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Tragedia a Borghetto

Canoa si ribalta, muore un 61enne. Grave l'amico. Un soccorritore: «Ho provato a portarlo a riva ma la corrente era troppo forte»

Il recupero della salma del canoista
Il recupero della salma del canoista
CANOISTA MORTO A BORGHETTO

Ci ha provato il napoletano Giuseppe Rossi, in vacanza a Borghetto ad evitare la morte a Emanuele Piancastelli di 60 anni, residente nel Ravennate a Cotignola. Ci hanno provato anche i sanitari di Verona emergenza, i Vigili del fuoco, i carabinieri di Peschiera e Volta Mantovana ma non c’è stato nulla da fare. L'uomo è morto dopo essersi rovesciato con la canoa insieme a un amico che si trova in grave condizioni.

 

Era troppo forte quella corrente nel canale vicino a Borghetto che finisce nel Mincio per fermare il destino tragico dei due amici, arrivati a Valeggio per trascorrere un week end in compagnia.

 

Si teme ora anche per la vita dell’altro canoista, recuperato in condizioni disperate e subito intubato un paio di chilometri più a valle in località Cascina Boschi vicino a Volta Mantovana. Ora è ricoverato nell’ospedale di borgo Trento e di lui non si sa neanche l’identità. Non aveva addosso i documenti e i carabinieri hanno cercato fino a ieri sera di risalire alle sue generalità.

 

I carabinieri di Peschiera hanno svolto i primi accertamenti e in base alle testimonianze raccolte da altri turisti, è stata subito esclusa la responsabilità di terzi nell’incidente. La canoa è stata recuperata e ora si trova in caserma. Chi l’ha vista, ha riferito che non ci sono segni di danni rilevanti. I militari dell’Arma stavano cercando ieri sera i proprietari dell’imbarcazione perché pare che fosse stata noleggiata.

 

La procura di Mantova, competente per territorio, ha disposto l’ispezione cadaverica dello sfortunato turista. Si vuole risalire alle cause della morte. Non è escluso che il canoista sia morto anche per il tremendo colpo riportato alla testa contro il cemento una volta sbalzato fuori dalla canoa.

 

Lo farebbe pensare la testimonianza del soccorritore Giuseppe Rossi che parla di una persona inerme in acqua, incapace di restare supino nonostante il disperato tentativo del napoletano di tenerlo fuori dall’acqua con il viso. Ben difficilmente, però, si aprirà un’inchiesta su questa vicenda in quanto, almeno fino a ieri sera, non sono emersi profili tali da poter rientrare in una qualsiasi norma del codice penale.

 

Il soccorritore Giuseppe Rossi
Il soccorritore Giuseppe Rossi

 

IL RACCONTO DEL SOCCORRITORE. «Ho visto una persona, con la faccia rivolta verso il basso, inerme. L’altra invece era semicosciente», racconta Rossi. Sulla sponda opposta, quella più alta, i passanti hanno provato a lanciare una corda che l’uomo però non è mai riuscito ad afferrare. «Anch’ io ho cercato di lanciare una fune, era troppo corta. E così ho deciso di scendere», prosegue nel ricordo di quei momenti concitati. «Mi sono lanciato, lui era sempre a pancia in giù. Ho provato ad afferrarlo per la testa e girarlo per farlo respirare, più di così non sapevo cosa fare», continua.

 

È proprio qui che la situazione si fa ancora più grave. La corrente lì è fortissima, non lascia scampo: «Quando ho capito che non avrei potuto più fare nulla, ho provato a girarlo di nuovo, è stato un tentativo disperato ma non ce la facevo davvero più. Poi mi sono venuti in mente in miei due figli piccoli. Ero sfinito», confessa. Mostrando la ferita all’orecchio e i tagli sulle gambe conclude: «Così mi sono avvicinato di nuovo alla riva, sono risalito. E in un lampo il corpo era già lontano». 

 

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