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Valeggio sul Mincio

I cento anni di Cecilia, una delle ultime ricamatrici di dote. La sua vita è un romanzo

Cecilia Cressoni con uno dei suoi ricami
Cecilia Cressoni con uno dei suoi ricami
Cecilia Cressoni con uno dei suoi ricami
Cecilia Cressoni con uno dei suoi ricami

Magari non l’avranno conosciuta di persona, ma osservando il ricamo di un vecchio lenzuolo di famiglia, una tenda o un centrotavola tramandato dalla dote della mamma, in molti a Valeggio potranno ricordare il nome di Cecilia Cressoni, sapiente ricamatrice del paese che il 4 agosto ha compiuto 100 anni festeggiata dal figlio Marcello e familiari. Lei, a quel passato tra aghi e fili colorati, ci tiene molto, custode di una tradizione che ormai si è persa. «Ho fatto la dota a metà Valeggio», è la prima cosa che racconta di sé quando la si intervista, in quel dialetto dal suono antico. La sua è stata una vita riservata, dedita al lavoro, al marito e al figlio, un universo di affetti che è riuscita a costruire e che le ha fatto da scudo protettivo dopo un’infanzia di difficoltà. L’infanzia Cecilia Cressoni, infatti, venne abbandonata a soli tre mesi dalla madre, una giovane donna che forse non si sentiva in grado di badare a lei in anni difficili, a ridosso del primo conflitto mondiale. Subentrò ad occuparsi di quella neonata una famiglia di Selva di Progno che venne a prendere la piccola Cecilia a Verona e la tenne con sé fino all’età di dieci anni. Purtroppo la madre adottiva morì e la bambina venne così inviata in collegio, dove rimase per un paio d’anni.

 

Cecilia Cressoni con il figlio Marcello Vesentini (foto Pecora)
Cecilia Cressoni con il figlio Marcello Vesentini (foto Pecora)

 

A quel punto la madre biologica, sulla cui figura la signora Cressoni preferisce mantenere il riserbo, si rifece viva e la portò con sé a Valeggio sul Mincio. La filanda Poco dopo, Cecilia aveva allora solo 13 anni, quell’adolescente iniziò a lavorare nella filanda che esisteva vicino a via Mazzini. «Mi ricordo che trattavamo i bozzoli e che alla fine ne uscivano i fili di seta», racconta. Era lavoro da bambine. Erano le operaie meno esperte e per questo avevano il compito di immergere i bozzoli in contenitori di acqua bollente e, con l’ausilio di una piccola spazzola, trovare il filo iniziale del bozzolo, per poi darlo a chi filava. A quel tempo la filanda era immersa nel verde dei campi, molti dei quali erano delimitati da gelsi imponenti che si notavano in particolare nella tenuta delle contessine Portalupi, la cui villa era al limitare del paese. Proprio le contessine Portalupi notarono la giovanissima Cecilia Cressoni e la presero in casa a servizio. Lì rimase per diversi anni. Quando ne compì 28, nel 1950, Cecilia Cressoni sposò Sante Vesentini, due anni dopo nacque Marcello. Il marito si è spento nel 1994. «Se n’è andato troppo presto», sospira la signora Cecilia. Lei e il marito andarono a vivere nella casetta a fianco di Villa Maffei Sigurtà, Sante era maggiordomo e tuttofare dell’industriale farmaceutico Giuseppe Carlo Sigurtà, Cecilia si occupava più che altro della portineria e nel resto della giornata si dedicava al ricamo di lenzuola e iniziali con le sue mani svelte e veloci.

 

Cecilia Cressoni sorridente quando era giovane
Cecilia Cressoni sorridente quando era giovane

 

I grandi incontri Era presente quando si tenne nel 1977, in Villa Maffei-Sigurtà, l’incontro bilaterale Italia Germania fra l’allora presidente del consiglio Giulio Andreotti e il cancelliere Helmut Schmidt, in una Valeggio militarizzata per motivi di sicurezza e anche quando, dal 19 marzo del 1978, il parco Sigurtà venne aperto per la prima volta al pubblico. Toccava proprio a Cecilia aprire ai pullman dei visitatori che entravano nel parco, che allora era impossibile percorrere a piedi. Condusse quella vita insieme al marito fino al 1982, quando fu tempo di pensione e i coniugi si trasferirono in un appartamento. Cecilia Cressoni ha ancora oggi una mente vivida e le piace seguire in tv quanto accade nel mondo. Per farlo si aiuta con le cuffie perché l’udito non è più quello di qualche anno fa. «Per parlare con lei», conferma il figlio Marcello, «devo avvicinarmi al suo orecchio per farmi capire. Per il resto però la mamma ha una salute invidiabile». La nuova centenaria, che vive assieme a una collaboratrice domestica, ha saputo superare anche la frattura del femore avvenuta un paio di anni fa ed è tornata a camminare con l’aiuto di un girello. Ha così dimostrato così ancora una volta che le difficoltà della vita possono essere superate, con la voglia di guardare avanti e il sorriso sulle labbra.•.

Alessandro Foroni

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