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dell’azienda di porcellane che si trova circondata dall’imminente cantiere per i treni ad alta velocità

Un treno ad alta velocitàLo stabilimento di Ancap si trova nell’area dove è previsto lo sviluppo del cantiere per la Tav
Un treno ad alta velocitàLo stabilimento di Ancap si trova nell’area dove è previsto lo sviluppo del cantiere per la Tav
Un treno ad alta velocitàLo stabilimento di Ancap si trova nell’area dove è previsto lo sviluppo del cantiere per la Tav
Un treno ad alta velocitàLo stabilimento di Ancap si trova nell’area dove è previsto lo sviluppo del cantiere per la Tav

«Il futuro di Ancap è drammaticamente a rischio». Si affida a un comunicato stampa Simone Boschini, responsabile marketing dell’azienda di porcellane, per inquadrare un problema che fino a poco tempo fa sembrava risolto con lo spostamento del tracciato dell’alta velocità. «A febbraio si era sparsa la voce che si poteva evitare demolizione e trasferimento dell’Ancap con un limitato spostamento del tracciato. Insomma, un’opportunità per proteggere la continuità aziendale senza rallentare i lavori dell’alta velocità sulla linea Brescia -Verona così da permettere di finirli in tempo utile per le Olimpiadi del 2026. Ma tutto questo è una clamorosa forzatura perché non esiste alcuna intesa», sottolinea Boschini. «In base agli accordi confermati più volte avremmo dovuto avere un’azienda nuova, rilocalizzata in un’altra sede e in grado di ripartire e svilupparsi senza interruzioni. La realtà è che ci troviamo ancora qui, circondati e soffocati dai cantieri della Tav, dopo che ci è stato impedito di investire. Per giunta senza ricevere alcun indennizzo per i danni subiti e per poter compiere quegli interventi strutturali e impiantistici indispensabili per il mantenimento dell’attività produttiva in loco». L’obiettivo dell’azienda di via Libia, collocata in parte nel Comune di Sommacampagna e in parte in quello di Sona, è sempre stato quello del trasferimento della fabbrica in un’altra area idonea, che la proprietà aveva già individuato accanto al centro commerciale La Grande Mela. Nel 2018 il trasferimento sembrava imminente ma l’accordo non è stato sottoscritto in quanto Cepav, (Consorzio Eni per l’alta velocità, general contractor incaricato da Rete ferroviaria italiana della realizzazione della linea Brescia-Verona) ha abbandonato le trattative. «Da 27 anni Ancap attende prospettive concrete per poter lavorare, investire e tutelare il lavoro. Ma a questo punto ci chiediamo se esiste la volontà di trovare un’intesa che non cancelli l’azienda», sottolinea Simone Boschini. «La proprietà non intende arrendersi né accettare compromessi che mettano in pericolo un’attività di grande valore per il made in Italy. Oggi il rischio è che Rfi stessa approvi la variante: e a quel punto i giochi saranno fatti senza più margini di manovra. Senza la rilocalizzazione prescritta né “rimborsi” per l’esproprio che permettano di rinnovare sotto il profilo strutturale e impiantistico lo stabilimento esistente. Ad Ancap verrebbe in pratica detto di arrangiarsi». La situazione ovviamente tormenta i Comuni di Sona e di Sommacampagna, la Provincia di Verona e Regione Veneto ma soprattutto i 108 dipendenti, oggi in cassa integrazione per il Covid 19, preoccupati per il futuro dell’azienda. «Anni di ritardi hanno complicato la questione», riprende Boschini. «Dal 2003, quando il Cipe ha stabilito che l’azienda doveva essere trasferita, non ci è permesso fare progetti. Il vincolo di esproprio, reiterato periodicamente, ha in pratica azzerato il valore del nostro fabbricato e ci impedisce d’innovarci. Pur di adeguare lo stabilimento abbiamo fatto lavori a nostre spese. Il lunghissimo e ingiustificabile stop ha causato l’erosione progressiva della produttività e della redditività di Ancap, che oggi affronta serie difficoltà sul mercato. Il settore della porcellana può svilupparsi solo se continua a investire, se fa ricerca ma da tempo i clienti ci chiedono se potremo far fronte alle commesse e in che condizioni saremo tra un paio d’anni». Per l’azienda l’ipotesi di rimanere nella sede attuale ha il sapore di una beffa: «Non vogliamo fermare la Tav ma esigiamo il rispetto degli accordi e di esser messi in condizione di lavorare. Di tutto questo Cepav 2 non tiene conto», conclude Boschini. «Comprendiamo l’interesse pubblico dell’opera ma se Rfi firmerà il progetto senza rilocalizzazione, il futuro di Ancap sarà drammaticamente a rischio». •

Stefano Joppi

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