dopo aver visto con i propri occhi gli orrori della guerra e dopo aver marciato in India in compagnia di Vinoba Bave, discepolo di Gandhi, era convinto che “una presunta vittoria ottenuta con la guerra resta sempre e comunque una sconfitta per l’umanità”. Purtroppo ci stiamo abituando alla guerra, all’uso delle armi che ancor prima di uccidere sul campo di battaglia uccidono milioni di persone. Per riflettere su questo, per non assuefarci, vi invitiamo domenica».•.

Maria Vittoria Adami

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