<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Castel d'Azzano

La guerra di Bernardo: «Quando bollimmo un'unghia per fare il brodo»

Scampato miracolosamente più volte alla morte: «Prego ancora per i compagni in fondo al mare»
Bernardo Sterzi oggi e da giovane
Bernardo Sterzi oggi e da giovane
Bernardo Sterzi oggi e da giovane
Bernardo Sterzi oggi e da giovane

È tra i pochi ancora in vita che era partito per la guerra. È ancora tra i pochissimi che oggi possono raccontarla, la guerra, con le sue nefandezze e le sue barbarie. Lui è Bernardo Sterzi, ha 99 anni e vive a Rizza di Verona da sempre. È l’alpino più anziano della sezione di Castel d’Azzano e la sua storia pare venire da un’altra epoca, eppure è divenuta tristemente attuale da quando i venti di guerra sono tornati a soffiare sull’Europa. Pur non essendo mai stato al fronte, Sterzi ha vissuto sulla sua pelle ciò che molti giovani ucraini stanno sperimentando nell’ultimo anno: la chiamata alle armi, l’angoscia dei bombardamenti, la prigionia, la deportazione, le torture, le minacce di morte, il freddo, la fame sempre presente. 

 

Leggi anche
L’Egeo restituisce la gavetta militare del soldato morto nel naufragio

 

Scampato all'eccidio

Scampò all’eccidio Sterzi è infatti tra gli italiani partiti per la Grecia con la Divisione Acqui, nei primi mesi del 1943. Dopo poche settimane, la sorte volle che venisse assegnato, assieme ad alcuni commilitoni, ad un’altra divisione, lasciando il gruppo divenuto poi tristemente famoso per l’eccidio di Cefalonia e Corfù. «Il 3 marzo 1943 arrivò l’ordine: si parte!», racconta Sterzi in dialetto, «ci mandarono sull’isola di Creta. Ci cambiarono le mostrine sulla divisa con quelle della Divisione Modena 341° fanteria e ci portarono ad un campo d’aviazione poco distante. Trasferimento in aereo».
È solo la prima di una serie di fortunate coincidenze che lo hanno tenuto in vita. Una seconda si verificò invece dopo l’armistizio, quando circa cinquemila soldati italiani vennero selezionati casualmente dai nazisti e fatti annegare nel mar Egeo, silurando il mercantile in cui erano stati stipati con il pretesto di riportarli sulla terraferma.

 

«Prego ancora per i compagni in fondo al mare»

«A volte», confessa Sterzi interrompendo il suo racconto, «la sera, recito ancora una rechia eterna (Requiem aeternam, la preghiera per i defunti ndr) per i compagni che sono in fondo al mare». Ma l’avventura bellica del soldato Sterzi è solo all’inizio. Venne internato nel campo di lavoro di Stablack, in Polonia, dopo sevizie e ricatti per convincere lui e i commilitoni ad allearsi ai nazisti e dopo un viaggio su un treno bestiame, «come quello che c’è in piazza Bra» (per la Giornata della memoria ndr), della durata di 30 giorni, con una sola sosta di mezzora a metà percorso per il rifornimento. Anche lì scampò miracolosamente alla morte: «Volevano sganciare il nostro vagone e bruciarlo perché due prigionieri erano fuggiti saltando giù dal treno, ma non hanno trovato sul tragitto stazioni per fare la manovra».
Fame, pidocchi e zecche erano le costanti nei giorni della prigionia: «Ricordo che una volta un compagno è riuscito a rubare un corno e un’unghia di animale che ha fatto bollire più e più volte per ottenerne una specie di brodo per inzupparci il pane del rancio. Dopo cinque o sei giorni li barattai io con delle pezze da piedi e delle mutande e feci altrettanto, ottenendo qualche piccolissima bollicina di grasso nell’acqua. Poi a mia volta li scambiai per una sciarpa e un paio di guanti». Alla fame si aggiunse anche il gelo dell’inverno polacco quando, per l’avanzata dei russi, iniziò la ritirata tedesca, nel febbraio del 1945.
Un’orda di soldati, prigionieri e civili si spostò senza un ordine preciso verso ovest. «Per la notte ci stringevamo in due/trecento attorno a qualche pino, respirandoci addosso per scaldarci. Quando ripartivamo, a distanza di qualche ora, qualcuno, soprattutto tra i più esterni al gruppo, rimaneva stecchito per sempre dal freddo». Solo l’avvento dei russi pose fine al supplizio e diede il via al lungo viaggio per tornare in patria, un po’ a piedi e un po’ in treno.

 

Bernardo Sterzi (in piedi al centro) con i commilitoni a Creta
Bernardo Sterzi (in piedi al centro) con i commilitoni a Creta


Un’esperienza incredibile, quella di Sterzi, che dopo 80 anni riesce a ricordare con lucidità impressionante: gesti, espressioni, episodi che lo segnarono. «Ancora oggi mi capita di sognare quei giorni e di svegliarmi urlando sotto i bombardamenti», ammette. E quando gli si chiede che esperienza sia stata la guerra, dopo un’esclamazione tipicamente veronese, risponde con un sorrisino sarcastico: «Se stasea a casa l’era meio». Il suo spirito - questo è certo - la guerra l’ha vinta. 

Andrea Accordini

Suggerimenti