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Alpini ammutinati contro il capogruppo

Il capogruppo Evelino FazionIl gruppo Alpini di Povegliano durante una manifestazione
Il capogruppo Evelino FazionIl gruppo Alpini di Povegliano durante una manifestazione
Il capogruppo Evelino FazionIl gruppo Alpini di Povegliano durante una manifestazione
Il capogruppo Evelino FazionIl gruppo Alpini di Povegliano durante una manifestazione

Alpini ammutinati. Il direttivo della sezione di Povegliano si è dimesso contestando il capogruppo Evelino Fazion, eletto nel gennaio del 2018 e con un mandato che scadrà nel 2021. Sette membri se ne sono andati sbattendo la porta e con il vertice ne sono rimasti solo due. A causare la decisione, ufficializzata in un documento firmato e recapitato a Fazion pochi giorni fa, sarebbero stati i comportamenti di quest’ultimo con parte degli associati. E se da un lato l’ormai ex direttivo ha alzato barricate contro il capogruppo, quest’ultimo spiega di avere già i nomi pronti per sostituire i dimissionari: «Basta solo andare a protocollare il documento in Comune». A detta dei dimissionari, il carattere autoritario del capogruppo non consentirebbe le normali attività della sezione. E dunque le loro dimissioni altro non sono che l’ultimo «atto d’amore» verso il gruppo. Le due pagine con cui si annuncia la decisione sono a firma di Giovanni Benato, cassiere; Ivo Bonizzato, consigliere; Umberto Cazzador, vicecapo; Mario Donisi, delegato alle relazioni esterne e con l’amministrazione; Mario Perina, alle relazioni con la protezione civile; Dino Recchia, revisore dei conti e Adriano Tarana, alfiere. «L’attuale capogruppo», si legge nella nota, «nonostante il nostro sostegno collaborativo, fin da inizio mandato, ha considerato il gruppo come una cosa personale. Spesso prevaricando incarichi determinati in direttivo e o con decisioni prese a maggioranza o all’unanimità». L’accusa verso Fazion è anche di «cambio di decisioni unipersonali, in brevissimo tempo, in spregio alle decisioni del direttivo». Si punta il dito, quindi, verso un capogruppo che «con arroganza, testardaggine e mancanza di senso collaborativo ha portato disarmonia e poca partecipazione». I dimissionari precisano che il passo indietro della quasi totalità del direttivo è un atto dovuto per il bene della sezione e che il documento, prima di essere depositato, è stato valutato con buona parte dei membri. Facendo dunque intendere che la loro è anche la volontà di buona parte degli alpini che frequentano la baita di via Verdi. Ma Fazion, durante l’assemblea dei soci, ha prima specificato di essere stato eletto con il 70 per cento delle preferenze (45 voti su 70 scrutinati) e poi ha sottolineato la coerenza del suo percorso al vertice della sezione. Punto focale della campagna elettorale di Fazion era stata la «trasparenza» nella gestione della baita. «Per chi gestisce il servizio baita la chiarezza è un imperativo che non può avere deroghe», chiarisce il capogruppo. «Questo sistema può dare, e sta dando, fastidio a chi era abituato ad abusare delle consumazioni, della gestione del pagamento delle comande e, qualche volta, anche delle merci in magazzino». Secondo Fazion, dunque, sarebbe stato il cambio di regime a dar fastidio a parte degli associati. L’arringa del capogruppo è però a tutto campo. Rispondendo a chi lo accusa di aver fatto venir meno il senso di appartenenza della sezione spiega che tanti alpini «sono stufi di bestemmie e maldicenze, insulti e offese gratuite». «Se questo tipo di gestione dell’associazione, e il sistema di trasparenza che ho cercato di far assumere», conclude, «non è ben gradito da alcuni associati, questi ultimi possono evitare di frequentare sia la baita che il gruppo». •

Nicolò Vincenzi

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